martedì, Marzo 19, 2024

Far East Film Festival 2017: intervista a Eric Tsang

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In questo anno speciale per Hong Kong, che segna i 20 anni dall’handover (la riconsegna alla Cina), il Far East Film Festival ha deciso di onorare Eric Tsang con il Gelso d’oro alla Carriera nella sera della presentazione del toccante film Mad World, di cui l’attore è co-protagonista e produttore.
Grande figura e voce del cinema di Hong Kong con una carriera che si estende per quasi 50 anni, Eric Tsang inizia come giovane stuntman e passa velocemente al ruolo di aiuto regista e più tardi di attore, per poi continuare la sua eclettica carriera nella regia e produzione con un occhio sempre attento ai giovani registi. Ha all’attivo qualcosa come 252 titoli come attore, 45 come produttore e 27 come regista. Quest’anno è presente al FEFF in ben tre film, The Vampire Cleanup Department, Kung Fu Yoga e Mad World.
Lo abbiamo incontrato il giorno dopo la proiezione di Mad World, rilassato, in tuta e scarpe da ginnastica, meno frastornato della sera prima, quando era stato letteralmente preso d’assalto dai fan.

So che lei ha deciso di aiutare il regista Wong Chun dopo aver visto un suo cortometraggio e di supportare il suo primo lungometraggio prima ancora che fosse scritto. Mi piacerebbe sapere se è saltato subito a bordo del progetto o ha avuto qualche dubbio su questo soggetto difficile e potenzialmente ostico per il pubblico, lei che è così famoso per avere il polso del pubblico e per essere attento a quello che l’audience vuole.
Quando un giovane regista diventa bravo o di successo, finisce sempre per spostarsi in un territorio ‘mainstream’ e virare verso le produzioni di massa. È inevitabile. Quindi se non prendono al volo l’opportunità che hanno come nuovi registi di sviluppare qualcosa che sia un progetto speciale o molto personale, una loro idea unica, se perdono quell’opportunità difficilmente si presenterà loro una nuova occasione. Incoraggio sempre i giovani registi a fare qualcosa di originale e diverso e a usare questa preziosa opportunità, non importa quali siano le difficoltà. Ho quindi sostenuto Wong Chun nella realizzazione di questo suo progetto. Per quanto riguarda il soggetto, sì, in effetti tratta un argomento difficile che comportava un ruolo che solitamente non mi piace interpretare, ma dopo aver letto la sceneggiatura mi sono reso conto del suo valore, è una storia sentita con il cuore e non ho saputo resistere. Alla fine ho anche aiutato a tirar dentro il resto del cast (è infatti Tsang che ha convinto il reticente Shawn Yue ad interpretare il protagonista, ndr.).

Cosa vuol dire per lei questo riconoscimento alla carriera che ha ricevuto ieri sera sul palco di Udine e quali sono i momenti della sua carriera di cui è più orgoglioso?
Per me questo premio di Udine è l’onore più alto. Sono stato recentemente nel comitato della giuria degli Hong Kong Film Awards (gli Oscar hongkonghesi, ndr.) e quindi conosco il difficile processo di scelta e di decisione in merito alle premiazioni e conosco anche i criteri con cui queste alte onorificenze vengono assegnate. Non sono scelte facili, quindi mi sento come uno studente che è riuscito a passare tutti gli esami e che riceve il diploma di laurea, sono veramente felice. Questa mattina mi sembrava quasi di averlo sognato. È una vera ‘onorificenza’ alla mia carriera da parte di un festival così importante fuori dall’Asia.
Per quanto riguarda i momenti di transizione della mia carriera, ne posso menzionare vari… Per primo il film My Lucky Stars (1985, al fianco di Jackie Chan, Sammo Hung e Yuen Biao), che mi ha affermato come attore comico, e poco più tardi il film Final Victory (1987) che mi ha fatto conoscere come attore drammatico. Poi il film Alan and Eric Between Hello and Goodbye (1991), per cui ho ricevuto il premio come migliore attore nel 1992, poi ancora all’inizio del 2000 quando la cinematografia di Hong Kong stava andando un po’ in crisi, con il film Infernal Affair (2002) che ha rimesso in gioco il cinema hongkongese ed è stato riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, quindi anche per me ha segnato il passaggio a un successo internazionale. E infine questo difficile ruolo in Mad World, che mi ha già fatto ricevere due premi (Best Actor al Malaysian International Film Festival e Best Supporting Actor agli Hong Kong Film Awards, ndr.) e ora anche il Gelso d’Oro del FEFF. Questo è decisamente il momento di maggior successo per me, ma non sarà l’ultimo! (La sera prima sul palco aveva detto di essere troppo giovane per un premio alla carriera, ndr.). Ci sono tantissimi progetti e opportunità che voglio ancora sfruttare.

Suo figlio Derek Tsang è anche lui a Udine in concorso con il film da lui diretto, Soul Mate. Che tipo di approccio ha deciso di avere con la carriera professionale di suo figlio?
Il principio che ho deciso di adottare con mio figlio e la sua carriera cinematografica, è quello della non interferenza. Voglio che abbia la totale indipendenza di sviluppare la sua carriera nel modo che vuole. L’unica cosa che ho fatto per lui, è fargli conoscere Peter Chan e la sua compagnia di produzione perché penso che sia un ottimo ambiente di lavoro e un buon campo di allenamento dove poter fare pratica, ma poi dipende solo da lui trovare la sua strada da lì per sviluppare la fiducia in se stesso e prendere le sue decisioni. Penso che questa sia un’attitudine positiva tra me e mio figlio, come due colleghi.

Qual è la caratteristica che ama di più del cinema di Hong Kong?
La capacità di diversificare i generi. A Hong Kong i registi possono fare qualsiasi tipo di film, ma per poter sopravvivere in questa industria non possono fare pellicole esclusivamente per il pubblico autoctono, ovvero solo 7 milioni di persone, bensì devono sempre tenere bene a mente che il loro lavoro deve avere un appeal universale, che possa piacere al resto del mondo. Infatti i film di Hong Kong possono essere mostrati ovunque senza perdere il loro valore, a prescindere da linguaggio, territorio o genere. Questo è veramente un cinema che può sopravvivere ovunque, non solo localmente. Grazie a questa caratteristica il cinema di Hong Kong è riuscito a perseverare e sopravvivere tutti questi anni e a mantenere un proprio spazio nella cinematografia mondiale.

Eric Tsang, con la sua caratteristica voce roca che immediatamente riporta alla memoria tanti film, è stato gentile e molto piacevole da intervistare. Un vero peccato lasciarlo andare al suo prossimo appuntamento.

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