domenica, Marzo 23, 2025

Barack Obama, ecco che cosa lascerà

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(foto: Ap/LaPresse)(foto: Ap/LaPresse)

Lascio un Paese migliore di otto anni fa”: con queste parole Barack Obama ha salutato il paese che ha guidato dal 2009. Passando attraverso la peggiore crisi finanziaria del secolo, dovendo confrontarsi con un quadro internazionale particolarmente complesso, soprattutto in Medio Oriente, e con la volontà di allargare la protezione sociale anche alle fasce più deboli, il presidente-premio Nobel ha guidato la più grande economia del mondo in un momento particolarmente complesso. Le aspettative sulla sua presidenza erano altissime, molte anche utopiche.

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Barack Obama che gioca in ufficio (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)

Barack Obama che gioca in ufficio
Barack Obama che gioca in ufficio (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che gioca a nascondino con Caroline Kennedy
Barack Obama che gioca a nascondino con Caroline Kennedy (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che guarda dallo spioncino
Barack Obama che guarda dallo spioncino (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che finge di giocare a golf
Barack Obama che finge di giocare a golf (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che finge di essere Indiana Jones
Barack Obama che finge di essere Indiana Jones (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che spaventa la gente
Barack Obama che spaventa la gente (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che se la beve con la moglie Michelle
Barack Obama che se la beve con la moglie Michelle (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che pesca
Barack Obama che pesca (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che gioca a nascondino con un'infante
Barack Obama che gioca a nascondino con un’infante (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)Barack Obama che fischietta
Barack Obama che fischietta (Photo by Pete Souza – Official White House/Flickr)

È stato il presidente del nuovo inizio con il mondo musulmano, ma è anche il presidente che ha autorizzato l’uccisione attraverso i droni in Pakistan, Siria e Iraq. È stato il primo presidente afroamericano, paladino anche dei diritti civili per gli omosessuali, ma il suo secondo mandato è stato caratterizzato da violenti scontri tra polizia e comunità di colore. È stato il presidente che ha fatto ripartire un’economia in profonda crisi, ma la sua riforma sanitaria non sta dando i frutti sperati.

È stato il presidente che ha riavvicinato gli Stati Uniti a Cuba e Iran, i nemici storici, ma non è riuscito a chiudere Guantanamo. È stato uno dei presidenti americani più amati in Europa, ma in patria ha dovuto fronteggiare un Congresso spesso ostile.

L’eredità di Obama non è quindi univoca, ma riguarda molti aspetti del nostro passato più prossimo. Economia, lavoro, sanità, diritti civili e questione interrazziale, ambiente: cerchiamo di fare un primo (e quindi necessariamente incompleto) riassunto di cosa l’era di Obama ha lasciato agli Stati Uniti e al mondo.

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I momenti principali dei due mandati di Obama

Economia e lavoro
Obama entra alla Casa Bianca durante la più grave crisi economica dalla Grande depressione. Nel settembre del 2008, tre mesi prima che fosse eletto, una delle maggiori banche del mondo, Lehman Brothers, era fallita, sommersa dalla crisi dei derivati. Obama, quindi, ereditò un paese profondamente scosso dall’emergenza economica, in cui il tasso di disoccupazione si stava impennando e il futuro appariva alquanto oscuro.

Durante la campagna elettorale, sotto lo slogan di “Yes, we can”, Obama impostò la ricostruzione del paese su due binari: uno stimolo fiscale, del valore di 787 miliardi di dollari (ora salito a più di 800) e destinato a incrementare la spesa pubblica per stimolare la ripresa, e uno stimolo culturale, dando nuova fiducia agli imprenditori e ai consumatori. Se altrove, come in Europa, la crisi finanziaria è diventata ormai un fattore strutturale, negli Stati Uniti Obama è riuscito a far ripartire l’economia, ad aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo e a far diminuire il tasso di disoccupazione, a costo di un aumento del debito pubblico.

Sanità e politiche sociali
Con molta probabilità, la riforma sanitaria voluta dal primo presidente afroamericano, nota come Obamacare, rimarrà il suo lascito più famoso e controverso. Costantemente e continuamente avversata dai repubblicani (e da una parte dei democratici stessi), l’Obamacare ha cercato di ridurre il numero di persone che non hanno un’assicurazione sanitaria.

Negli Stati Uniti la sanità è un mix tra pubblico e privato. In generale, l’intervento pubblico è indirizzato a garantire la sottoscrizione di una polizza assicurativa per le fasce sociali più deboli, e si struttura su due programmi: Medicare, che riguarda tutte le persone oltre i 65 anni di età (senza distinzioni in base al reddito) e Medicaid, che riguarda le persone economicamente deboli che difficilmente si possono permettere un’assicurazione.

