sabato, Aprile 20, 2024

Lo strano caso di Trump presidente analizzato dalla filosofia

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Chi è veramente il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti? “Non esiste un vero Trump”, scrive Aaron James nel suo saggio Trump. Saggio filosofico sul predominio degli stronzi, appena pubblicato da Rizzoli. “È allo stesso tempo uno showman, un maestro in versione ridotta, un pagliaccio, un uomo totalmente ignaro di ogni dovere civico, un sessista, un razzista, uno xenofobo, un parziale ignorantone, un sostenitore dell’autoritarismo, un demagogo, una minaccia alla repubblica e uno stronzo“.

9788817094092_0_0_1604_80Un ritratto spietato e piuttosto condivisibile, ma soprattutto il risultato di un’attenta lettura filosofica delle sue parole e delle sue azioni. James, professore all’Università della California, aveva già dedicato la sua attenzione al fenomeno della stronzaggine in Stronzi. Un saggio filosofico (2013). Anche in questo volume con una spigliatezza insolita per un docente di filosofia, afferma la sua teoria su Donald Trump in modo accessibile ma anche estremamente circostanziato.

Quasi che stronzo passasse dall’essere una semplice offesa a una categoria di visione del mondo da debellare.

James non si chiede “se Trump sia davvero uno stronzo. Su questo punto sembra esserci un ampio consenso“, ma piuttosto si interroga sul perché “per i suoi sostenitori questo potrebbe essere il suo principale punto di forza“. Ultimo di una sequela di storici assholes, Trump è in qualche modo l’erede di Napoleone, Cecil Rhodes (lo spietato colonialista britannico) e del più recente Dick Cheney: arrogandosi in modo sistematico privilegi non suoi in base a un autoindotto (ma erroneo) senso di superiorità, è anche lui vittima di quello che “Jean-Jacques Rousseau chiama amour-propre, vale a dire, grosso modo, un’eccessiva considerazione di sé“.

Disprezzando il sistema vigente, mostrandosi in tutta la sua arroganza e volgarità, non temendo di raccontare falsità (citando H. L. Mencken: “Il demagogo è uno che predica dottrine che sa false a gente che sa cretina“), Trump riesce in ogni caso a racimolare consenso – un consenso tale da averlo portato alla Casa Bianca – perché basa il suo successo sul logoramento del tessuto democratico. Qui James si rifà a Thomas Hobbes, secondo cui “tutto ciò che conosciamo e amiamo ci giunge attraverso l’ordine civile“: senza quest’ordine civile è un “tutti contro tutti” ed è su questo terreno che gli stronzi proliferano e vincono le elezioni.

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Non è un caso che la retorica trumpiana sia per la maggior parte basata sull’individuazione di colpevoli pretestuosi (di solito minoranze o svantaggiati) su cui sfogare la rabbia collettiva, sedando con l’odio le reali esigenze delle persone e magari passando pure per “uomini del fare”.

Eppure James nel suo saggio ci ricorda che il nostro mondo democratico si basa su fondamenta completamenti diverse: i principi illuministici che discendono da Rousseau (“prendere gli uomini come sono e le leggi come potrebbero essere“) e da pensatori più contemporanei come Philip Pettit (“la libertà come non-dominazione, nella comune consapevolezza che nessuno di noi ha il potere di interferire arbitrariamente su di un altro“) dovrebbe indurci a diffidare di questi uomini così divisivi per ritrovare la fiducia su basi più solide, come le leggi e le istituzioni.

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Su tutt’altro tenore, il paragone più vicino a Trump lo si ritrova in P.T. Barnum: “Più grosso è l’imbroglio, più piacerà alla gente“. Un saggio come quello di James aiuta però a inquadrare meglio un fenomeno molto diffuso (anche Steve Jobs, secondo l’autore, era uno stronzo, non riconosciuto però a causa della condiscendenza rispetto ai suoi risultati). La sua lettura è molto gradevole, oltre che disarmante, anche perché fonde precisi riferimenti filosofici e altre citazioni più pop.

Illuminante, ad esempio, è una frase dell’appariscente cantante country Dolly Parton, citata da James: “Ci vuole un mucchio di soldi per sembrare così dozzinale“. Quello che manca a Trump, quello che lo rende irrimediabilmente stronzo, è la completa mancanza di consapevolezza sulla propria dozzinalità. Consapevolezza che però potremmo acquisire noi.

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