venerdì, Marzo 29, 2024

Trainspotting 2, se un sequel non è all’altezza del proprio mito

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Per uscire vivo dal remake di un film di 20 anni fa che ha segnato un punto fermo nelle vite di molti, Danny Boyle ha deciso di non cercare di evitare l’operazione nostalgia ma anzi di abbracciarla e fare del film una riflessione sul concetto stesso di nostalgia. Se inevitabilmente saremo preda di quel sentimento guardando Spud, Sick Boy, Renton e Begbie più vecchi di 20 anni, perché non usare l’occasione per rifletterci sopra?
Questa è l’idea base di Trainspotting 2 che, adattando molto molto alla lontana Porno (romanzo di Irvin Welsh che riprende i personaggi di Trainspotting 10 anni dopo), stempera ogni furore giovanile in una temperanza autunnale, accetta ogni cambiamento, discute poco e soprattutto ammazza ogni ricordo del primo.

Che quel che stiamo per vedere sarà una partita a scacchi con il passato lo si capisce dall’inizio, dall’inquadratura a livello terreno e i piedi di Renton che, come 20 anni fa, entrano in scena mentre corrono (ma su un tapis roulant) mentre attacca la prima delle molte canzoni.

Tutto è diverso, siamo in una palestra e non per strada scappando dalla polizia, lo stesso però la scena terminerà con una caduta. Nonostante ricalchiamo i vostri ricordi nulla è più lo stesso. Boyle assaggia, rimette in scena, ripropone spezzoni del film del 1996 come fossero i ricordi dei personaggi e poi tocca di sfuggita alcuni luoghi comuni, come quando Renton, tornato nella sua stanza, quella in cui ha patito gli incubi peggiori disintossicandosi, appoggia la puntina su un vinile solo per un secondo e noi riconosciamo l’attacco di Lust for life, ma è davvero solo un attimo.

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Boyle sa che quello è un piacere per noi, e lo rimanda.

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I personaggi temono di indugiare nella nostalgia e intanto ci girano intorno come avvoltoi. Tutti nel film infatti sono preda di una qualche forma nostalgica di culto per il passato, anche le comparse come quelli del club 1690, malati di un temp che Sick boy e Renton vanno a derubare.
Eppure la nostalgia di Trainspotting 2 non è solo quella per la propria giovinezza o per l’infanzia (ci sono anche scene di loro bambini al rallentatore, cose che non avremmo mai voluto sapere), è anche quella per le decadi passate, la retromania in cui viviamo da tempo. I simboli della cultura popolare degli anni ‘70 e ‘80 fanno più di una comparsa abbastanza puerile, specie in un montaggio di ricordi e infantilismi dei protagonisti che costituisce forse il punto più basso di tutto il film. Almeno fino a che non tirano in ballo Radio Ga Ga, lì si scende di qualche gradino in più.

Perché nonostante tutte le buone intenzioni di riflessione, le idee acute su come tornare sui propri passi e il tentativo di essere originale, Trainspotting 2 alla fi fine, è privo di una vera storia da raccontare o almeno, di una che regga.
Certo la nostalgia dei protagonisti è inevitabilmente anche la nostra, specie quando rivediamo immagini del 1996, quelle legate al passato di ogni spettatore. Ma tutto quello che c’era di buono in Trainspotting viene peggiorato, se non proprio tradito. Le canzoni sono remixate, le cose che non erano spiegate vengono spiegate (perché Renton fa quel monologo “Scegli la vita”?) e ciò che viene svelato ha una ragione non all’altezza del proprio mito (il termine trainspotting, viene dall’idea di lasciarsi ipnotizzare dal guardare i treni che passano quando si è fatti, ma qui invece è spiegato come se avesse una radice sentimentale e familiare).

L’unico momento in cui questo film, che lentamente deraglia fino all’insostenibile, azzecca il taglio e la chiave di lettura è quando nel circolo della nostalgia viene preso anche Begbie, la carta matta, il pericoloso criminale qui eletto a tutti gli effetti a villain della situazione. Anche lui, a sorpresa, rimarrà vittima dei propri ricordi e di quella melassa dorata che si spande nella mente quando sono rievocati. Quell’intuizione, il ricordo che piega anche gli animi più duri, poteva essere la salvezza del film, ma purtroppo è solo un attimo di pausa prima che ricominci la rivisitazione senile di tutto ciò che 20 anni fa ci era piaciuto. Come se potesse davvero mancarci ora che è stato così massacrato.

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