giovedì, Febbraio 13, 2025

Depressione, per combatterla il cervello cambia forma

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depressioneCombattere la depressione? Il cervello lo fa cambiando forma. O meglio, reagisce ispessendo la corteccia, l’area addetta a funzioni cognitive come il pensiero e la coscienza. A riferirlo è uno studio del team di ricercatori del Saban Research Institute of Children’s Hospital di Los Angeles, coordinato da Ravi Bansal e Bradley S. Peterson, che hanno registrato le differenze strutturali nella corteccia cerebrale dei pazienti con depressione e osservato come queste si normalizzano dopo la somministrazione di farmaci appropriati. Lo studio, apparso su Molecular Psychiatry, è il primo a evidenziare la presenza di cambiamenti strutturali nella corteccia cerebrale durante il trattamento con un farmaco per la depressione e, inoltre, il primo a fornire prove (in vivo) della neuro-plasticità del cervello umano, ovvero la sua capacità di modificarsi sia strutturalmente che funzionalmente, in risposta all’esperienza.

I pazienti che non assumono farmaci risultano avere una corteccia cerebrale ispessita.

I nostri risultati suggeriscono che questo ispessimento è una risposta compensatoria e neuroplastica che aiuta a ridurre la gravità dei sintomi depressivi”, spiega Peterson. “Abbiamo osservato che il trattamento con un farmaco riduce la gravità dei sintomi, e di conseguenza la necessità di compensazione biologica nel cervello. La corteccia dei pazienti affetti da depressione può così ritornare a essere più sottile, fino a raggiungere spessori simili a quelli delle persone sane”.

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Per capirlo, il team di ricercatori americano ha analizzato, all’inizio e alla fine del periodo di studio di 10 settimane, le scansioni cerebrali di 41 pazienti con depressione cronica e di altri 39 volontari sani. Durante lo studio, ai partecipanti è stato somministrato random il farmaco della duloxetina, il principio attivo di un antidepressivo appartenente alla classe degli inibitori della ricaptazione della serotonina e noradrenalina, oppure il placebo. Dai dati emersi è risultato che i pazienti trattati con il farmaco hanno mostrato un significativo miglioramento dei sintomi rispetto ai pazienti trattati con placebo: nei pazienti trattati con il medicinale, infatti, lo spessore corticale è diminuito notevolmente, mentre per quelli trattati con il placebo hanno mostrato un lieve ispessimento della corteccia cerebrale. Ciò, spiega Bansal, suggerisce che il cervello dei pazienti trattati con il placebo continua a chiedere una sorta di risarcimento per i sintomi in corso.

Anche se questo studio è stato condotto solamente negli adulti, la metodologia sviluppata , ovvero l’associazione di un trial randomizzato controllato con scansione Mri, potrà essere applicata a molte altre popolazioni di bambini e adulti”, conclude Bansal. “Inoltre, le nostre osservazioni sulla neuro-plasticità suggeriscono nuovi bersagli biologici per il trattamento di persone con disturbi neuropsichiatrici”.

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