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L’ultimo a legiferare sulla materia è stato il Consiglio Regionale delle Marche, approvando all’unanimità, lo scorso 31 gennaio, la legge recante le “Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico e della dipendenza da nuove tecnologie e social network”.
Con una differente rubrica – in questo caso, equiparando due dipendenze per alcuni aspetti analoghe – il testo si aggiunge a quelli approvati da molte regioni, con l’obiettivo di contrastare quella vera e propria piaga sociale che va sotto il nome di G.A.P. – Gioco d’Azzardo Patologico – noto anche come “ludopatia”.
Ludopatia sembra una parola dal suono simpatico: ma nell’unirsi a “pathos”, sofferenza, la radice “ludos”, gioco, perde il suo significato leggero per divenire “disturbo del comportamento”, rendendo impossibile, per le persone che ne sono colpite, controllare i propri impulsi, e compromettendo l’equilibrio psico-fisico dell’intero nucleo familiare.
Negli ultimi anni, il fenomeno è transitato dai contesti medici e psicologici al mondo del diritto, diventando oggetto di interesse e di studio per alcuni tra noi giuristi. Certo i numeri eclatanti hanno spinto in questa direzione: secondo il Ministero della Salute (dati 2012) sono 30 milioni gli italiani che giocano d’azzardo, seppure saltuariamente, con oltre 2 milioni di persone tra soggetti a rischio e ludopatici conclamati. La percentuale varia tra l’1,3% e il 3,8% della popolazione, mentre i giocatori patologici variano tra lo 0,5% e il 2,2 %.
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Nella fascia di età più fragile – quella degli adolescenti tra i 15 ed i 19 anni – le percentuali di soggetti a rischio/ludopatici raddoppiano rispetto al totale.
Serve altro per definirla un’emergenza vera e propria?
Gli interventi normativi hanno fatto e possono fare molto nella direzione della prevenzione, purché l’approccio al problema sia olistico: nell’assenza di una normativa unitaria a livello europeo – ci sono una risoluzione del Parlamento del 2013 ed una raccomandazione della Commissione del 2014 – il quadro regolatorio è dato prevalentemente dalla normativa statale e regionale.
È nel 2012, con il decreto 13 settembre 2012, n. 158 – convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 – conosciuto come “decreto Balduzzi”, che Governo e Parlamento hanno iniziato a trattare sistematicamente la materia: intanto, chiedendo l’aggiornamento dei LEA – i livelli essenziali delle prestazioni – “per la prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti da ludopatia”, ma soprattutto dettando, al contempo, le linee per il Piano di Azione nazionale 2013-2015 e prevedendo una serie di punti essenziali – dal divieto di inserimento di messaggi pubblicitari relativi ai giochi con vincite in denaro in tv, radio, spettacoli non vietati ai minori, giornali, etc., a specifici avvertimenti sul rischio di dipendenza; dal limite minimo di 18 anni per l’accesso alle sale giochi, all’istituzione di un Osservatorio per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, con dotazione di 50 milioni di euro annuali per il 2015 e 2016.
La Legge regionale marchigiana – ultima in ordine di tempo, come abbiamo detto – nasce sull’esperienza di altre regioni: molte di esse, infatti, hanno approvato specifici provvedimenti volti a prevenire la diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco, anche se lecito, ed a tutelare le persone maggiormente esposte ai rischi che ne derivano. All’interno dei testi, misure operative simili: dal divieto di installare slot machine in locali vicini a scuole, poste, banche, e compro oro, alla distanza minima di 300 metri da tali “luoghi sensibili”; dalle limitazioni per le nuove aperture, all’aggravamento dell’Irap per chi installa le vituperate ‘macchinette’; da forme di premialità per gli esercizi no slot, alle disposizioni limitative in materia di pubblicità delle sale da gioco che prevedono vincite in denaro.
Tanti e puntuali i possibili rimedi previsti, ma efficaci sempre se collegati a percorsi di educazione, informazione e sensibilizzazione sul tema. In questa direzione, alcune Regioni hanno istituito un Osservatorio sul gioco d’azzardo composto da esperti multisettoriali.
Alcune di esse – tra quelle che hanno approvato specifiche leggi – si sono fatte, altresì, promotrici di un Manifesto con il quale si impegnano a “garantire azioni di prevenzione e contrasto alla ludopatia”, “difendere l’autonomia normativa regionale” e “fare rete contro l’azzardo patologico”.
Le esperienze, purtroppo, sono state spesso fallimentari: leggi che nascono mutilate perché non transitano dall’imposizione di divieti alla fase operativa, incapaci di prevedere azioni concrete in affiancamento alle sanzioni, profilassi educativa che vada alla radice del problema.
Che non è certo la crisi economica – come spesso sottolineato, che può aggravare il problema, ma non lo causa -, come si vede dall’aumento esponenziale di tale patologia tra i minori.
Nota di chiusura: mentre effettuavo ricerche sull’argomento, più volte mi sono imbattuta in adv che invitavano al gioco, con bonus gratuiti di varia entità, da poche decine di euro fino anche a 500 o 1.000 euro.
A parte la necessità di affinare i risultati restituiti dagli algoritmi – la mia ricerca andava in altra direzione, ovviamente – è anche così che i piccoli ludopatici crescono, con questi “incentivi” gratuiti. Sappiamo bene quanto sia facile giocare online con una carta prepagata, magari intestata ad un amico consenziente maggiorenne.
A beneficio di chi, forse è il caso di cominciare a chiedercelo.
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