giovedì, Febbraio 6, 2025

Silicon Valley, crollano gli investimenti per le startup

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svUn 2016 da dimenticare per le startup californiane della Silicon Valley. Lì dove nascono le idee che cambiano il mondo gli investimenti nelle giovani aziende in fase di lancio sono caduti del 25% rispetto a un anno fa. Se per gli esperti la questione rientra in uno schema ciclico, e dunque non c’è troppo da preoccuparsi, i numeri parlano chiaramente. E sono ben più impietosi pur nel loro, pachidermico, ordine di misura. Neanche lontanamente paragonabile a quello del Vecchio Continente.

Le compagnie della Bay Area hanno raccolto nel corso dell’anno che si è appena concluso 25 miliardi di dollari in equity funding, meno 9 miliardi rispetto ai 34 rastrellati nel corso del 2015, anno di picco assoluto per l’ultimo decennio. Lo spiega il rapporto MoneyTree appena pubblicato da PricewaterhouseCoopers e CB Insights. Per questi due giganti della consulenza la flessione, pur notevole, era inevitabile: i livelli dell’anno precedenti non erano infatti sostenibili.

Il percorso è stato di peggioramento. Per esempio, nell’ultimo trimestre il capitale raccolto è sceso del 37% rispetto a quello precedente. E non è un segnale legato solo alla Silicon Valley: a livello nazionale, sempre rimanendo agli Stati Uniti, le startup hanno raccolto la cifra che a noi pare monstre, e che in effetti tale è, di 58,6 miliardi di dollari. Ma l’anno prima, sempre secondo il report, erano stati 73. Una dinamica che avevamo già visto verso la fine del 2015. E in molti avevano previsto, a dire il vero, sulla scorta dei timori per i cosiddetti unicorni, cioè le società valutate oltre un miliardo di dollari (ma spesso molto di più) sulla cui effettiva sostanza e valutazione sarebbe cresciuta un’autentica bolla.

Così le startup, forse per la prima volta nella loro storia, si sono dovute mettere a dieta. Magari tagliando personale, modificando modelli di business, facendo pivot come si dice in gergo, cioè cambiando strada. Molte, ovviamente, hanno chiuso i battenti a seguito di questa stretta sui finanziamenti. Si capiscono insomma le parole di Bobby Franklin, presidente della National Venture Capital Association: “Il 2016 è stato un anno che rientra in un ciclo normale di investimenti”. Spera che il rischio di un botto come quello delle dotcom nel 2000 (188 miliardi di investimenti contro i 15,5 appena due anni dopo) si allontani il più possibile. Anche a costo di ridimensionare in parte la scena. E sacrificare qualche unicorno all’altare della stabilità.

Il calo non è così precipitoso come fu all’epoca – ha spiegato Tom Ciccolella, partner di PwC – l’ecosistema rimane in salute sotto diversi punti di vista”. Sarà. Ma anche il numero degli accordi di finanziamento negli Stati Uniti è calato per quattro trimestri di fila, dai 1.247 nel primo del 2016 ai 982 nell’ultimo. Pure di unicorni se ne vedono di meno in circolazione: se nell’ultimo trimestre ne erano stati individuati quattro, nello stesso periodo dell’anno prima erano stati ben 16. Il trend è diverso solo per le startup che lavorano nell’intelligenza artificiale. Ma la benzina, in cassa, non manca: sono stati gli investimenti a flettere. La raccolta dei fondi di venture capital, al contrario, è stata da record: 42 miliardi di dollari contro i 35 dell’anno prima.

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