Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
Il 25 novembre è la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” e già sulla formulazione della ricorrenza ci sarebbe qualcosa da dire. Ma non facciamo i critici su tutto a priori.
Durante tutto il giorno saranno molti gli appelli diramati da tutti i mass media per sensibilizzare i cittadini su uno dei problemi più urgenti della nostra società. Anche la Rai, nella sua nuova geste di “media company che mette al centro le persone” ha deciso di realizzare un proprio spot:
Tra tutte le tipologie di campagne, la cosiddetta “comunicazione sociale” è la più ostica da realizzare: sintetizzare in modo efficace e creativo un problema di carattere morale e civile con l’obiettivo di sensibilizzare, modificare pensieri, interrogare le coscienze, non è semplice come convincere ad acquistare una merendina.
Prima ancora di trovare il modo su come veicolare il messaggio, è necessario aver compreso bene il problema, la casistica, le cause, le implicazione psicologiche e sociali. Ecco, l’impressione che i creativi abbiano completamente saltato o frainteso questo passaggio.
Molte critiche che sono piovute sulla pagina social di RaiPlay da utenti Facebook e successivamente anche da organi ufficiali (Consiglio utenti dell’Agcom, Commissione Pari Opportunità Fnsi, Usigrai e Rai, tra le altre) riguardano l’utilizzo dei bambini, ma pensiamo che quello non sia il vero problema: invero nel linguaggio pubblicitario l’utilizzo corretto e sensato di un bambino può trasmettere il messaggio in modo più rapido ed emozionale.
Leggi anche
No, qui il problema è proprio la comprensione della questione.
Dalla frase pronunciata dalla bambina in coda ai 30 secondi “quando sarò grande finirò in ospedale perché mio marito mi picchia” si evince il fatto che sia una predestinata: la violenza come destino, come evento ineluttabile, un percorso scritto dove non c’è spazio per nessuna presa di coscienza autonoma. Nessun riferimento a chi la violenza la perpetra, nessun tema educativo, solo rassegnazione e vittimizzazione per la donna.
Sono in molti a chiedere la sospensione dello spot, a partire dall’associazione #nonunadimeno attraverso una lettera inviata al direttore Rai Monica Maggioni. Certo, lo spot è davvero inguardabile e diseducativo, ma quantomeno permette di approfondire il tema, di discuterne, anche in questo sito che solitamente si occupa di altro.
Sia in un caso sia nell’altro questa operazione è l’ennesimo boomerang per la Rai, completamente incapace di comunicare o di scegliere tra le tante persone che nell’associazionismo abituate a comprendere e comunicare efficacemente questi temi.
La cosa è ancora più drammatica se si pensa che proprio in questi giorni Raiuno sta trasmettendo “Io ci sono” il serial sulla storia di Lucia Annibali, la donna sfigurata con l’acido dal suo compagno che, a quanto pare, affronta la questione della violenza domestica in modo puntale.
Vuoi ricevere aggiornamenti su questo argomento?