giovedì, Aprile 24, 2025

Turismo: all’Italia basterebbe copiare per rendere il settore strategico

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Può il turismo essere considerato un comparto industriale vocato a realizzare obiettivi economici chiari e misurabili, fondati su una visione frutto di analisi precise che contemplino necessariamente anche i big data? Sì, ma l’Italia è lontana da questo approccio mentre all’estero il turismo è già, nelle politiche e nei fatti concreti, un rilevante asset di sviluppo del sistema-Paese.

É ciò che emerge dall’analisi compiuta da Confturismo in collaborazione con l’Università Cà Foscari sui piani strategici sul turismo di una decina di Paesi europei, letti trasversalmente sulla base di elementi di interesse generale come governance istituzionale, promozione degli obiettivi strategici e strategie di sviluppo e marketing. Senza tralasciare temi di grande attualità come l’analisi dei big data, la politica dei visti e il posizionamento rispetto all’adozione di strumenti web/digitali.

Il primo elemento che balza agli occhi è quella relativo alla governance: nella grandissima parte dei casi la responsabilità istituzionale sulla materia è in capo o a ministeri economici o a quelli agli affari esteri e allo sviluppo internazionale.

Il turismo dunque è trattato alla stregua di un settore industriale e in quanto tale è considerato un potenziale acceleratore del Pil. Diversamente, insomma, da ciò che accade, a livello centrale e periferico in Italia, dove il turismo è una appendice delle politiche culturali.

La strategia digitale sul turismo, che dalle nostre parti si evoca a più riprese, ma con ben poche declinazioni pratiche, è da tempo un fatto per i nostri principali competitors.

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Basti pensare al caso francese: dal 2015 il Ministero degli Esteri e dello Sviluppo Internazionale (sotto il cui cappello è inserito il turismo) sfrutta i Big data di Orange, colosso francese delle telecomunicazioni. L’obiettivo è chiaro: accompagnare la promozione delle destinazioni turistiche e ottimizzare l’esperienza dei turisti attraverso, appunto, l’elaborazione dei big data.

All’estero il turista è poi davvero al centro e non solo il classico pollo da spennare.
In Gran Bretagna viene compiuta ogni anno una indagine sulla soddisfazione dei turisti. In Francia, invece, esiste addirittura un database nazionale, suddiviso per segmenti di mercato, alimentato da attori pubblici e privati e grazie al quale viene misurata l’efficienza del sistema turistico nonché orientato lo sviluppo qualitativo dell’offerta. Da noi il perno della attività di analisi e ricerca – l’Osservatorio sul turismo – è sostanzialmente in stato di abbandono da anni. Si attende da mesi che Enit ne vari un piano di sviluppo.

La considerazione del turismo come comparto industriale impone di indicare obiettivi economici chiari. Questo spiega perché i nostri piani strategici, a partire quello messo a punto dal Mibact negli scorsi mesi siano caratterizzati da vaghezza. La Gran Bretagna punta a essere visitata da 40 milioni di visitatori internazionali ogni anno, con il risultato di generare una spesa turistica pari a 31,5 miliardi di sterline. L’Olanda, sempre entro il 2020, si prefigge di attrarre 16 milioni di turisti. Mentre l’Irlanda del Nord, entro il 2025, vuole far crescere i visitatori internazionali a quota 10 milioni, la relativa spesa a 5 miliardi e l’occupazione nel comparto di 250 mila unità. E la Francia intende diventare, entro il 2020, la prima destinazione mondiale per entrate da turismo internazionale in virtù di una crescita non inferiore al 3,5% all’anno.

Da notare poi che le infrastrutture, all’estero, sono da tempo asset di sviluppo del settore. In Italia attendiamo da decenni il completamento o potenziamento di arterie stradali, ferroviarie ed aeroportuali. In Gran Bretagna, nella finanziaria 2015, il turismo è indicato come la principale ragione di oltre 20 miliardi di sterline di investimenti ferroviari per il South West e il South East. Mentre la Francia lavora da anni per fare dell’aeroporto Charles de Gaulle l’hub di ingresso all’Europa, soprattutto per i turisti da nuovi mercati.

E proprio in tema di incentivi agli ingressi di turisti internazionali da paesi emergenti come la Cina, noi siamo fuori dalla partita o in grave ritardo. La Gran Bretagna è assai aggressiva su questo terreno. Ed ha messo a punto una strategia precisa sulla Cina fondata su: attivazione di tre nuovi uffici in Cina per il rilascio di visti e rimborso della tassa sui visti a coloro i quali si trattengano per motivi turistici almeno 8 giorni.

Insomma, il panel di cosiddette best practices adottate da altri Paesi in materia di turismo è amplissimo. All’Italia, invece di perdersi nel mare di pagine dei tanti piani strategici usciti negli ultimi anni dal cilindro del ministro di turno, basterebbe forse solo copiare per far divenire il turismo un comparto davvero strategico.

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