(foto: Getty Images)
La tecnologia e internet hanno fortemente inciso, se non deciso, queste elezioni USA. Non penso solo alla intricata vicenda delle email private di Clinton — risoltasi, a quanto pare, in una bolla di sapone, nonostante influenza probabilmente operata sulla libera scelta di chi aveva già votato al momento della rinuncia all’azione da parte dell’FBI — ma a ciò che ci aspetta adesso, dopo l’elezione di Trump. Nei suoi discorsi in giro per l’America durante la campagna elettorale, il neo Presidente ha spesso parlato di “questa Internet” — come l’ha definita — non sempre a proposito.
Tutti ricordiamo cosa disse a proposito dell’antiterrorismo: “Stiamo perdendo molte persone per colpa di Internet e dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo andare a parlare con Bill Gates e con altre persone che capiscono davvero cosa sta succedendo. Dobbiamo parlare con loro e forse, in certe aree, dobbiamo chiudere questa Internet in qualche modo”. La responsabilità, a suo dire, è degli sciocchi, delle molte persone sciocche che difendono a libertà di parola.
L’intento era solo quello di “chiudere quella parte di Internet dove si trova l’ISIS”, ma la precisazione non è valsa a dirimere le polemiche sorte da queste dichiarazioni.
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La chiusura della rete, o di parti di essa, per quanto sembri estranea al nostro mondo, è potenzialmente fattibile, come ben sanno in Egitto e in Turchia, per esempio, e costituisce solo una delle grandi questioni relative ad internet che il Presidente si troverà ad affrontare.
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L’uscita sulla chiusura della rete — che risale ad un anno fa, fine del 2015 — non è rimasta la sola: anche in precedenti occasioni, Trump ha manifestato la propria scarsa cultura tecnologica, prendendo posizioni conservatrici su questioni di stretta attualità. Nel caso della vicenda Apple vs FBI in merito alla lettura dell’iPhone dell’attentatore di San Bernardino, per esempio, Trump arrivò ad inimicarsi la stessa società di Cupertino, sottolineando quanto fosse scarsa la sua attenzione alla privacy quando era in ballo la sicurezza nazionale — questione sulla quale ho a suo tempo scritto, ponendomi domande complesse.
Dopo l’uso sapiente della modernità fatta dall’amministrazione Obama, Trump ha spesso dichiarato di non amare la tecnologia — almeno ad ascoltare interviste e dichiarazioni pubbliche — di diffidare delle email, di non possedere pc e di valersi ancora della capacità di dattilografa della propria segretaria. Idee, queste, sapientemente ribadite proprio in occasione della vicenda che ha colpito Hillary Clinton. E se di recente Trump è arrivato addirittura ad invidiare il potere degli hacker russi di “bucare” le email di Clinton, invitandoli finanche a farlo, non ha mai preso una posizione espressa su proposte di legge in materia. Finora.
Unica breccia nella modernità — quasi stonata rispetto a questo contesto — è costituita dall’uso che fa di Twitter, che ama, come molti di noi, ma di cui fa un uso ruspante, “smodato e ai limiti dell’imbarazzante”, per citare alcune testate, tanto da costringere il suo staff, pochi giorni fa, a togliergli la gestione dell’account Twitter, proprio per l’uso colorito e spesso controproducente. Scelta che ha offerto il fianco a facili battute dalla parte avversa: un invito irrinunciabile per il presidente uscente, Barack Obama, che ha prontamente chiosato: “Se qualcuno non sa gestire un account Twitter, figuriamoci i codici nucleari”.
Secondo gli analisti, sarà proprio questo rapporto conflittuale di Trump con la tecnologia a spingere la Casa Bianca nella direzione di un’intensificazione della sua strategia social-mediatica, in modo da sanare anche un rapporto con i media e la stampa incrinatosi proprio a causa di alcune infelici dichiarazioni di Trump. Ma nulla di ufficiale ha trovato posto nel suo programma elettorale, a parte il riferimento alla necessità di maggiore controllo e chiusura anche in funzione dell’antiterrorismo, e l’intensificazione dei rapporti con Cina e Russia (se state pensando ad NSA e cyberwar, siete nella direzione giusta) in politica estera.
Vedremo, ora, cosa ci aspetta in questo prossimo, inimmaginato futuro.
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