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“Tesoro, guarda, posso spiegarti: non è affatto come sembra…“
In queste ore i tentativi di spiegare cosa sia e come funzioni la Flat Tax (già ribattezzata tassa per attirare i ricchi) assomigliano ai farfugliamenti di un partner che tenta di sbrogliare un equivoco di fondo. Pur di salvare la faccia e la fiducia dell’altro. L’altro in questo caso sono i cittadini con un reddito medio-basso, il partner è il nostro Governo che ha appena dato attuazione alle regole per consentire alle persone straniere più che benestanti di chiedere residenza in Italia a fronte di un versamento annuale forfettario di 100mila euro all’Agenzia delle Entrate (qui tutte le indicazioni).
Non è mai semplice riassumere in poche battute provvedimenti complessi, diciamolo anche noiosi dal punto di vista tecnico. Ma per evitare equivoci è bene chiarire invece alcuni punti che se non analizzati possono prestarsi a interpretazioni lontane dai dati: la Flat Tax è legata alla richiesta di residenza in Italia e vale SOLO sui redditi prodotti all’estero.
Lo ha anche chiarito ieri sulle pagine de La Stampa Stefano Loconte, consulente della Commissione Finanze alla Camera dei Deputati. Il che significa che uno straniero ricco (o anche un italiano che risieda da oltre 9 anni all’estero ma abbia nostalgia di casa) non pagherebbe 100mila euro l’anno e basta, ma verserebbe 100mila euro sui redditi prodotti fuori dai confini italici e dovrebbe comunque pagare le tasse come tutti i comuni mortali su eventuali redditi realizzati invece in Italia.
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Quindi se sono un italiano residente in Italia con attività in altri paesi non posso beneficiare della flat tax.
Chi sono i ricchi? Il provvedimento riguarda i cosiddetti HNWI acronimo usato dalle banche mondiali per individuare gli High Net Worth Individuals cioè persone che hanno un patrimonio netto (comprese case e beni di lusso) superiore a 1 milione di euro/dollari. È una definizione molto vaga ma c’è chi ha contato quanti sono questi paperoni di piccolo taglio (oltre 15 milioni nel mondo secondo il World Wealth Report 2016).
La Flat Tax sui redditi esteri per paperoni non-residenti in Italia, ma che intendano risiedervi, vale 15 anni e si proroga di anno in anno in base alla richiesta del singolo individuo nella dichiarazione da presentare al fisco italiano. In teoria vale anche da quest’anno quindi si può subito fare domanda.
Si possono far entrare in Italia anche i familiari, pagando 25 mila euro per ogni figlio, cugina, zio, ecc… sempre in relazione ai redditi prodotti all’estero.
La procedura di approvazione della richiesta in realtà non si limita a una autocertificazione ma consiste in un controllo, da parte dell’Agenzia delle entrare, per appurare che il soggetto richiedente non abbia avuto residenza Italiana nei 9 anni precedenti alla richiesta e questo per evitare ingressi studiati ad hoc solo per pagare meno tasse sui milioni fatti a Dubai o Miami.
C’è chi sostiene che la misura sia incostituzionale perché contraria all’art.53 della nostra Carta che regola l’equità contributiva di chi vive e lavora sul suolo italiano. Questa posizione in realtà va smentita per due ragioni: a) quando si approvano misure simili i tecnici devono prima verificare la congruità delle regole con l’impianto costituzionale, di default. Risulta difficile pensare che questo passaggio sia stato saltato con una normativa a una circolare ormai approvati; b) chi ha scritto la norma ha letto molto bene l’intepretazione dell’art. 53 che si riferisce anche al pagamento delle tasse sui consumi: ergo, se attiro i paperoni in Italia anche scontandogli le tasse sui redditi esteri, faccio comunque pagare loro sia le tasse sui redditi prodotti qui, sia l’IVA su tutto quello che potranno comprarsi rispettando pienamente i principi costituzionali.
Una volta chiariti questi punti però è bene farsi venire qualche dubbio. Il primo riguarda l’efficacia del sistema rispetto ai tentativi di elusione (non di evasione) fiscale. Lo straniero potrebbe trovare il modo di fatturare sempre e solo all’estero e non pagare mai un centesimo su eventuali guadagni realizzati in Italia? Possibile. Ma è difficile che un finanziatore che apra un ristorante a Milano crei la base fiscale in Irlanda e riesca a far risultare i contratti di lavoro dei suoi dipendenti come contratti made in Dublin: detto altrimenti, le tasse e i contributi sul lavoro emergono e si pagano in Italia. Sempre. Al massimo il finanziatore potrebbe trovare una scorciatoria per i suoi compensi o le sue azioni societarie, ma qui è la Gdf che deve fare il suo mestiere e monitorare attentamente attività e profili fiscali, proprio come accade per qualunque altro contribuente italiano.
L’altro dubbio è sulle ragioni della Flat Tax. Si dice sia per attirare i ricchi in Italia ora che Londra sta diventando meno accessibile (?) per via della Brexit (?). Peccato che la Brexit non sia ancora di fatto attuata e che non ci siano prove né dati che la presenza di qualche migliaio di ricchi in un circoscritto contesto economico provochi sviluppo di ricchezza e benessere solo in virtù del legame tra residenza e patrimonio netto del soggetto. Non sono stati divulgati – ma correggetemi se sbaglio – dati o studi approfonditi sull’attrattività degli High Net Worth Individuals in Italia da parte di chi ha adottato la norma: quanti verrebbero davvero? Che tipo di interesse avrebbero? In quali attività è più probabile investirebbero? Immobiliari? Vi sembra normale che un Governo vari regole così importanti senza avere un’idea, molto precisa, non un semplice scenario, di dove vuole andare a parare? Facciamo solo qualche conto: mettiamo, ottimisticamente, che degli oltre 15 milioni di ricchi nel mondo almeno 100 mila si instaurino per 15 anni nella Penisola aggiungendosi ai 168 mila paperoni nostrani. Senza tener conto di eventuali familiari in 15 anni dovremmo contare 150 miliardi di euro in tasca al Fisco. Bene. Bravi. Bis. E a questo punto?
Alcuni sostengono: “dato che sono ricchi spenderanno tantissimo e consumeranno tantissimo il che è un bene per la nostra economia“. Con l’empirismo non si va molto lontano. Non conosco le abitudini di un paperone, ma mi mette i brividi pensare che uno Stato programmi le sue entrare sul gusto e sulla moda del momento di una manciata di soggetti. Pensare di attirare investimenti con uno sconto sui redditi prodotti altrove è follia. E laddove la flat tax è stata introdotta ci sono molti dubbi sui suoi reali benefici. Un incentivo simile funziona davvero solo se una volta arrivati in Italia i paperoni trovassero anche riforme strutturali incentivanti per la crescita: costo del lavoro sostenibile, rete di trasporti all’altezza di una economia mondiale, burocrazia semplificata, opportunità di investimento studiate per avere ricadute scalari, esponenziali, sui sistemi economici locali, ecc… Ci stiamo arrivando, non voglio gufare contro i tentativi di raddrizzare il Paese, ma non raccontiamoci la favola che siano solo i saldi di fine stagione a fare sviluppo. Serve la testa, prima del portafoglio.
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