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testo di Alberto Capra
Elettrodomestici, treni ad alta velocità, robot sempre più intelligenti: alcune tecnologie sono in grado di semplificarci la vita. Altre, invece, sono state sviluppate per consentire attività diversamente impossibili, altre ancora per
preservare la nostra salute. E poi c’è la tecnologia studiata per suscitare emozioni. Auto e moto, spesso, sono progettate esattamente per questo scopo.
Peugeot, ad esempio, ha fatto dello slogan “tecnologia per le tue sensazioni”, il suo nuovo mantra. Ed è proprio in un viaggio tra sei diversi tipi di sensazioni, sei differenti stati d’animo, che la Case del Leone ha intenzione di
accompagnarci con l’inedita web serie #sensationdriver, ideata, diretta ed interpretata da Stefano Accorsi. Sei cortometraggi grazie ai quali il SUV Peugeot 3008, il SUV 2008 e le Peugeot 208 GTi e 308 GTi si sono trasformati nel “palcoscenico” ideale per altrettante divertenti storie.
Sei episodi che condividono lo stesso prologo ma che raccontano sei vicende diverse, ognuna caratterizzata da un mood differente: #gioia, #invidia, #esaltazione, #paura, #orgoglio e #stupore, con le prime tre puntate già
disponibili, sul sito www.peugeotsensationdriver.it. Un lavoro che abbiamo avuto l’opportunità di vedere in anteprima, nella serata di ieri, a Milano, prima di scambiare quattro chiacchiere con chi, a questo concept, ha dato personalmente forma.
Stefano, quali sono gli stati d’animo che provi più di frequente quando sei alla guida? Roba che non si poteva inserire fra i corti? Tipo hashtag “incazzatura estrema”?
[ride] “Sì, ogni tanto capita.
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Hashtag incazzatura estrema soprattutto quando vedi quello che si distrae, che comincia a spostarsi da una corsia all’altra senza rendersene conto, che poi lo superi e ti accorgi che ha il telefono in mano:
quella è una roba che mi manda ai matti. Per il resto, la maggior parte sono stati d’animo positivi: mi piace guidare, mi piace stare in macchina, mi piace ascoltare la musica mentre sono al volante. Quando partiamo con le tournée in Italia, io sono felice”.
A te piacciono anche le moto? Che moto hai?
“Io sono per le on/off: moto da gran turismo con una vocazione leggermente
fuoristradistica. Ne ho guidate varie, ce ne sono sempre di più, oggi, sul mercato. A me piace la moto in cui si possa stare in due, comodi. Non mi piacciono le moto eccessivamente pesanti. Preferisco moto un po’ più leggere”.
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Com’è cambiato – se è cambiato – il tuo rapporto con le auto, da quando è iniziata questa collaborazione con Peugeot?
“Be’, diciamo che, da un lato, è cambiato perché ho avuto la possibilità di filmarle e quindi di concentrarmi sul loro design, anche da un punto di vista
cinematografico e fotografico. E poi, grazie a un film come Veloce come il vento ho potuto mettermi alla guida di vetture che davvero in pochi hanno avuto la fortuna di guidare. Sono stato a stretto contatto con piloti come Paolo Andreucci (pluri-campione italiano di rally) e Massimo Arduini (Campione Italiano Turismo Endurance), con cui ho fatto anche qualche test in pista. Diciamo che ho capito cosa voglia dire guidare al limite e mi sono reso conto
della differenza abissale che passa tra l’uso del mezzo che ognuno
di noi fa, quotidianamente, nei suoi spostamenti, e un uso sportivo,
in cui le auto sono impiegate al massimo delle loro potenzialità”.
Andreucci ti ha dato qualche dritta particolare? C’è qualche
aspetto in cui devi migliorare, come pilota?