Obama ha cercato di ampliare il numero di persone che possono accedere a Medicare, ma non solo. Ha allargato il numero di patologie per cui le compagnie non possono negare un’assicurazione. Ha varato incentivi fiscali (con fondi sia federali che statali) per sottoscrivere un’assicurazione sanitaria. Ha, infine, obbligato i datori di lavoro con più di 50 dipendenti ad aiutare finanziariamente i lavoratori a sottoscrivere una polizza assicurativa sanitaria. Questo pacchetto di riforme è, appunto, l’Obamacare.

La riforma sanitaria è da alcuni considerata una grande conquista sociale, dato che la sanità è, negli Stati Uniti, un argomento estremamente spinoso. Per altri (e non necessariamente tutti avversari di Obama) rappresenta un parziale fallimento, poiché da quando è in vigore, ossia dal 2010, solo 13 milioni di cittadini americani (su un totale di circa 42 milioni) non coperti da assicurazione sanitaria hanno sottoscritto una polizza. Il primo punto, in particolare, quello che aumenta il numero di patologie protette a livello federale, ha portato ad un lieve incremento del costo delle polizze che, quindi, è andato a svantaggio dei lavoratori precari e più giovani.

Diritti civili e rapporti interraziali
Se il tentativo di allargare la protezione sanitaria è un punto ancora discusso, il Presidente Obama ha invece dimostrato una straordinaria sensibilità per i diritti civili, in particolar modo per la comunità Lgbt*. Già pochi mesi dopo il suo insediamento, il Presidente ha emanato nell’ottobre del 2009 l’Hate Crime Prevention Act, che vieta a livello federale le discriminazioni in base all’orientamento sessuale, al genere o al sesso.

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La svolta decisiva in favore della comunità Lgbt* si è avuta durante il secondo mandato, quando già nel discorso d’insediamento ha chiarito che avrebbe perseguito una politica volta alla piena uguaglianza dei diritti, in particolare facendo pressioni affinché la Corte Suprema garantisse il matrimonio egualitario come diritto umano fondamentale, cosa effettivamente avvenuta con la sentenza sul caso Obergefell v. Hodges del 2015.

Se sul piano dei diritti civili Obama ha avuto senz’altro un impatto positivo, i suoi due mandati presidenziali sono stati caratterizzati da un ritorno molto forte delle tensioni interrazziali. Obama stesso, primo presidente di colore degli Stati Uniti e di un paese occidentale, è tuttora vittima di pregiudizi, principalmente a causa della voce (ovviamente infondata) che non sia cittadino degli Stati Uniti, ma soprattutto che sia segretamente musulmano. Questi pregiudizi hanno avuto anche risvolti paradossali, soprattutto all’inizio del suo mandato, quando qualcuno si è chiesto se Obama fosse abbastanza “nero” (la madre è bianca) da essere un buon portavoce per le istanze degli afroamericani.

L’emersione del razzismo mai sopito negli Stati Uniti non ha riguardato solo il Presidente, ma si è trasformata anche in vari episodi, anche gravi, di violenze tra la polizia e la comunità afroamericana. Quasi tutti questi riots hanno seguito uno schema comune, in cui la polizia uccideva un giovane afroamericano disarmato. Quando la notizia si diffondeva, iniziavano dimostrazioni molto accese da parte della comunità nera che spesso finivano in atti di teppismo o violenza. Le richieste di protezione da parte della comunità di colore si sono organizzate attorno al movimento Black Lives Matter, in netta contrapposizione alla polizia. Obama, durante il suo mandato, ha cercato sempre di mediare tra le due fazioni, riuscendo a non far precipitare la situazione anche nei momenti più acuti.

Politica estera
Obama è stato spesso accusato di aver avuto una politica estera ondivaga e poco efficace. Il premio Nobel per la Pace che gli è stato consegnato nel 2009 presupponeva una presidenza all’insegna del dialogo e della diplomazia, con un uso minimo della forza militare. Così, nel bene o nel male, non è stato.

La cifra della Presidenza Obama è stata sicuramente lo scontro diretto e frontale con la Russia di Putin, sia sul piano commerciale (con le sanzioni economiche) sia sul piano militare nella guerra per procura in Ucraina (con il sostegno alle proteste di Euromaidan) e in Siria (a partire dal clamoroso dietro-front interventista del settembre 2014).

