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Veniva da Cuba, non se la passava bene sotto Batista e aveva visto il passaggio a Castro. Lasciata la terra natale negli anni ‘60, non vi è più tornato fino a pochissimi anni fa.
Lo identifichiamo genericamente con la voce di Ferruccio Amendola e con la maniera incredibile (davvero!) con la quale era in grado di recitare il ruolo romano, ma in realtà l’amore tra Milian e il cinema italiano nasce a teatro quando Mauro Bolognini lo vede recitare Cocteau e lo vuole per un suo film, La notte brava. Tomas Milian è talentuosissimo, plasmabile e nel cinema italiano in cui regna il doppiaggio essere straniero non è un problema. Viene messo sotto contratto da Cristaldi e almeno fino al ‘66 è di proprietà di quella casa di produzione per la quale girerà molto con Bolognini ma anche con Visconti (Boccaccio ‘70), con Lattuada, Carol Reed, Nanny Loy e Pier Paolo Pasolini (La Ricotta).
È il Milian sbarbato e magro, asciutto e con gli occhi tagliati, non sembra cubano a prima vista, è un attore avanti di qualche anno sui tempi.
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La cosa incredibile, considerato come dopo quest’attore passerà alla storia, è che la sua caratteristica più evidente era la leggerezza. Capace di trasmettere molto con poco, di essere lieve e di lavorare con un’economia di gesti ed espressioni ammirabile, Tomas Milian è l’opposto di molti attori (specie stranieri) dell’epoca; non esagera mai, è estremamente misurato. Forse anche per questo così plasmabile.
Milian di decennio in decennio ha incarnato la parte più memorabile del nostro cinema. Attivo nei film d’autore italiani di inizio anni ‘60 (di gran lunga il migliore e il più significativo da fare all’epoca), quando scade il contratto decide di mollare la Videa perché non amava come veniva doppiato e passa a quello che era diventato il nuovo genere italiano più importante e vivace, lo spaghetti western. Gira subito con Sergio Sollima La resa dei conti e poi proprio con Sollima ma anche con Fulci e soprattutto Petroni (suo il famosissimo Tepepa) diventa un caratterista che spesso è anche protagonista; faccia da messicano che può fare però tutto, attore internazionale radicatissimo in Italia. È perfetto, e dolcemente nei ‘70 scivola da un genere all’altro, passa dal western all’emergente poliziottesco.
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Negli spaghetti western prediligeva (ed era prediletto per) i ruoli rivoluzionari, i temi sociali, le grandi rivincite proletarie. Sempre truccatissimo la sua vocazione prende forma in maniera inequivocabile in Faccia a Faccia di Sollima e Banditi a Milano di Lizzani, uno spaghetti western e un poliziesco in cui recita con Gianmaria Volontè e che, anche per questo, hanno una marcata componente politica. Non era insomma un tipo per tutte le stagioni Milian.
Intanto, benché continui a lavorare con Dacia Maraini o Liliana Cavani, con Dennis Hopper (poi dice che aveva problemi di cocaina….) e Francesco Maselli ma anche con Antonioni (Identificazione di una donna) e Bertolucci (La Luna), benchè insomma rimanga un beniamino dei più grandi, diventa sempre più famoso grazie ai generi. Vamos a matar companeros o Milano Odia: La polizia non può sparare, Roma a mano armata e tutti i poliziotteschi che lentamente lo portano, di personaggio in personaggio, di gag in gag al 1976 in cui escono Squadra antiscippo e Il trucido e lo sbirro film in cui esordiscono Nico Giraldi e Il Monnezza, personaggi che nella conoscenza popolare si confondono e sono percepiti come uno solo ma in realtà sono diversi (Giraldi è poliziotto, Il Monnezza è un ladro gestore di ristorante).
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Nei ‘90, quando quel cinema italiano che così bene aveva interpretato è definitivamente tramontato, diventa comparsa d’eccezione in produzioni americane. È in Oltre ogni rischio di Abel Ferrara, Revenge di Tony Scott, Havana di Sidney Pollack, JFK di Oliver Stone, Amistad di Spielberg, Traffic di Soderbergh.
Per chi non abbia una cognizione chiara di Tomas Milian, chi non conosce molto oltre i film del Monnezza e di Nico Giraldi questi sono i ruoli più eloquenti, piccoli ma decisi, quasi chirurgici: compare, impressiona e scompare. Le sue caratteristiche più evidente, l’essere essenziale ed efficace, si esaltano nei piccoli ruoli.
Addio a un grande dai molti volti, ma sempre riconoscibile.
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