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I film Disney sono sempre stati un mondo a sé, se non proprio un genere a sé (almeno fino alla fusione con Pixar), hanno un proprio canone, proprie figure caratteristiche e un rapporto unico con le musiche. In parole povere hanno un metro di giudizio tutto loro e proprio per questo lungo i periodi più bui è stato difficile identificare la Disney con certi film che produceva, perché non erano “disney” a sufficienza.
Ora il problema sembra lasciato alle spalle e una nuova schiera di film riesce con successo a rivedere gli assunti fondamentali di cosa significhi essere disneiano. Oceania è l’ultimo di questi esperimenti in cui le principesse e le eroine si fondono, in cui non c’è più un vero e proprio nemico e anche le classiche “spalle” vanno scomparendo a favore di strutture e storie diverse. L’incasso si impenna di conseguenza e promette di farlo anche con la prima protagonista dalle fattezze samoane, amica dell’oceano alla ricerca di un nuovo equilibrio per sé e per gli altri.
Per questo ci siamo imbarcati in un’impresa che siamo certi ci attirerà insulti di ogni sorta: mettere in classifica i migliori cartoni animati Disney.
10. Lilo & Stitch
Vera stravaganza da un’era in cui sembrava che la Disney non centrasse più un colpo. Fu il battesimo di fuoco per Chris Sanders, che fino a quel momento aveva sceneggiato Aladdin, La bella e la bestia, Il Re Leone e Mulan e per la prima volta passava alla regia con personaggi sformati, mostruosi e problematici, i primi di una lunga serie (la galleria di menomati e deformi di Dragon Trainer gli uomini di Cro Magnon di I Croods) e un umorismo letteralmente devastante.
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Lilo & Stitch fu il tutto per tutto per Disney prima di tirare i remi in barca, inventò l’ultimo grande personaggio della sua schiera e ancora oggi, nonostante il successo scarso, è memorabile.
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9. Zootropolis
Un instant classic, anche più di Frozen (il cui successo non ha paragoni), è un film complicatissimo che dietro una patina di usuale semplicità e aggirando le solite tematiche di principi e principesse racconta la diversità. Ma non tanto la diversità individuale (che la Disney ha sempre raccontato) quanto la diversità dei gruppi sociali attraverso la consueta metafora degli animali antropomorfi. In una città che è un gioiello di convivenza di razze e specie diverse, il problema maggiore è che qualcuno non riesce a trattenere il proprio istinto, qualcuno dà ascolto alla pancia e non alla testa. Intanto le donne sono discriminate, come i conigli lo sono, ma in maniera ancora più complicata sono discriminati anche gli animali più potenti e dominanti, perché inquadrati comunque in una categoria. Puro attivismo dentro il cinema per le masse.
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8. Il re leone
È stato a lungo il più grande successo della Disney, segnò il punto più alto di felicità creativa, potenza commerciale e sperimentazione tecnologica per la casa che negli anni ’90 stava conoscendo un rinascimento creativo. La storia prende spunti e idee dal manga (e poi serie animata) Kimba – Il leone bianco ma anche da mille altri modelli (Amleto è quello più forte con la sua storia di fantasmi paterni incontrati, zii che ereditano un trono uccidendo e vendetta necessaria). La cavalcata degli gnu era computer grafica a livelli pazzeschi per l’epoca, i doppiaggi “famosi” raggiungevano la perfezione. A musicare c’era Elton John.
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7. Dumbo
L’unico film Disney con un target fortemente ribassato non disdegna uno dei momenti più paurosi in assoluto (l’incubo con gli elefanti rosa), idee che oggi sarebbero impensabili e verrebbero cassate ma che in un’altra era del cinema potevano ancora passare. Eppure questo film che appare come il massimo del convenzionale (pensi di essere un diverso e invece sei speciale con una forza che è sempre stata dentro di te), cova dentro di sé un momento unico nella storia Disney. È quando il topo Timoteo si butta assieme a Dumbo il quale vola credendo che sia la piuma di corvo a consentirglielo, quando questa però gli sfugge in aria rischia di schiantarsi per la paura. Lì si respira una disperazione, un terrore della morte violenta ed efferata nelle parole del topo che confessa l’inganno e prega in ginocchio Dumbo di volare che è unico.
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6. Aladdin
Dietro questo film ce n’è un altro, in controluce, si chiama The Thief and the Cobbler ed è la più grande impresa fallimentare di sempre nel mondo dell’animazione, oltre a essere anche la lavorazione più lunga nel mondo del cinema. Ci ha messo 30 anni ad essere ultimato il delirio di Richard Williams (non era nemmeno troppo per bambini), un inferno che ha sfondato più volte il proprio budget, finendo per essere sottratto dalle mani del suo autore e rimontato malissimo da vari distributori, ultimo dei quali la Miramax nel 1993 con il nome Arabian Nights. L’ambientazione era la medesima di Aladdin e la Disney ha saccheggiato tantissimo le idee di Williams (il genio ha lo stesso character design del suo Gran Visir) ma ne ha fatto un uso fantastico. Ha inventato alcune delle sequenze più storiche della Disney e per la prima volta ha fatto baciare con la lingua una principessa che, non era mai capitato prima, non voleva essere tale.
