domenica, Febbraio 9, 2025

Motel Voyeur, storia di un guardone che comprò un motel solo per spiare

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Tra i libri che inaugurano il 2017 letterario spicca Motel Voyeur e non solo perché l’autore è Gay Talese, tra i padri del New Journalism insieme a scrittori iconici del calibro di Tom Wolfe, Norman Mailer e Truman Capote. A solleticare la curiosità dell’ex firma del New York Times è la storia di Gerald Foos, il gestore di un motel di Aurora, in Colorado, che negli anni Sessanta diede libero sfogo alle sue tendenze voyeuristiche spiando segretamente i propri ospiti.

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Dopo essersi appuntato per anni le abitudini sessuali degli stessi, nel 1980 Foos contattò Talese affinché il suo diario potesse essere incluso nel romanzo La donna d’altri, straordinaria inchiesta sull’erotismo d’oltreoceano che il celebre scrittore avrebbe pubblicato di lì a breve. Solo trent’anni più tardi, quando Foos accettò di rinunciare all’anonimato, Talese si convinse a tornare sull’argomento.

Gay Talese, autore del romanzo
Gay Talese, autore del romanzo

Ma lo scorso anno, a pochi giorni dall’uscita del libro negli Usa Paul Farhi del Washington Post ha prima sollevato dubbi sulla condotta etica di Talese e poi sulla veridicità della storia. La denuncia ha turbato non poco Talese che prima ha dichiarato di voler interrompere il tour promozionale, poi è tornato sui suoi passi, apportando delle modifiche al testo che tenessero conto delle inesattezze segnalate. Il libro esce da noi il 19 gennaio nella versione rimaneggiata.

Calmate immediatamente i vostri impeti moralisti: né le obiezioni del Washington Post a Talese né il lavoro dello stesso hanno nulla a che vedere con la post-verità. Per i media americani, contrariamente a quanto sostenga senza sosta il neo-presidente Donald J. Trump, la veridicità dei fatti è una cosa seria. E nessuno è esente dal fact checking, neanche una figura leggendaria come Talese che in questo caso è colpevole di essersi erroneamente fidato della sua fonte.

Gerald Foos, lo "spione" che, a detta sua, fu testimone di un omicidio
Gerald Foos, lo “spione” che, a detta sua, fu testimone di un omicidio

Polemiche a parte, vera o non vera che sia la storia da cui trae ispirazione, Motel Voyeur non è il miglior scritto di Talese. Non per questo la sua lettura è da evitare, come consigliato da qualche ingeneroso critico anglofono.
Gerald Foos è un personaggio molto interessante: sicuramente non è un eroe, men che meno un anti-eroe, più probabilmente un cialtrone. Per anni assiste a violenze di ogni genere senza intervenire, sceglie deliberatamente di non denunciare il presunto omicidio di una donna che ha indirettamente causato e, dopo aver violato per decenni la privacy di sconosciuti, si indigna dinanzi alla società video-sorvegliata post-11 settembre.

I media ora sono il business dei guardoni, ma il guardone più grande di tutti è il governo americano”, puntualizza stizzito dopo aver ormai perso il proprio status quo. “Io non ho mai messo in piazza nessuno”, rivendica prendendo le distanza dalla società dello spettacolo.
Il romanzo oscilla tra la prosa brillante di Talese e quella indefinita del diario scottante di Foos che distribuisce giudizi sommari e perentori, mostrando una presunzione che tende talvolta a divertire il lettore, altre ad irritarlo. Esilarante, ad esempio, la pretesa di non essere considerato al pari di un peeping tom qualunque ma alla stregua dei ricercatori Masters e Johnson o Alfred Kinsey, che in quegli anni erano i leader nel campo della studio dei comportamenti sessuali.

Foos non è mai empatico nel suo sconclusionato viaggio a ritroso negli anni della Rivoluzione Sessuale, neanche quando tenta di renderci partecipi della propria alienazione, della sua agonia. Gli anni dietro il buco della serratura l’hanno reso asociale, misantropo e nichilista, racconta, puntando il dito contro la disonestà e l’inerzia delle persone che ha passato in rassegna.

La società ci ha insegnato a mentire, rubare, truffare, e l’inganno è il requisito più importante fra le qualità di un uomo”, disquisisce come se tale considerazione non lo riguardasse. Chissà che libro ne sarebbe venuto fuori se Talese l’avesse trattato con più cinismo. Al contrario, questo saggio narratore di 84 anni non tradisce i principi della letteratura delle realtà di cui è stato principale esponente, restituendo dignità perfino ad “uno spione nascosto in soffitta che pretendeva di essere moralmente superiore mentre esaminava e giudicava i suoi ospiti con durezza e, al tempo stesso, si arrogava il diritto di ficcare il naso con distacco e in totale impunità”.

Steven Spielberg si è già premurato di acquistare i diritti di Motel Voyeur per un film la cui regia era stata inizialmente assegnata a Sam Mendes. Tuttavia lo scorso 23 novembre il regista di American Beauty ha dichiarato di avervi rinunciato dopo aver visionato il documentario che Myles Kane e Josh Koury ne hanno tratto e che lui stesso ha definito “meraviglioso”.

Non sappiamo se il progetto di adattamento cinematografico sia stato definitivamente accantonato ma è lecito augurarsi il contrario, visto i capolavori che un tema come il voyeurismo ha offerto alla storia del cinema (da La Finestra sul Cortile a L’occhio che uccide di Michael Powell, da Omicidio a luci rosse a Le vite degli altri, e più di recente Nella Casa del francese François Ozon).

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