Anche la politica mediorientale e i rapporti con il mondo musulmano sono stati molto ondivaghi. Nonostante lo storico discorso A new beginning tenuto all’Università del Cairo nel giugno del 2009, Obama è apparso spesso privo di una strategia di medio periodo, a partire dal fallimento totale delle primavere arabe. Molti, negli Stati Uniti, hanno accusato il Presidente di non essere stato capace di proteggere il paese dal terrorismo di matrice islamica, soprattutto a seguito della strage di San Bernardino (2015, 16 morti) e al locale gay Pulse di Orlando (2016, 50 morti: la più sanguinosa sparatoria nella storia degli Stati Uniti).

Obama, però, non deve essere ricordato solo per le guerre che ha fatto, ma anche per dei notevoli passaggi diplomatici, che sicuramente avranno ricadute positive sul futuro. È riuscito a ristabilire relazioni normali con Cuba, il piccolo nemico storico del gigante nordamericano. Ma soprattutto, nel giro di pochi anni, è riuscito a portare l’Iran da Stato canaglia a interlocutore credibile, arrivando allo storico accordo sul nucleare iraniano.

Non era una missione facile, soprattutto perché Obama non si è mai fidato degli alleati storici, gli europei. Obama ha avuto un interesse sporadico per le vicende dell’Unione europea, non condividendo, tra le varie cose, il rigorismo di bilancio imposto dalla Germania. I rapporti con gli europei sono stati particolarmente tesi soprattutto dopo lo scandalo Wikileaks, che ha reso pubblici numerosi documenti (in certi casi davvero imbarazzanti) riservati e top secret.

Alcuni hanno letto la Presidenza Obama come una fase di transizione nella teoria del pendolo, che vede gli Stati Uniti costantemente fluttuare tra fasi di interventismo all’estero (Bush jr) e di isolazionismo (che sembra, al momento, essere l’intenzione del neo-eletto Trump).

Ambiente
Riforma sanitaria, questioni razziali e politica estera sono le eredità più dibattute della presidenza appena trascorsa. Su un punto, però, la maggior parte degli analisti sembrano concordare: Obama è stato il presidente più green che gli Stati Uniti abbiano mai avuto.

Sin dalla sua nomination come candidato (invero, già quando era senatore) Obama ha posto la questione del riscaldamento globale e della protezione della biodiversità al centro della sua agenda.

L’urgenza della questione ambientale ha trovato il suo momento simbolico con la catastrofe della DeepWater Horizon nel maggio del 2010, in cui furono sversati nel Golfo del Messico quasi 5 milioni di barili di petrolio. L’impegno di Obama si è quindi concretizzato principalmente su tre fronti, a partire dal veto presidenziale all’ampliamento di un oleodotto, il Keystone XL che porta il petrolio dall’Artico canadese al Golfo del Messico, da collegarsi ad un generale divieto alle esplorazioni per cercare il petrolio nell’artico, esplicitato nel gennaio 2013.

Il secondo fronte è la limitazione dei gas serra di origine antropica. Questa è stata una delle battaglie più difficili di Obama, a capo di un paese esportatore di petrolio e in un momento in cui la priorità sembrava essere solo la ripresa dell’occupazione.

Nonostante questi due fattori, Obama è riuscito a far adottare dagli Stati Uniti l’Accordo sul clima di Parigi in tempi record (nel settembre del 2016, appena 5 mesi dopo la conferenza nella capitale francese). Si è trattato di un passaggio storico, forse non così sottolineato dalla stampa, per un paese che non aveva mai aderito al precedente Protocollo di Kyoto. Molti temono che il neo-eletto Presidente Trump, però, vanifichi gli sforzi di Obama, poiché ha già dichiarato che la lotta al cambiamento climatico non è tra le sue priorità.

Infine, il terzo fronte su cui si è battuto Obama è stata la protezione della biodiversità (come parte della lotta al cambiamento climatico). Anche qui ha collezionato un record: è stato il Presidente che ha inaugurato la maggior estensione di Parchi e riserve nella storia degli Stati Uniti.

La nuova, enorme riserva marina voluta da Obama alle Hawai. In azzurro più chiaro l'ampliamento annunciato nell'agosto 2016La nuova, enorme riserva marina voluta da Obama alle Hawai. In azzurro più chiaro l’ampliamento annunciato nell’agosto 2016

In particolare, nell’agosto di quest’anno ha inaugurato la più grande area marina protetta al mondo, ampliando una riserva marina (dal nome impronunciabile: Papahanaumokuakea) alle Hawaii. La nuova riserva marina coprirà circa un milione e mezzo di chilometri quadrati di superficie marina, pari a 5 volte l’estensione dell’Italia, in una fase storica in cui l’ecosistema oceanico sembra essere il primo a risentire degli effetti dannosi del riscaldamento globale.

Che lo si sia amato o odiato, osannato o biasimato, sicuramente Barack Hussein Obama rimarrà una figura centrale nella storia degli Stati Uniti d’America.

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