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5. La bella addormentata nel bosco
È il delirio di onnipotenza di Eyvind Earle animatore e designer cui Disney diede mano libera per rivoluzionare il look dei suoi film. Nasce così il primo film in cui le figure sono piatte (da lì in poi diventata regola per qualche decennio) con un’audacia stilistica nella scelta dei colori, negli sfondi creativi e nell’ispirarsi alle vetrate istoriate delle chiese che fa impressione. Molto della trama stessa gira intorno ai colori e la protagonista praticamente non parla mai né ha personalità. Un film quasi sperimentale. Sono semmai le tre fate (caratterizzate per l’appunto con dei colori) a fare da personaggi principali. Potrebbe essere riassunto come la storia del celeste, il rosa e il verde che si battono contro il viola e il nero.
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4. Biancaneve e i sette nani
La prima volta che qualcuno aveva l’ardire di ipotizzare che si potesse fare tutto un film animato. La spesa fu pazzesca (il risparmio nei cartoni viene dal farne in continuazione, nel creare una catena di montaggio, farne uno solo è una voragine di soldi) e l’audacia nell’immaginare che il pubblico dei bambini potesse stare attento per tutto quel tempo fu epica. Molto fu realizzato in rotoscoping girando le scene con veri attori e poi disegnandoci sopra per avere movimenti fluidi, nonostante questo Biancaneve aveva momenti da puro silly symphonies (gli alberi nella notte di tempesta o la marcia dei nani nelle miniere) e inventò da zero un’estetica diversa per lo specchio che nella fiaba originale non aveva questo modo di porsi. Debitore addirittura all’espressionismo tedesco per certe pose è ancora attualissimo.
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3. Alice Nel Paese delle Meraviglie
Ci sono cose che alle volte sfuggono dalle maglie del controllo più rigido che ci sia e finiscono in sala senza che nessuno si renda conto di quello che sono davvero. Alice nel paese delle meraviglie, quello di Disney, è stato realizzato da morigerati signori e padri di famiglia ma è il più concreto, tangibile e immortale inno alle droghe sintetiche, la più grande messa in scena dell’allucinazione da funghetti e un manifesto involontario di tutta la psichedelia. E come tale è magnifico, non sbaglia un colpo né perde occasione per lavorare su due livelli di lettura. Chi non l’ha visto ha una grossa lacuna.
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2. Fantasia
Non ci dovrebbe essere bisogno di spiegare come mai meriti questo posto. Di fatto ha fondato una mitologia che prima non esisteva, quella della musica classica sposata all’animazione. Molte delle immagini partorite per accompagnare alcuni dei brani più noti sono così legate a quelle armonie da essere oggi inscindibili (La danza delle ore o Notte sul Monte Calvo ne sono un esempio ma il migliore forse è L’apprendista stregone). Il singolo miglior dono di Disney al mondo dell’animazione.
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1. La spada nella roccia
A parte essere diretto da un gigante della storia Disney come Wolfgang Reitherman e attingere, come alcuni suoi predecessori, alla grafica più che alla pittura per la resa visiva, questo bildungsroman, cioè romanzo di formazione in piena regola (non una favola o un mito ma il prequel di un mito), segna la perfezione formale e contenutistica Disney. L’intento didascalico si sposa alla grandissima avventura esotica e poi all’umorismo e alla suggestione. Ma quello che posiziona questo film al primo posto è come con garbo, calma e molta intelligenza insegni l’opposto di quel che il cinema acquietante dell’epoca predicava: a non rispettare le istituzioni e non fare quel che viene insegnato.
La grandezza di La spada nella roccia sta nel suo andare controcorrente, affermando l’esigenza di rispondere sempre a un codice morale ma non quello che viene insegnato, quanto uno formato da sé. Merlino ad ogni occasione devìa Semola dal percorso deciso per lui dalla società dei padri, gli insegna a non rispettare i suoi tutori e a non credere nelle attività in cui crede il suo mondo (i cavalieri, la giostra, le spade), gli insegna in poche parole la devianza. Lui stesso non rispetta nessuna regola se non le proprie per raggiungere il proprio scopo (“…e ho intenzione di barare, fino all’ultimo trucco” afferma parlando con Anacleto, non usuale per il personaggio che è la guida morale del film). Nondimeno però fa qualcosa di incredibile per dimostrare la propria coerenza: rischia appositamente la vita. Nel combattimento con Maga Magò in cui si trasformano in vari animali, Merlino apposta sceglie solo prede e mai predatori (fino all’ultima geniale idea), perché aveva detto a Semola che non è mai la forza a contare ma l’intelligenza, e intende essere coerente per dimostrarlo. Quando alla fine, dopo la vittoria, Semola gli appunta “Ma potevi morire!”, sottolineando come in fondo sia stato assurdo rischiare così tanto, lui risponderà che ne sarebbe valsa la pena di morire se ne ha tratto qualche insegnamento.
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