venerdì, Marzo 28, 2025

Abbiamo visto 12 minuti di Ghost In The Shell e abbiamo capito (quasi) tutto

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Una scena molto nota, ricalcata su quella dei titoli di testa dell’anime originale, e un’altra d’azione che fonde l’anime con la serie animata, questo è quanto abbiamo visto di Ghost in the Shell (in attesa della proiezione del film completo), 12 minuti circa del film con Scarlett Johansson in uscita a fine marzo che hanno rivelato un po’ di quel che è lecito aspettarsi dall’opera completa.

Se le due clip che sono state mostrate alla stampa possono funzionare come una sineddoche, possiamo dire che è stato confermato quel che già si poteva immaginare, cioè che nel passaggio da anime a live action del manga di Masamune Shirow, quel che cambia non è la storia (probabilmente la medesima, anche a giudicare dai trailer), ma lo stile di narrazione. Dall’ermetismo giapponese, in cui sono le immagini a veicolare la maggior parte delle informazioni (con spesso non pochi problemi di comprensione), ai dialoghi come volano di tutto. Dall’opacità alla chiarezza.

È così già nella prima scena, quella della creazione dell’androide con il fisico e il volto di Scarlett Johansson.

Le fasi di costruzione del corpo e di inserimento del cervello sono prese pari pari dall’anime, ma sono anche contrappuntate con qualche flashback dell’incidente che spiega da dove venga quel cervello e – se non bastasse – c’è anche Juliette Binoche, scienziata che supervisiona il tutto, che lo illustra a chiare parole al maggiore Motoko Kusanagi (Johansson) non appena si sveglia.

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Quel che nell’anime non veniva detto, se non in seguito e con molta riluttanza, qui è spiattellato immediatamente. C’è anche un dialogo ulteriore che mette in chiaro le intenzioni di chi ha creato il maggiore, introducendo da subito il conflitto principale della trama.

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Ghost in the Shell (l’anime) è amatissimo e come tutto ciò che è molto amato è anche dolcemente preso in giro dai suoi stessi fan per il fatto che non si capisca niente. Come altri anime del suo tempo (si pensi ad Akira) è una sintesi un po’ maldestra, ma visivamente mostruosa e dal fascino misterioso ineludibile, di una storia che altrove è stata raccontata in maniera più ampia, chiara e dettagliata. Il film non intende avere nulla di tutto ciò.

La seconda sequenza vista è quella, sempre posizionata all’inizio, il in cui il maggiore Kusanagi entra in azione gettandosi dalla cima di un palazzo con una tuta mimetica che la rende invisibile. L’inizio è ripreso esattamente dall’anime (anche abiti e visori sono gli stessi, un po’ retro) poi però si contamina con elementi della serie animata. Il maggiore infatti si cala per uccidere qualcuno attraverso i vetri esterni, prima che irrompa il resto della sezione 9, ma lo fa in disaccordo e non in accordo con i suoi colleghi e poi trova molte più persone oltre a delle geishe robot che si vedono in realtà in un episodio della serie.

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La città del futuro in cui si muovono i personaggi è mostrata con più dettaglio del film e presenta un po’ di variazioni (come una bella serie di ologrammi grandi quanto palazzi), non ha una sua originalità troppo marcata ma è abbastanza seria e ben fatta da non stonare. Ovviamente non abbiamo visto abbastanza per giudicare il film ma se qualcosa si è intuito da questa proiezione è quel che già si immaginava, cioè che Ghost In the Shell, il film, può avere tutto dell’anime o del manga o della serie tv, ma una cosa non vuole averla di certo: quel senso nipponico del mistero e dell’angoscia, quel timore terribile per quel che sta accadendo nei fotogrammi indotto dalla musica, dalle immagini e da una reticenza unica nel rilasciare informazioni.

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