domenica, Settembre 8, 2024

Terremoto in Italia centrale, i cittadini dimenticati tra ritardi, dietrofront, progetti oscuri e mancate esenzioni

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La ricostruzione nelle zone del Centro Italia colpite dal sisma è ferma come la macchina burocratica che se ne dovrebbe occupare

Verrebbe da chiamarla la quiete dopo la tempesta, ma nella connotazione di quel termine – quiete – in questo caso non c’è proprio niente di positivo. È infatti l’assoluta inerzia che sembra avvolgere tutta la macchina burocratica del post terremoto nell’Italia centrale del 2016, alla faccia delle belle parole dei vertici istituzionali e dell’impegno profuso che aveva fatto ben sperare nei giorni seguenti la catastrofe. Troppe persone a decidere, e chi dovrebbe fare preferisce delegare. Questa in sintesi è la situazione nelle parole del vicesindaco di Arquata Michele Franchi, raggiunto al telefono.

Il sacro fuoco del padre Stato – come recentemente lo ha chiamato il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi –  si è ridotto a uno stoppino incenerito, tanto che adesso qualcuno inizia anche a cambiare le carte sul tavolo delle promesse: dal sognante “rifaremo tutto com’era e dov’era”, il commissario alla ricostruzione per il terremoto Vasco Errani ha fatto una repentina marcia indietro, spiegando che “non si può ragionare sul qui e ora, dobbiamo avere una visione chiara di dove vogliamo andare”.

Una visione chiara che probabilmente ancora non si ha, perché “nessun piano dettagliato è stato reso pubblico ai cittadini, a cominciare da quello per la rimozione delle macerie”, come ci fanno notare da Arquata futura, l’associazione creata per promuovere, attuare e sostenere le iniziative post terremoto. È chiaro, infatti, che prima di mettere in sicurezza gli edifici e ricostruire bisogna sgomberare l’area. E se sembra facile a dirlo, non lo è per niente a farlo. Almeno vedendo quello che è stato combinato finora.

Già dall’affidamento dell’attività da parte di Consip a Htr Bonifiche qualcuno aveva storto il naso, facendo notare il rinvio a giudizio della società nel caso dello smaltimento di fanghi e terreni nei cantieri dell’alta velocità in Toscana, dove l’azienda è accusata di aver falsificato i costi: ogni tonnellata a fatta pagare 80 euro anziché il prezzo pattuito di 66. Differenza che sarebbe andata in nero al committente Nodavia.

A pesare ulteriormente sulla società, la scelta di Htr di affidare gran parte del trasporto nell’occasione ai camion di Veca Sud, un’impresa casertana che, almeno secondo il pm Giulio Monferini, sarebbe al servizio dei Casalesi. Accuse che Htr ha respinto, dichiarando la propria estraneità agli illeciti imputati, come intende dimostrare di fronte al Tribunale di Firenze, con la prima udienza prevista a maggio. Per quanto riguarda le allusioni ai rapporti con la criminalità organizzata, Htr ha fatto notare che la Veca Sud era stata autorizzata da Italferr e godeva della certificazione antimafia.

È chiaro che il tesoretto della Terremoto Spa è noto per far gola alla criminalità organizzata e il pensiero vola lontano, ma anche considerando il passato di Htr pulito, i conti su quanto fatto in territorio marchigiano non tornano. Probabilmente perché sono semplicemente stati fatti male. A cominciare dall’individuazione dell’area di smaltimento che, nonostante le numerose cave abbandonate nel territorio di Arquata, è stata localizzata nell’Impianto Seipa, nella zona Laurentina di Roma: in pratica dai 7 chilometri previsti nell’appalto si è arrivati ai 180, con quella cifra di 64,87 euro per tonnellata proposta nella gara che probabilmente avrà subito un’impennata.

Una situazione assurda che per fortuna si è conclusa con la messa in funzione dell’area Unimer sulla Salaria, appunto a sette chilometri dalla frazione di Pescara del Tronto. Ma se l’area, che era inclusa nell’appalto, sembra mettere d’accordo tutti, poco si sa sui tempi e sulle tonnellate di smaltimento, anche perché non si tratta soltanto di semplici macerie, ma di differenti tipi di materiali che devono avere trattamenti diversi: da quelli di interesse archeologico di cui deve interessarsi il Mibact all’eventuale amianto presente.

Sgomberare il territorio dalle macerie è una necessità anche per liberare una via d’accesso verso il capoluogo, cosa che ancora non è stata fatta perché l’esercito, dopo un sopralluogo, avrebbe rinunciato. “Lo faranno i vigili del fuoco”, ci fa sapere il vicesindaco Michele Franchi. “Esercito o vigili del fuoco a noi non cambia, basta che qualcuno lo faccia”.

