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SPOILER: niente di più di quanto si desuma dal trailer ufficiale visibile qua sopra
Drew Barrymore, fidanzatina d’America ed eroina di una manciata di rom-com, ha più volte tirato fuori la sua “bad girl” interiore, sia negli eccessi mondani di gioventù che in qualche pellicola come La mia peggiore amica. In Santa Clarita Diet – dal 3 febbraio tutta la prima stagione in dieci episodi è disponibile su Netflix – il suo volto soave e solare e il fisico sinuoso si adattano perfettamente al personaggio di Sheila, agente immobiliare bistrattata dal capo con una famigliola (quasi) perfetta e una vita tragicamente noiosa.
Quella che si presenta come una deliziosa e innocua sitcom ambientata in un anonimo quartiere residenziale nell’assolata California si trasforma – in modo violento e repentino come un attacco incontrollato di vomito (in stile L’Esorcista) – in un horror satirico sconcertante e comico. Merito di una svolta piuttosto consistente nella vita della protagonista: Sheila cambia drasticamente dieta, ovvero dopo un improvviso malore si accorge di non avere più battito cardiaco ma di stare benone, se non fosse per una fame lancinante di… carne umana.
Santa Clarita Diet riesce, con questo semplice e assurdo pretesto, a offrire una critica sardonica, lieve e atipica di una varietà di aspetti del quotidiano che formano l’esistenza dell’americano medio: dalla vita di coppia, al lavoro, dall’educazione dei figli, alle esperienze scolastiche di questi, dalla gestione delle relazione con il vicinato, al sesso matrimoniale.
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All’inizio Sheila non è consapevole di essere legata a un nuovo e proibitivo regime alimentare: scopre di amare (visceralmente!) la carne umana per caso. Da quel momento portare il piatto in tavolo diventa la sua preoccupazione primaria (non ha, come la Liv di iZombie, con la quale condivide la passione per salutari e nutrienti frullati umani, un obitorio pieno di cadaveri a disposizione).
Come Audrey, la pianta carnivora di La piccola bottega degli orrori, ha sempre più fame e ne vuole sempre di più, coinvolgendo chi le sta intorno, il futile marito Joel e la figlia Abby. La complicità dei familiari – che prendono il nuovo stato di non morto della parente incredibilmente bene – risveglia il trio dal torpore della routine, dona alla coppia rinnovata esuberanza sessuale (basta stare attenti ai morsi) e rinsalda il rapporto filiale, dopo che gli Hammond decidono che il modo migliore per nutrire Sheila è farle mangiare persone “cattive” che non meritano di vivere. Partner criminali, combineranno una serie di pasticci buffi e gore, dove parti di cadaveri consumati con confortante gusto e resti da smaltire in modi fantasiosamente splatter diventano lo spartiacque tra il pubblico meno schifiltoso e quello a suo agio con antipasto di piedi.
La sitcom sbeffeggia la società per benino dei borghesi con le villette a schiera, le ipocrisie dei vicini, i sorrisi falsi e l’ossessione disperata di mantenere una reputazione impeccabile, ma, genialmente, lo strumento di questa critica è una famiglia totalmente priva di qualsiasi senso morale: Sheila & co. si procurano cadaveri allegramente e a cuor leggero, serenamente affrancati dai sensi di colpa perché smarcati dalla meschinità delle loro vittime; in più, tutto quello che è scaturito dal cambio di dieta della protagonista è esclusivamente positivo, ha giovato in ogni senso non solo all’unità familiare ma anche e soprattutto a Sheila, che da tutte quelle proteine ha guadagnato un fisico invidiabile, capelli e pelle meravigliosi, forza, esuberanza e gioia di vivere.
Victor Fresco, creatore della serie e veterano del piccolo schermo che ha sempre militato nella commedia, prima con rom com (Innamorati pazzi) poi con sitcom con un tasso di ironia in crescendo (da My Name is Earl a Better Off Ted), con Santa Clarita Diet ottiene carta bianca per poter finalmente sguazzare nel dissacrante.
La politica di Netflix di concedere completa libertà creativa ai produttori delle sue serie originali ha, finora, sortito quasi sempre effetti positivi. Non solo a favore di autori audaci come Fresco o come la Brit Marling di The O.A., i fratelli Duffer di Stranger Things o le sorelle Wachowski di Sense8, ma anche ad attori che a Hollywood bazzicano da decenni, i quali, graziati da questa ventata fresca e rinfrancanti, rinascono. È il caso della Barrymore, eccezionale – vitale, tagliente e seducente – nei panni di Sheila e di Timothy Olyphant (il duro marshal “cowboy” di Justified) in quelli di Joel, a suo agio in un ruolo comico e una buona scelta per il ruolo di un marito gioviale, un po’ scialbo e frustrato che si rivela compagno ideale, amorevole e di supporto.
I toni grotteschi e surreali (come i dialoghi al supermercato con la commessa Ramona) e l’allegro indugiare nello splatter di Santa Clarita Diet non sono propriamente per tutti i gusti, specialmente per chi predilige quelle sitcom con le famigliole carine a cui fa il verso, ma con un piccolo sforzo anche i più delicati possono apprezzare uno show che invita onestamente a darci una svegliata e uscire dal nostro piccolo guscio di conformismi.
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