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Los Gatos – Raggiungere il quartier generale di Netflix, dove l’azienda ci ha invitato per un paio di giorni, è abbastanza semplice: basta arrivare all’aeroporto di San Francisco e poi percorrere una superstrada verso sud per poco più di 80 chilometri, superando Menlo Park, Palo Alto, Mountain View e Cupertino, fermandosi a Los Gatos.
Come ha sintetizzato il tassista che mi ci ha portato: “La città è piccola e ci vive solo gente ricca”. In effetti, c’è una strada principale con alcuni bar, un teatro e un Apple Store, una scuola, una chiesa metodista, qualche Porsche parcheggiata, un negozio di design che promette all’interno mobili italiani e poco altro. Los Gatos ha 30mila abitanti in tutto, con un reddito mediamente più alto di chi vive nel resto degli Stati Uniti.
Due passi per Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Due passi per Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Due passi per Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Due passi per Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Due passi per Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Due passi per Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
È qui che Reed Hastings, nel 1997, ha fondato la società che lo ha reso celebre. Il palazzo che si vede spesso in foto e che gli americani amano definire in stile spagnolo è in città, ma non è più la sede principale.
Ora che i dipendenti a Los Gatos sono diventati 1745, le operazioni sono state spostate a 15 minuti di distanza, dove i sette edifici da poco terminati hanno i nomi delle lettere dell’alfabeto e si possono usare le biciclette per spostarsi da un’area all’altra del complesso.
Gli uffici di Netflix a Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos Cubicolo con omaggio a Stranger Things (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos Il dipartimento IT (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos Una delle cucine (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos Una delle cucine (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos I laboratori (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Gli uffici di Netflix a Los Gatos (Foto: Gaia Berruto/Wired)
Ma questa non è l’unica sede, bisogna aggiungere 786 dipendenti a Los Angeles e 200 sparsi fra Londra, Amsterdam, Singapore e San Paolo. I numeri non stupiscono: Netflix sta crescendo, nel 2016 ha raggiunto praticamente tutti i Paesi del mondo tranne Cina, Iraq e Corea del Nord e dichiara di avere 93 milioni di abbonati. Ma come fa a ingrandirsi a questo ritmo? E in che modo pensa di espandersi ulteriormente? Dopo la nostra visita, possiamo sintetizzare le sei strategie usate da Netflix per tentare di conquistare il mondo.
1. Padroneggia la lingua
Per conquistare nuovi mondi bisogna, per prima cosa, conoscere le lingue di quei mondi. E conoscerle bene. “Nel 2012, quando lanciammo Lilyhammer, lo presentammo in sette lingue e 96 strumenti linguistici, termine con cui intendo l’insieme di sottotitoli, audio descrizioni ecc. L’ultimo prodotto messo in streaming, Iron Fist, è tradotto in 20 lingue e ha 572 strumenti linguistici. L’obiettivo è scalare, sia in termini numerici sia in termini di tempistica”, mi spiega Denny Sheehan, direttore della localizzazione dei contenuti.
La questione temporale non è da poco: “Il nostro obiettivo è innovare la distribuzione e fare quello che i cinema si rifiutano di fare: permettere a chiunque, in qualunque parte del mondo, di vedere lo stesso contenuto alla stessa ora”, sintetizza il ceo di Netflix Reed Hastings. Complesso, ma tutto sommato organizzabile, quando si ha un contenuto programmato, meno quando lo si vuole fare per uno show quasi in diretta. “Chelsea è stato il nostro banco di prova. Abbiamo girato la puntata alle due del pomeriggio e siamo andati online il giorno dopo a mezzanotte in venti lingue diverse”, continua Denny Sheehan. Come tradurre in 34 ore un contenuto in 20 lingue?
“Per la prima volta abbiamo evitato le agenzie e assunto direttamente 200 traduttori. Per noi era fondamentale che la traduzione in ogni lingua rispettasse le sfumature di linguaggio di Chelsea”. L’esperimento ha portato l’azienda a credere ancor di più nel rapporto diretto con i traduttori. Ed è così che è nato il test Hermes, una piattaforma per testare il livello linguistico del candidato. Chiunque può provarlo: se si raggiunge un certo punteggio, Netflix si farà viva per proporvi un lavoro di traduzione.
