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Una delle scene che ha fatto esaltare i fan di Star Wars durante la visione di Rogue One è stata sicuramente la “resurrezione” del personaggio Wilhuff Tarkin (Governatore Tarchill nella versione italiana), il glaciale e spietato comandante della Morte Nera interpretato dall’attore Peter Cushing che, nel frattempo, è morto nell’agosto del 1994.
Il personaggio aveva avuto un ruolo antagonista di rilievo nel primo Guerre Stellari (poi rinominato Star Wars IV – Una nuova speranza) e chi lo interpretava era un celebre attore di origine inglese, volto di molti horror della Hammer Films come Van Helsing e Victor Frankenstein. La sua faccia compare postuma, ma in versione animata anche nella serie tv del 2008 Star Wars – The Clone War.
Tornando a Rogue One, resurrezione è opera dei talenti dell’arte digitale della Industrial Light & Magic, strabiliante dal punto di vista visivo, al punto che chi non conosce il “dietro le quinte” rischia di non accorgersi di niente.
Già in passato si sono visti casi di attori tornati in vita grazie al digitale: è il caso di Brandon Lee, prematuramente scomparso durante il set de Il Corvo, ma digitalmente vivo in alcune sequenze, come pure Oliver Reed ne Il Gladiatore di Ridley Scott. Ma quelle derivavano da cause di forza maggiore, qui invece c’è stata proprio la volontà di riesumare sistematicamente un attore deceduto, inserendolo all’interno di una narrazione complessa e facendolo interagire con altri personaggi: tecnicamente le scene sono state girate sul set con l’attore Guy Henry, e successivamente gli uomini della Industrial Light & Magic hanno sostituito le immagine con quelle di Cushing, il cui nome non compare nel cast.
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Le domande che sorgono sono tante: innanzitutto, chi detiene i diritti di immagine dell’attore morto e “resuscitato digitalmente”? La questione viene regolamento negli USA dal “Postmortem publicity right” ovvero la protezione del nome, dell’immagine e degli elementi distintivi di una persona scomparsa, solitamente deciso dagli eredi.
La rivistaVariety ha condotto un’inchiesta, e in questo caso è stata Joyce Broughton, ex-segretaria dell’attore e che gestisce il suo patrimonio, a dare l’approvazione, anche se non ha voluto rilasciare dettagli sull’accordo per una clausola di riservatezza firmata con Disney e LucasFilm.
Una legge californiana del 1984 estende questo diritto di “publicity” (nel senso più largo di “promozione”) fino a 50 anni dopo la morte; successivamente il diritto è stato esteso a 70 anni. Tali protezioni si applicano solo a coloro che muoiono in California; comunque nel caso di Crushing, che è deceduto in Inghilterra, dove non vi è alcuna regolamentazione, la Lucasfilm ha chiesto per correttezza le dovute approvazioni agli eredi.
Fuori dalla California però è terra di nessuno e – dice ancora Variety – tra le case di produzione più spudorate e senza scrupoli potrebbero aprirsi nuovi imprevedibili scenari tali da cambiare l’industria del cinema: il connubio tra digitale e controfigure potrebbe generare l’inserimento di scene di nudo con attrici defunte che non si sono mai volute spogliare sul set o improbabili sequel di film rifiutati da attori ora passati a miglior vita.
Insomma, finzione allo stato puro.
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