“Con Paolo abbiamo girato la scena di una gara clandestina, su strada, e devo dire che non si è lamentato più di tanto. Mi ha insegnato a partire con una
205 Turbo Evo2 – un pezzo di storia dell’automobilismo – e devo dire che già il fatto di esserci riuscito senza farla spegnere, è stata una bella soddisfazione. Arduini, invece, mi ha insegnato ad accelerare a fondo, a frenare a fondo, a fare tutte quelle cose che non sei abituato a fare in strada. È così che capisci quanto più alti siano i limiti di queste auto, rispetto a quello che siamo
abituati a credere”.
Pensi che le auto meriterebbero più spazio al cinema?
“Se ne fanno pochi di film così, ma a livello internazionale eh. Per noi è anche tanto una questione di mezzi. La grande intuizione dei produttori di Veloce come il vento, ad esempio, è stata quella di iscrivere un team al Campionato Italiano Gran Turismo. Ma, in effetti, è vero che si tratta di un mondo poco
raccontato. L’ultimo titolo – lasciando stare i vari Fast and Furious – è stato Rush. Secondo me sì, c’è un vuoto da colmare”.
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Avrebbe senso una serie tv incentrata sul mondo dei motori?
“Sicuramente, anche a livello televisivo, sarebbe interessante fare qualcosa. Ho l’impressione che sia un mondo poco esplorato soprattutto perché poco conosciuto”.
Eppure le storie non mancano.
“Le storie non mancano di certo. Alcune sono clamorose, ci sono delle storie familiari incredibili. Quando cominci a frequentare i team di questi campionati te ne rendi conto. Sono vicende appassionanti. Ma forse Matteo Rovere sta sviluppando qualcosa, proprio per la televisione [ride]”.
C’è un personaggio del mondo dei motori che ti piacerebbe particolarmente interpretare, come attore?
“Ayrton Senna è uno di quei personaggi che chiunque vorrebbe interpretare. E questo perché, oltre ad essere un pilota eccezionale, ha sempre portato con sé tutto un mondo che andava oltre a quello dell’automobilismo – che è ciò che l’ha fatto amare così tanto, come poi succede sempre in questi casi. Anche nel
mondo delle moto, il seguito che ha Valentino Rossi non è comparabile a quello dei migliori spagnoli, perché è sempre la componente umana che fa la differenza. Ho letto un libro molto bello di Terruzzi riguardo a Senna. Mi ha molto emozionato e mi ha fatto capire che ci sarebbe molto da scavare su di un personaggio così. E ce ne sono di sicuro molti altri, nell’automobilismo”.
A quando un lungometraggio firmato Accorsi?
“Appena troverò la strada giusta. Le regie di cui mi sono occupato, fino ad ora, hanno riguardato un corto e queste cose che ho fatto con Peugeot. Come
produttore, ho collaborato con Sky, per 1992 e per un’altra serie che stiamo sviluppando. Quando si presenterà l’occasione di passare dietro ad una macchina da presa per una regia, credo che saprò riconoscere la storia. Ma non sono ossessionato dall’idea di una regia. Se capiterà l’occasione sarò felice di sperimentare”.
Cosa dobbiamo aspettarci da 1993, il sequel di 1992, in uscita nei prossimi mesi?
“Non posso svelare niente ma posso dirti che questo progetto – 1992,
1993 e 1994 – è stato concepito fin dall’inizio come una trilogia, ispirata alla Rivoluzione Francese: speranza, terrore e restaurazione. Il 1993 corrisponde all’anno del terrore. Non a caso è stato un anno molto cupo, dopo il 1992, che, nonostante abbia vissuto momenti drammatici, è stato comunque in grado di
essere, al contempo, un anno ricco di speranza. Nel 1993 ci sono state le bombe di mafia: gli attentati di Falcone e Borsellino si erano già verificati, ma quell’anno ci furono la strage di via dei Georgofili, a Firenze, l’attentato a Maurizio Costanzo, la bomba in Via Palestro e un sacco di suicidi. È stato davvero un anno in cui la parte oscura di questo Paese ha cominciato a filtrare, se n’è sentito l’odore. Ed è proprio questo odore che noi speriamo di riuscire a fare arrivare a chi ci guarderà”.
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