venerdì, Settembre 20, 2024

Colte, ricche e infelici, le donne di Big Little Lies

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Big Little Lies presta il fianco a innumerevoli critiche e Hbo deve esserne sempre stata consapevole. Tratta dal libro omonimo di Liane Moriarty e adattata in sette episodi dallo showrunner David E. Kelley che li ha anche scritti per la regia densa di Jean-Marc Vallée, la miniserie racconta di donne bianche e benestanti. Lo fa spesso con una frivolezza volutamente insopportabile, ponendo lo spettatore di fronte agli orrori patinati del privilegio, mettendo in scena l’ombra di quel che la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie descrive come femminismo lightuna parola perfetta per designare il sessismo benevolente – la fiducia nel maschio come salvatore, agente di affermazione materiale e psicologica – introiettato proprio da individui quali Madeline Martha Mackenzie (Reese Witherspoon), Renata Klein (Laura Dern), Celeste Wright (Nicole Kidman), Jane Chapman (Shailene Woodley) e Bonnie Carlson (Zoe Kravitz). Le protagoniste di una storia suggellata, nel suo episodio finale, dal sogno di un matriarcato possibile.

Big Little Lies racconta della prigione dorata di un paesino della California, Monterey, e del tentativo di ciascuna di ritagliarsi un posto al sole all’interno di una comunità claustrofobica, positiva solo nella sua immagine riflessa ma realmente pullulante di contraddizioni e invidie. È la solita storia, è vero: da Twin Peaks a Pretty Little Liars, da Top of the Lake fino alla recente 13, da Desperate Housewives (soprattutto) a Santa Clarita Diet ecco il dipinto di una cittadina scossa da segreti e delitti dove non tutto – anzi, niente – è quel che sembra.

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Infatti il mondo della miniserie Hbo è terrificante: Madeline vive nel ricordo di un amore finito e nell’incubo di aver rinunciato alla carriera; la brillante businesswoman Renata si trova improvvisamente alle prese con il bullismo ai danni della figlia, contro il quale si scopre del tutto impotente; Bonnie è intenta a conservare il suo status di diversa e radical chic (nera, vegana, socialmente impegnata, ambientalista). E fino a qui tutto bene se non fosse che gli altri due personaggi, Celeste Wright e Jane Chapman, proiettano lo show intero in una dimensione ben differente dalla rich woman dramedy à la Sex and the City.

Jane Chapman è stata stuprata circa sei anni prima rispetto a quando la conosciamo per la prima volta: è una ragazza alta, mascolina, enigmatica che in ogni aspetto – dagli abiti alla casa – stride con lo stile di vita di Monterey; dalla violenza perpetrata sul suo corpo è nato il figlio Ziggy con cui si è trasferita proprio per mettersi sulla tracce del padre che non ha neppure un nome. La sua vicenda è forte, il suo segreto finalmente confessato, apprendiamo, l’ha paralizzata in ogni ambito. E la sua vicenda si intreccia sempre di più a quella di Celeste Wright, cui tocca una sorte amara: è sposata con un uomo giovane, ricchissimo e bellissimo, Perry, che la picchia senza pietà in preda ad attacchi di ira ogni qualvolta sfugge, seppure blandamente, al suo controllo. Da lui ha due gemelli. Da lui si trova confinata in un ruolo che è stato scritto per lei: quello della moglie timida, affascinante, ritrosa e sognante e quello della madre glamour, devota alla famiglia e priva di sé.

Big Little Lies è una serie meravigliosa che ritroveremo nella maggior parte delle classifiche di fine anno. Si serve di stereotipi tutto sommato innocui per introdurvi un’umanità disturbante; lo fa restituendo, da un lato, i volti a una galleria di cornici vuote e dall’altro scoperchiando il calderone della violenza domestica e dei suoi effetti. Ed è quest’ultima la natura, vera e nascosta, dello show che non è per donne ma per tutti, per quanto – anche nelle semplici conversazioni sui social – ci si senta puntualmente dire che per un uomo sia difficile identificarsi con una storia così profondamente emotiva e uterina.

A chiunque pensi che Big Little Lies sia superficiale e destinato all’utenza femminile sfugge il punto. Quello di uno show la cui potenza è per molti versi ineffabile (perché le atmosfere non sono costruite solo dai copioni o dalle performance delle grandiose attrici ma anche dalla regia, dalla fotografia e dal montaggio) e il cui obiettivo era evidentemente confezionare un regalo dalla scatola sontuosa che contenesse un serpente a sonagli.

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