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La Danimarca è alla ricerca di disoccupati da inserire nel mercato del lavoro e considerate le difficoltà nel reperire personale all’interno dei confini nazionali si è ora attivata per aprire centri per l’impiego direttamente in Italia. Ha fatto il giro del mondo un’intervista del New York Times a due imprenditori danesi, Peter Enevoldsen e Benn Sorensen, che lamentavano difficoltà nel trovare lavoratori da assumere. La Danimarca non è il paradiso dal punto di vista dell’economia e non è tutto così semplice per una persona in cerca di occupazione, ma c’è del vero: il Paese ha bisogno di manodopera e cervelli qualificati. E in queste ore, novità, ha preso piede nel Paese l’idea di aprire centri per l’impiego direttamente nell’Europa del Sud, dove la disoccupazione è elevata. Gli Stati individuati sono Italia, Spagna e Francia.
In Danimarca la disoccupazione continua a calare. Dai picchi del 5% registrati tra 2013 e 2015 si è arrivati, nel 2017, attorno al 4% (in Italia siamo al 12).
Da segnalare che nel 2008 era addirittura scesa sotto il 2%. I contratti tipici sono da 36 ore per 5 giorni a settimana, con weekend liberi. I licenziamenti sono facili, ma c’è una copertura economica importante per i disoccupati, garantita in particolare dalla cosiddetta A-Kasse, contributo che arriva a coprire fino al 90% dello stipendio per due anni. Inoltre, la formazione e l’orientamento per i disoccupati sono la norma.
Lo stipendio medio è 5000 euro lordi, attorno ai 3000 netti (la tassazione varia a seconda di diversi elementi, come ad esempio la composizione familiare).
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Si passa dai 10-20mila euro lordi al mese di un manager ai meno di 2mila lordi di un addetto alle pulizie. L’aspettativa per un neolaureato è 4mila euro lordi. C’è però da fare i conti con tasse elevate (si parla del 47,6 per cento di pressione fiscale) e con prezzi altrettanto elevati per prodotti di consumo e per alcuni servizi (come il trasporto pubblico, altri sono gratuiti, ad esempio l’Università). Di recente Copenhagen è stata indicata la terza destinazione turistica più cara del mondo e la quarta capitale d’Europa meno conveniente per l’affitto di un alloggio (tra l’altro non facile da trovare). Una pizza? Quasi 15 euro. Un biglietto singolo per il bus e la metro? Più di 3 euro. Una stanza in affitto? Oltre 500 euro al mese.
Il progetto di centri per l’impiego all’estero, che sta trovato grande spazio su tutti i quotidiani danesi, dallo Jyllands Posten al Politiken, è stato appena lanciato dai Socialdemokraterne, i Socialdemocratici, il principale partito del Paese in Parlamento. È la formazione che guida l’opposizione, e che potrebbe tornare al governo nel 2019 a scapito di un logoro Lars Lokke Rasmussen, premier liberale. Il piano dei Socialdemocratici ha però trovato aperture anche all’interno dell’attuale maggioranza. Se il premier si è mostrato cauto, posatezza dovuta anche al suo ruolo, non è mancato chi ha mostrato apprezzamento. E il progetto piace alla Danish society of engineers, l’associazione per le professioni tecniche e scientifiche. Si sta quindi lavorando per mettere tutti attorno a un tavolo e definire le linee operative con cui procedere alla nascita di questi jobcenter all’estero.
I profili più ricercati attualmente nel Paese sono ingegneri di tutti i campi, operatori della sanità ed esperti in informatica. Insomma, le competenze in questione non sono proprio alla portata di tutti. E c’è da valutare differenze climatiche e linguistiche che non bisogna tralasciare. Clima rigido, inverni lunghi e con poche ore di luce non sono un cambiamento da poco. L’inglese è parlato correttamente da gran parte della popolazione ed è sufficiente per molti lavori, anche specializzati. È però con il danese che si entra appieno nella società scandinava. Impararlo è complicato ed è spesso necessario per avanzamenti di carriera.
Insomma, è bene pensarci con attenzione prima di raccogliere le proprie cose e partire.
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