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Sbarcata in sordina su Netflix e avvolta dal mistero – il trailer, visibile qua sopra, è piuttosto criptico –, The OA è sconcertante. Nel panorama contemporaneo di serie fotocopia e/o cautamente studiate a tavolino per conquistare i favori del pubblico con formule collaudate e sensazionalismi ad hoc, basta questo a farle guadagnare un punto in più. Inoltre, è firmata da Brit Marling e dall’inseparabile Zal Batmanglij, idoli dei festival dedicati ai circuiti cinematografici indipendenti dove l’attrice, sceneggiatrice e produttrice è un volto noto e una figura apprezzata per l’originalità e fermezza della propria voce. The OA non nasce con l’intento di riscuotere l’apprezzamento del pubblico, bensì di raccontare una favola macabra, magica e imperscrutabile come il cielo stellato che avvolge la protagonista durante i suoi viaggi astrali.
Occorre fare un passo indietro per introdurre The OA, serie per ora composta di una prima stagione di otto episodi incentrati sull’eterea Prairie Johnson, giovane donna che ricompare nella vita della sua famiglia dopo una latitanza durata anni. Per tutto questo tempo, Prairie è stata tenuta rinchiusa da un uomo ossessionato da una ricerca folle e metafisica sulla vita dopo la morte e sugli altri piani dimensionali. Sfuggente, completamente scollata dalla triviale realtà circostante e totalmente incapace di uniformarsi al resto della società, Prairie è una creatura singolare, una donna diversa dalle altre e dagli altri.
Forse non è neanche una donna, potrebbe essere una creatura celeste (curiosamente la Marling ha connotati angelici secondo l’iconografia più banalmente e piattamente wasp), imprigionata in misere spoglie umane. In ogni caso, per lei essere come noi è impossibile.
Il soggetto di The OA, è strano, coinvolgente, perturbante, brilla come Venere in un cielo di sciape stelle in serie: la Marling, una che si è nutrita di spazzatura durante un periodo di ricerca interiore, non rientra tra chi si imbarca in un progetto per ottenere plausi, ma segue piuttosto un percorso creativo e filosofico originale e impermeabile ai giudizi. La complicata, strana e carnale coreografia (concepita da Ryan Heffington, acclamato coreografo dei video di Sia) messa a punto coi compagni di prigionia può essere sia uno strumento dalle conseguenze cruciali sulla realtà circostante, sia l’esteriorizzazione del dolore da parte di una giovane incapace di tollerare la cruda realtà.
Agli spettatori, così come al gruppetto di vicini di casa arruolato per completare la routine, spetta scegliere se interpretare The OA come la storia di una donna sopraffatta dal dolore che ha permesso alla propria mente di alterare la percezione del mondo circostante e costruirsi un’identità soprannaturale o accettare che ci siano più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la nostra filosofia.
La regina degli indie, sempre con Batmanglij, ha realizzato anche una pellicola, Sound of My Voice, incentrata sulla leader carismatica di una comunità interpretata dalla stessa Marling. Il film e The OA hanno più di un punto in comune: una coppia si infiltra nel culto raccolto intorno a Maggie, figura controversa e bianco vestita per incastrarla, ma che è chiaro, fino all’ultimo, se lei sia una ciarlatana, una pazza o un essere proveniente dal futuro. Sia qui che in The OA si è messi di fronte alla scelta di credere alle parole della protagonista: allo stesso modo, si finisce con l’interrogarsi sulla serie in sé, e a seconda dei punti di vista abbiamo a che fare con un’opera visionaria, ardita e originale oppure con una storia risibile, dove una messa in scena imperfetta spezza la sospensione dell’incredulità e rompe l’incanto, lasciando con la sensazione di aver seguito per otto puntate un delirio senza senso.
Quale delle due?
Essere materialisti oppure spirituali non è determinante. Una seconda stagione potrebbe rivelare la verità a chi volesse davvero conoscerla, ma basta quanto abbiamo visto finora per ritenere che The OA sia qualcosa di pregevole, un show capace di lasciare genuinamente interdetti, perplessi, pensierosi -, per una volta tanto, sorpresi.
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