martedì, Aprile 16, 2024

Sully, non un film su un eroe ma sul concetto abusato di eroismo

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Passando la sceneggiatura di Sully su Wordle è probabile che la parola più grande, quella che ricorre il maggior numero di volte, sarebbe “eroe” seguita da “eroismo”. La storia del capitano Sullenberg che nel 2009, a gennaio, dopo la rottura di entrambi i motori dell’aereo di linea che stava pilotando (a seguito dello scontro con uno stormo di gabbiani) ha deciso di ammarare nel fiume Hudson e così facendo ha salvato le vite di tutti i passeggeri, era un evento pronto per essere celebrato. Si tratta della prima volta in cui un volo simile tenta un ammaraggio di emergenza e tutti i passeggeri sopravvivono illesi. La cosa forte è che a dirigerlo è Clint Eastwood e quindi c’è una stranissima aria intorno a tutto questo parlare di eroismo.

Lo stesso Sully, nell’interpretazione di Tom Hanks e dei suoi baffi (accanto a lui anche Aaron Eckhart con dei baffi ancora più “prepotenti“), è garbatamente a disagio con tutto questo parlare di eroismo, preoccupato davvero di aver fatto la cosa giusta, assillato di notte dagli incubi di quel che è accaduto come fosse un soldato tornato dal fronte.

Tutti siamo soldati, non solo quelli che combattono, tutti cerchiamo di fare la cosa giusta, fare il nostro dovere e tenere la schiena dritta nei momenti di difficoltà. Nessuno di noi merita di essere celebrato per aver fatto la minima parte del proprio dovere.
Con pochissime variazioni dalla sua espressione determinata e concentrata, Hanks interpreta un Sully probabilmente molto lontano dall’uomo vero ma poco importa, non è cronaca questo film, ma racconto di una storia vera fatto in modo che possa suggerire altro.

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La parte più evidente di Sully è infatti quanto tutti quelli che non erano sul volo amino parlare di “eroe”, quanto brillino loro gli occhi al solo poter sostenere di avere davanti un eroe. La sceneggiatura, che non è stata scritta da Eastwood, è un’ode a quest’uomo, grande pilota esperto, attaccato dalle compagnie di assicurazioni che avrebbero preferito lui avesse salvato l’aereo assieme ai passeggeri. Chiunque incontri Sully si esalta all’idea che lui sia un eroe ma nella maniera in cui Eastwood rappresenta, mette in scena, fa recitare e monta questi momenti c’è un’amarezza e uno scetticismo che valgono la fama che si è costruito questo regista. Nonostante la giusta epica trionfale con cui un’azione pericolosa è portata a termine, ciò che viene dopo è guardato con grande diffidenza.

Eroe di che? Il Sully del film non lo dice mai ma sembra chiederselo sempre. Il suo aereo rischiava di cadere lui ha preso la decisione che credeva migliore e ha eseguito perfettamente una manovra complicata, aiutato dal suo copilota. Poi i soccorsi giunti prontamente in mezzo al fiume hanno impedito che morissero tutti assiderati per il gelo. A Sully importa solo che il conto finale sia giusto, 155 si erano imbarcati e 155 sono arrivati sulla banchina alla fine, la sua carriera non è stata distrutta nell’ultimo tratto. E anche nel grande processo ai suoi danni che occupa il grosso del film non vuole provare la sua abilità o il suo eroismo (come invece vorrebbe il copilota) ma solo mantenere il suo posto di lavoro dimostrando che non c’erano altre possibilità, nonostante le analisi al computer dicano il contrario.

C’è insomma un sistema mediatico che parte dai tg e finisce con le persone comuni nei bar o nei corridoi dell’hotel, che si nutre del concetto di eroismo e anela ad avere un altro eroe da celebrare. Lo scetticismo muto di Sully però, comunicato tutto con sguardi silenzi e una certa sorpresa ogni volta venga lodato, è la scintilla di dubbio scaturita dal film. La cosa davvero incredibile per la quale Eastwood non potrà mai somigliare a qualsiasi altro regista, è come in un film pieno di eventi questo dettaglio pesi così tanto. Come la sola risposta spaesata e un po’ scettica del protagonista ribalti tutta una sceneggiatura intera scritta per costruire un mito. Un mito che Eastwood vuole minare alla base: non c’è nessun eroe da cantare e mitizzare ma una persona corretta che ha fatto quel che doveva, uno che merita i complimenti e una pacca sulla spalla ma niente di più.

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