Questo articolo è stato pubblicato da questo sito


La situazione
La corsa è scatenata. Dopo l’annuncio di lunedì, quello sul superamento del 3% nel capitale dell’azienda milanese, la compagnia transalpina ha annunciato ieri di controllare già il 12,32%. Dal canto suo Fininvest, dopo aver reagito duramente presentando un esposto in Procura per “manipolazione del mercato”, ha risposto aumentando la sua quota e portandola dal 34,7% al 38,2% (39,8% dei diritti di voto) con l’acquisto di altri 27,66 milioni di azioni ordinarie.
Oggi dovrebbe rastrellare altri 14 milioni di titoli. Il margine di manovra prima dell’Opa – che vale ovviamente anche per l’azionista di riferimento italiano che la portò a piazza Affari nel 1996 – è ancora del 5%. Il quadro è comunque complesso fra speculazione e rastrellamento dei titoli, considerando anche che ogni tipologia di acquisto (diretto, opzioni, put&call) gode di diversi obblighi di comunicazione che consentono questa mano di poker.
Leggi anche
Il precedente
Vivendi aveva sottoscritto un accordo di compravendita vincolante lo scorso aprile per Premium, la pay-tv del Biscione da anni palla al piede del gruppo. Era il frutto di oltre quattro mesi di trattative con il grande progetto di realizzare una piattaforma europea di contenuti che raggiungessero ogni genere di canale, dalla tv di casa agli smartphone fino all’on-demand, arginando l’avanzata di Netflix e Amazon. A luglio il votafaccia: Vivendi non rispetta il contratto provocando una perdita di quotazione del titolo Mediaset in Borsa. Ad agosto la vicenda finisce in Tribunale con una citazione finalizzata a ottenere l’esecuzione forzata del contratto e il risarcimento dei danni subiti, 50 milioni di euro al mese solo per i ritardi. A novembre, poi, la rinuncia al sequestro delle azioni francesi.
La proposta alternativa
Vivendi ha tentato a luglio altre strade per infilarsi in Mediaset e magari, se non proprio a costruire una scalata, puntando a costituire una minoranza di blocco per imporsi nelle assemblee dei soci. Fin dall’estate e in fondo da molto prima, insomma, era chiaro come Premium fosse in realtà solo un cavallo di Troia per puntare alla casa madre, porta d’accesso al mercato dei media del Sud Europa (Mediaset España Comunicación controlla otto canali fra cui Telecinco e altre attività come agenzie di stampa e pubblicità e il 75% di Endemol insieme alla capogruppo). Bollorè aveva infatti proposto di acquisire il 15% di quest’ultima e il 20% della pay tv.
Il retroscena
L’intesa siglata l’8 aprile scorso riguardava anche lo scambio azionario del 3,5% del capitale delle capogruppo Mediaset e Vivendi. La tesi di Mediaset, messa nero su bianco nella denuncia alla Procura e alla Consob, è che lo smacco estivo fosse orientato a far artificiosamente scendere il prezzo delle azioni per preparare l’assedio di queste ore. In questa fase i titoli del gruppo televisivo italiano stanno infatti risalendo, tornano a livelli primaverili: le azioni viaggiano oggi in rialzo del 5% a 3,77 euro, ieri sono salite del 31%. Tuttavia gli analisti hanno declassato il titolo. Ubs, per esempio, lo etichetta ora come “neutral” e non come “buy”. Segno che si preferisce verificare l’andamento dei prossimi giorni.
Lo scenario
Il controllo è ben saldo nelle mani dei Berlusconi. Tuttavia non è chiaro se il finanziere bretone tenterà di piazzarsi come socio industriale di peso (rendendo più complessa a ricerca di altri investitori, strategia tipica di Bolloré) oppure di prendere il controllo del gruppo italiano lanciando nei primi mesi del 2017 un’offerta pubblica di acquisto cosiddetta ostile, cioè senza alcun contatto né accordo con Mediaset. La legge nostrana costringe un gruppo acquirente a lanciare un’Opa se ha superato la soglia del 30% del capitale della società bersaglio o se di fatto ne ha acquisito il controllo anche con una quota inferiore al 30%. Il caso Vivendi-Mediaset rientra nel primo scenario. Nessuna nuova da via Paleocapa dopo le denunce e le mosse di ieri. Oggi vertice dei Berlusconi.
Vuoi ricevere aggiornamenti su questo argomento?