Cosa non piace molto ai cittadini, o meglio agli sfollati – perché molti di loro in questo momento si trovano ospitati in residence, hotel e strutture di accoglienza sulla riviera – è anche che le loro case abbandonate non potranno più godere della protezione dell’esercito all’ingresso delle frazioni, visto che il presidio sarà sostituito da nuclei della polizia e dei carabinieri, che gireranno a turno effettuando un “piano di sorveglianza dinamico”. Una situazione che potrebbe riproporre il vecchio problema degli sciacalli e dei furti nelle abitazioni abbandonate.

Oltre ai danni, anche qualche beffa all’orizzonte: nel consiglio comunale del 30 marzo, il sindaco di Arquata Aleandro Petrucci parlava di “formalità” per quanto riguardava l’esenzione di Imu e Tari da parte del ministero. Esenzione che in realtà sarebbe dovuta arrivare il 31 marzo ma che invece non è ancora arrivata. Si spera in un ritardo burocratico altrimenti saremmo di fronte a una situazione tragicomica, con abitanti costretti a pagare tasse su case distrutte.

Un’altra piccola beffa per il comune di Arquata, che emerge dal Consiglio comunale del 30 marzo, è la gestione rifiuti, con Piceno Ambiente che ha chiesto 106mila euro con un disavanzo di 96mila euro dovuto alla maggiore presenza sul luogo di forze pubbliche e di emergenza. Il sindaco ha fatto presente che chiederà alla Regione Marche e al commissarrio Errani di intervenire, in caso contrario utilizzerà i soldi delle donazioni. Soldi che si sperava avessero una destinazione ben diversa dalla gestione rifiuti.

In ambito europeo, una brutta notizia arriva invece dalla recente opposizione di alcuni paesi (Germania, Austria, Olanda, Finlandia, Svezia, Gran Bretagna) al finanziamento totale con i fondi europei delle spese di ricostruzione perché la decisione non sarebbe “in linea con la logica dell’attuale politica di coesione che vuole i progetti essere co-finanziati sia dall’Ue che con i fondi nazionali”. Il cofinanziamento verrebbe quindi portato al 90% per un totale di 180 milioni, a fronte di 23,5 miliardi di euro di danni da risanare. Venti milioni di risparmio: bruscolini per l’Europa, che invece da queste parti avrebbero fatto parecchio comodo.

Da parte dello Stato italiano, il padre di cui parla Pirozzi, le risorse invece sono state stanziate: 6,1 miliardi per la ricostruzione privata e 1 miliardo per quella pubblica. Peccato che difficilmente gli arzilli signori dei paesini vedranno di nuovo in piedi la propria abitazione, visto che di quei 6,1 milioni 100 saranno erogati nel 2017 e 200 all’anno dal 2018 al 2047. Meno dilazionati quelli per la ricostruzione pubblica, con 200 milioni previsti per il 2017, 300 per il 2018, 350 per il 2019 e 150 per il 2020.

A complicare lo scenario, sembra non esserci soltanto la lenta macchina delle istituzioni, ma anche la logica con cui vengono fatte le cose (leggi: assegnati i fondi). Il cratere allargato a 130 comuni non sembra tener conto infatti delle priorità dei diversi paesi, e come spesso accade in presenza dei contributi “piangono tutti” – fa notare il vicesindaco Michele Franchi – così si assiste a una dispersione che mette in secondo piano le esigenze di vita, non solo di ristrutturazione, di comuni distrutti e non semplicemente danneggiati. Perché di vita si tratta, come sottolinea anche il portavoce di Arquata futura, Italo Paolini visto che “se non ci sarà un pronto recupero delle attività economiche e delle scuole, il rischio è che quei paesi muoiano definitivamente”.

Nei territori terremotati l’orgoglio e la voglia di ricominciare stanno cedendo pian piano il passo alla frustrazione e alla sensazione di essere presi in giro, e se qualcuno non mette in mostra un eloquio pacato e forbito nell’esprimere le proprie rimostranze, dovrebbe essere compreso e non oscurato come è capitato di vedere durante la recente manifestazione di Roma.

Un sorriso arriva dalle casette arrivate a Pescara del Tronto grazie al Consorzio Stabile Arcale di Firenze, ma per la ripresa di tutti questi paesi ci vorrà molto di più. La data prevista per il completamento degli alloggi è ora agosto, qualche mese fa era maggio, prima ancora era dicembre. Le sensazioni non sono buone ma vogliamo aver fiducia nelle istituzioni”, concludono sia Franchi che Paolini. Una frase già sentita.

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