venerdì, Aprile 18, 2025

Perché ha vinto Donald Trump

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È successo. Quello che all’inizio era visto come un improbabile candidato, e che ha assunto col tempo le sembianze di uno spauracchio,  alla fine – dopo una giornata elettorale incredibile – è diventato il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America.

Smentiti tutti i sondaggi e gli opinionisti. Fatti a pezzi media e politologi. Prende una topica clamorosa anche il New York Times, che fino al giorno prima dava Hillary Clinton come sicura vincitrice, addirittura con l’85% di probabilità. Ma perdono anche tutti coloro che hanno sottovalutato quella serie di segnali che l’America insofferente stava dando.

L’attenzione di tutti era diretta ai latini, che sembravano fondamentali per regalare la vittoria decisiva alla Clinton. In realtà a pesare sono stati i bianchi. Il cosiddetto white trash. Quei bianchi che hanno visto messe sempre più a repentaglio certezze, lavoro e identità, e si sentivano schiacciati dalla globalizzazione.

A loro ha parlato Trump, promettendo posti di lavoro (ricorda qualcuno?) e una centralità assoluta nel progetto, con un controllo stretto dell’immigrazione e muri nel confine messicano: “E nessuno meglio di me sa costruirli”, ha sottolineato. A decidere, in sostanza, è stata una spallata populista dagli Stati rurali che ha spedito Trump sulla luna e Clinton agli inferi. Uno scenario che avevamo già ipotizzato.  

Negli Stati rurali ma non solo, a pesare potrebbe essere stato anche il discorso religioso. Da non sottovalutare infatti la volontà da parte di quel 65% degli americani che ancora va in chiesa, di preservare la propria fede dal pericolo straniero e dall’indifferenza progressista. Una crociata che in certi casi è riuscita ad assumere toni medievali.

Il tycoon di New York è stato bravo anche a incarnare il personaggio anti-sistema, la speranza, in chi vedeva nell’establishment americano un monopolio delle solite famiglie. Ma è anche l’uomo di successo che tanto piace tanto agli americani e si è sempre vantato di aver fatto i soldi senza bisogno di Wall Street. Musica per le orecchie di chi odia (anche giustamente) l’ingerenza della finanza nonché delle multinazionali nelle decisioni del governo. Cioè, proprio gli amici di Hillary. Un “populismo” che ha fatto breccia tra i teorici del complotto, ma forse anche tra gli ex seguaci di Bernie Sanders.

Se Trump ha vinto è però soprattutto perché Hillary Clinton ha fallito clamorosamente, contro ogni previsione. Al di là degli scandali che ne hanno minato la credibilità, non è mai riuscita ad entrare nel cuore dei più giovani, anche per una scarsa dimestichezza con i social media. Mezzi di comunicazione in cui invece eccelle il nuovo presidente, che ha usato Twitter come una mitragliatrice con cui inchiodare gli avversari.

Clinton ha perso anche perché, preparatissima secchiona, nonostante il gran lavoro degli spin doctor non è mai riuscita a entrare nelle simpatie degli elettori indecisi. Troppo fredda e calcolatrice. Proprio al contrario del suo avversario, particolarmente a suo agio con i media, da ex conduttore di The Apprentice. Nei duelli televisivi Trump ha saputo controllarsi, senza lasciarsi andare ai consueti sfoghi. Una qualità che è stata apprezzata da chi lo vedeva come uno psicopatico instabile e ineleggibile.

Ma forse sarebbe da chiedersi se la sconfitta della Clinton non sia dipesa anche dalla politica del suo predecessore Dem Obama, da cui la Clinton ha ottenuto l’endorsement dopo essere stata acerrima avversaria. Al di là dell’immagine pop che ne ha decretato il successo, Obama ha fallito nella vita reale delle frange più povere degli americani, con il criticato Obamacare ad esempio, ma anche nella politica estera, che ha visto un’escalation del terrorismo durante il suo mandato.

Gli americani hanno scelto la discontinuità con il passato. Hanno scelto il candidato repubblicano meno repubblicano di tutti, quello meno immischiato nella politica classica, nelle dinastie che hanno governato gli Stati Uniti finora. Per dirla in una parola: nell’establishment.

È un voto che per capire bene bisogna guardare più a quello che sta succedendo in Europa che alla storia americana. La paura dello straniero, in un momento di crisi economica e spauracchio terroristico che sta formando populismi nel vecchio continente, ha contagiato anche gli Stati Uniti. Gli americani hanno scelto l’America agli americani. America first.

Un isolazionismo che inevitabilmente si ripercuoterà in Europa; un’onda anomala che investirà vecchie alleanze, mettendo a rischio anche l’esistenza della stessa Nato, almeno stando alle parole di Trump. Così come a rischio sono i rapporti con la Cina che, non va dimenticato, detiene il debito americano. Cambieranno anche i rapporti con Mosca, con Trump molto più vicino a Putin e indifferente al pericolo Assad in Siria, al contrario della Clinton. Ma è ancora difficile prevedere scenari, il nuovo presidente infatti dovrà scendere a patti col Congresso, e non sarà facile.

Cosa è più semplice da prevedere è invece il crollo della borsa, il panico dei mercati finanziari, che dopo queste elezioni perdono punti di riferimento e sicurezze. Già alle prime avvisaglie di vittoria del candidato Gop i Future500 sono precipitati, mentre i beni di rifugio come bond e oro sono schizzati. Una piccola premessa di quello che sarà il trend dei prossimi giorni.

Sorpresa e incredulità che sono anche i sentimenti di tutti, nessuno escluso. Nemmeno i più accaniti fan di Donald infatti si aspettavano un risultato simile, per molti era già tanto essere arrivati fin lì. Sorpresa e incredulità che agiranno come un acido corrosivo nel cervello calcolatore di una Clinton che si preparava già alla festa.

Sentimenti che però da oggi lasceranno posto alla curiosità. Se con Hillary Clinton infatti si sapeva già “di che morte morire”, con Donald Trump tutto è possibile. L’unica sicurezza è che ora cambieranno molte cose. Forse tutto.

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