Come tradurre “Demogorgon” in arabo? (Foto: Gaia Berruto/Wired)
“Non si tratta di testare solo la conoscenza, ma anche le sfumature. Un algoritmo ci aiuta a capire per cosa sarebbe perfetto quella persona. Magari si candida perché conosce alla perfezione i prodotti Marvel, ma il nostro algoritmo suggerisce di farlo lavorare anche sui film degli anni ’80”, mi spiega Chris Fetner, responsabile di questo progetto.
2. Pensa globale, agisci locale
Come è stato più volte raccontato, Netflix nasce come azienda che distribuisce dvd, facendo sostanzialmente concorrenza a Blockbuster, cresce migrando il suo business online e si consolida iniziando a produrre contenuti propri. L’azienda ha dichiarato che quest’anno spenderà circa sei miliardi di dollari in nuovi film e serie tv. Una cifra enorme, se pensate che la previsione di spesa sul comparto tech è di appena un miliardo.
“Spesso produciamo su mercati locali, in lingue straniere, ma con l’obiettivo di farlo vedere in tutto il mondo”, dice Cindy Holland, vicepresidente della serie originali, da 15 anni in azienda. “Quindi ad esempio Club De Cuervos è stata prodotta in Messico, ma è stata vista ovunque. Ed è quello che certamente capiterà con Suburra. Noi cerchiamo i migliori storyteller, ovunque essi vivano: non c’è bisogno di portarli a Hollywood per fare un contenuto magnifico. Possiamo farlo a casa loro, e poi portare il contenuto a un pubblico globale”, conclude. L’esempio classico è Narcos: produzione francese, girata in Colombia con un attore protagonista brasiliano, in una lingua mista di spagnolo e inglese, divenuta un successo mondiale.
Una prima immagine della serie Suburra
3. Migliora la tecnica
L’ultima grande produzione di Netflix, Iron Fist, è la prima ad essere stata girata in Hdr (High Dynamic range). Cosa significa? Detto semplice: i colori sono più brillanti, i pixel più chiari in Hdr sono circa 40 volte più brillanti che in definizione standard e i contrasti sono molto più marcati. Sembra una cosa molto tecnica, in realtà, spiega Giles Baker di Dolby “è uno strumento per permettere agli utenti di essere più coinvolti nella storia”.
Tony D’Amore, colorista dello studio Encore, è l’uomo che ha lavorato con Dolby e Netflix alla post produzione di Iron Fist. Ha lavorato circa 30 ore su ogni episodio, per modificare i dettagli di ogni immagine: con un programma che ricorda a grandi linee Photoshop, isola alcuni oggetti della scena e li evidenzia, o li scurisce. Davanti ai nostri occhi, in uno stanzino buio negli uffici di Dolby, modifica la scena del dragone del primo episodio di Iron Fist, scurendo alcune insegne e rendendo più brillante il volto del protagonista. Poi si sposta alla scena del cimitero, dove fa esplodere i colori dei fiori sulla tomba “Sono un elemento importante, voglio che lo spettatore si fissi su questo particolare”, spiega il colorista.
A sinistra Tony D’Amore, colorista di Iron Fist (Foto: Gaia Berruto/Wired)
“Per me questo strumento è meglio del 3d, o della realtà virtuale. Non devi metterti nulla addosso: accendi la tv e apprezzi un cambio netto nel tuo modo di vedere una serie tv”, continua D’Amore. In pratica l’obiettivo è dare una nuova dimensione all’immagine, senza bisogno di occhialini o altri strumenti.
Differenza fra standard e HDR (Foto: Netflix)
Un lavoro che, al momento, sarà impossibile apprezzare via telefono: solo il nuovo Lg G6 supporta questa tecnologia. “Ne arriveranno altri. Il mobile per noi è fondamentale. Siamo appena tornati da un viaggio in India, dove abbiamo toccato con mano le potenzialità del mercato: laggiù – e in generale nei nuovi mercati – tantissime persone guardano Netflix dal telefono. È una cosa di cui tener conto”, ragiona Neil Hunt, Chief Product Officer di Netflix.
