lunedì, Marzo 20, 2023

Non solo barriere coralline: ecco le meraviglie sommerse di Lembeh

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Vi raccontiamo di uno dei fondali più straordinari al mondo, attraverso le foto di Davide Lopresti, Underwater photographer of the year 2016

Non serve una barriera corallina per avere fondali marini brulicanti di vita. Anche laddove il fondale è sabbioso, ci sono forme di vita che hanno saputo adattarsi a condizioni estreme, senza rifugi per sfuggire ai predatori. I protagonisti qui sono strani pesci dalle originali livree, che si mimetizzano con tutto ciò che si trova sul fondo: foglie, qualche piccolo anemone, rami. E ancora splendidi cavallucci, nudibranchi, granchi decoratori e gamberetti pulitori. Al centro del triangolo dei coralli, l’area marina a più alta biodiversità al mondo compresa tra la Malesia, la Thailandia e le Filippine, Lembeh è un canale che s’insinua tra la terraferma e l’isola omonima: lungo circa
12 km e largo da 200 fino a 1200 metri, è un braccio di mare dove si mescolano le acque del Mar di Celebes con quelle del Mare delle Molucche, un habitat particolarmente ricco di vita endemica, che per buona parte dev’essere ancora catalogata e studiata.

Il fondale privo di alghe è come un campo di battaglia, dove gli animali cercano di mimetizzarsi, ma sono osservabili con più difficoltà.  Spesso fanno capolino solo la notte o quando si sentono completamente al sicuro. Soprannominati critters (storpiatura della parola creatures) dai diver che bazzicano l’area, questi organismi perfettamente adattati alla vita su piane omogenee offrono  uno spettacolo meno convenzionale di quello che si potrebbe osservare su qualunque reef corallino, ma non per questo meno straordinario.

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Un’immersione che risulterebbe affascinante anche per chi è appassionato di storia: sui fondali di Lembeh riposano tre relitti di navi giapponesi risalenti alla Seconda Guerra mondiale, divenuti ormai la casa di spugne, coralli e cavallucci pigmei. “Dalle gorgonie al corallo, l’attenzione dei turisti tende a focalizzarsi sulle creature marine più grandi. Tesori come Lembeh permettono di comprendere che anche habitat meno convenzionali e differenti possono offrire un’esperienza turistica interessante”, commenta Federico Betti, biologo marino dell’Università di Genova e diver.

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