Forse cambierà addirittura il modo montare una serie, per adattarla allo schermo più piccolo: “Al momento non abbiamo fatto richieste di questo tipo, ma è qualcosa che potremmo esplorare nei prossimi anni: visto che non riesco a leggere facilmente le emozioni dei volti da uno schermo piccolo, per la versione mobile potrebbe farmi comodo una ripresa più stretta”.
4. Personalizza
Non solo da schermo a schermo, come spiega qui sopra Neil Hunt. Ma anche da persona a persona. Secondo i dati dell’azienda, solo il 10-20% di ciò che viene visto dalla piattaforma passa dalla ricerca diretta, tutto il resto viene cliccato sulla base dei suggerimenti di Netflix. Ecco perché è fondamentale l’aspetto della raccomandazione. Abbiamo chiesto al responsabile di questo comparto, Todd Yellin, in cosa consiste il suo lavoro: “Considerato che abbiamo 93 milioni di abbonati, ma ogni abbonamento ha più account, io qui devo capire come creare 200 milioni di Netflix diversi. Perché in un mondo ideale ogni utente dovrebbe aprire Netflix e trovare un solo contenuto: quello perfetto. Quello che assolutamente vuole vedere quella sera. Ma siamo molto lontani da questa capacità predittiva, purtroppo. Non vivrò abbastanza per vederla”.
Più semplicemente, al momento Netflix si basa su un algoritmo che impasta quello che avete visto e i voti che avete dato: è infatti possibile votare ogni contenuto da una a 5 stelle. Ma visto che l’azienda non era soddisfatta dell’uso di questo strumento, da aprile lo sostituirà con due semplici tasti: il Mi piace e il Non mi piace (qui un approfondimento sul tema).
Todd Yellin mostra il funzionamento dei due nuovi bottoni (Foto: Gaia Berruto/Wired)
5. Stringi alleanze
Per dominare il mondo non basta entrare nelle case degli utenti. Serve essere presenti su qualunque schermo presente sul pianeta. Netflix lo sa e per questo da anni cerca di creare collaborazioni con chiunque. Hotel, di modo che tu possa aprire il tuo account da ogni stanza, compagnie aeree, per continuare la tua serie tv in volo, aziende che producono televisori, per avere accesso sempre più facilmente ai contenuti. La strategia è perseguita con una sola regola generale: impedire ai partner di far pagare di più per accedere a questi servizi.
“Nel 2007 il primo partner fu Virgin, in Gran Bretagna. Il primo grande scoglio fu la Wii. Volevamo assolutamente arrivarci: milioni di persone la usavano. Ma secondo Nintendo era impossibile fare streaming con la Wii. Alla fine abbiamo trovato noi una soluzione, creando un disco ad hoc da inserire nella console”, ricorda Bill Holmes, a capo dello sviluppo business dell’azienda. “Arrivati all’epoca delle smart tv, il problema più grande è stato convincere i produttori a lavorare insieme. Molti temevano che avremmo cannibalizzato i loro contenuti. Abbiamo dovuto lavorare sull’approccio“.
Test nei laboratori (Foto: Gaia Berruto/Wired)
6. Non smettere mai di sperimentare
Qualche settimana fa il Daily Mail ha lanciato una notizia bomba: Netflix permetterà di personalizzare i finali delle serie tv. La realtà è un pochino più complessa, ma il tema esemplifica bene la filosofia dell’azienda, che mette la flessibilità davanti a tutto: “Il prossimo anno lanceremo un prodotto interattivo per bambini. È un esperimento: se funziona, vedremo come sfruttarlo. Altrimenti molleremo tutto e ci concentreremo su altro”, spiega il ceo, Reed Hastings. “I nostri veri obiettivi al momento sono tre: eliminare il buffering in un paio d’anni, personalizzare il più possibile l’esperienza e concentrarci sul mobile”.
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