Questo articolo è stato pubblicato da questo sito
di Michele Facci, psicologo clinico e forense, autore di
Cyberbullismo: guida completa per genitori, ragazzi e insegnanti
Cyberbullismo, un fenomeno di cui si discute sempre maggiormente, anche alla luce dei recenti fatti di cronaca e dell’evoluzione dell’iter legislativo del disegno di legge approvato in Senato il 31 gennaio. Ma cos’è esattamente? Talvolta lo si confonde con il bullismo, o semplicemente con altri fenomeni come violenza, abuso, furti d’identità e via dicendo. In primo luogo è opportuno chiarire che per poter parlare di bullismo o cyberbullismo le azioni a danno della vittima devono essere perpetuate nel tempo: in altre parole, una singola scazzottata adolescenziale, non può essere definita bullismo. Proprio da questa caratteristica nasce il forte impatto psicologico per le vittime, che subiscono una vera e propria persecuzione.
Come raccontiamo in Cyberbullismo: guida completa per genitori, ragazzi e insegnanti (Reverdito, 2017) con Serena Valorzi e Mauro Berti, nel bullismo online ad aggravare il quadro sono altre due variabili: la pervasività e, talvolta, l’anonimato. Il persecutore può colpire la vittima anche quando si trova nella sicurezza delle proprie mura domestiche: Facebook, WhatasApp, Instagram, Snapchat e via dicendo, la vittima è costantemente esposta agli insulti, alle prese in giro, all’abuso delle sue fotografie. Il quadro si complica quando il persecutore si pone in modo anonimo. Da un lato la vittima ha la sensazione di non sentirsi mai al sicuro, dall’altro può pensare che nessuno potrà aiutarlo.
Il cyerbullismo è un fenomeno variegato che può includere comportamenti come creare profili falsi sui social network per offendere una vittima, escluderla dai gruppi virtuali (come il gruppo WhatsApp della classe), molestarla fino ad arrivare a veri e propri ricatti. Ricatti che, nei casi più gravi, possono risultare insostenibili per la vittima, che potrebbero quindi portarla a sviluppare anche ideazioni suicidarie. Agli onori della cronaca arrivano notizie che raccontano quanto sia frequente tra i giovani (e non solo) scambiarsi fotografie erotiche, ammiccanti, imbarazzanti, e quanto queste possono poi essere utilizzate come armi, come strumenti di ricatto.
La psicoterapeuta Serena Valorzi pone nel libro l’attenzione sui ruoli che si creano nella tragica dinamica che governa questo fenomeno: c’è una vittima e un persecutore, ma spesso c’è anche un salvatore. Il salvatore può diventare a sua volta un persecutore, e quello che era il persecutore può diventare una vittima. Si pensi per esempio a quei casi in cui il cyberbullo viene linciato dalla Rete per ciò che ha fatto. I ruoli sono sfumati e non sono sempre così semplici da definire: rompere il triangolo drammatico che si crea è l’obiettivo principale dell’intervento. Mauro Berti, della Polizia postale di Trento, analizza nel libro quanto il quadro giuridico sia importante, ma non sufficiente. L’educazione, la sensibilizzazione, la prevenzione o, come la chiama Berti, la “cultura digitale” è l’arma più importante che il mondo adulto ha per contrastare il cyberbullismo. Spesso i giovani non sono consapevoli delle implicazioni legali e psicologiche delle loro azioni, le vittime non sanno a chi chiedere aiuto e nemmeno gli adulti sanno sempre intervenire in modo adeguato.
Ecco allora alcuni consigli rapidi.
1. Siate accorti, ascoltate i vostri figli, osservateli, non limitatevi alle loro performance scolastiche. Talvolta siamo sempre di corsa, non ci prendiamo il tempo necessario per ascoltare i bisogni dei nostri figli o dei nostri partner e ci limitiamo a un rapido “Come è andata a scuola?”, preso atto che non ci sono state note o avvenimenti che richiedono il nostro intervento. Forse ci occupiamo poche volte di domandare ai nostri figli come stanno realmente, se stanno facendo qualcosa che piace o non piace, se hanno qualche bisogno, se sono sereni, se manca loro qualcosa. Cerchiamo di riprendere consapevolezza della nostra vita, non basta sopravvivere barcamenandosi tra i mille impegni. A volte è importante fermarsi, guardarsi negli occhi i figli e sintonizzarci con le loro emozioni. Se ci fosse un problema, lo noterete più facilmente.
2. Siate presenti: i giovani devono capire che possono contare sugli adulti per chiedere aiuto, non devono sentirsi soli. L’arte dei forti è quella di saper chiedere aiuto: mostratevi come un punto di riferimento per i vostri figli, ma educateli al senso della collaborazione, al valore della cooperazione, all’educazione condivisa. Non basta imporre regole, è necessario spiegarle e soprattutto essere d’esempio. Non possiamo pretendere che i nostri figli non utilizzino il cellulare mentre gli insegnanti parlano in classe, se a cena mentre ci raccontano qualcosa siamo noi stessi i primi a utilizzare lo smartphone per rispondere alle e-mail. Essere presenti significa stare nel “qui e ora”, sentire con i nostri figli il sole sulla pelle, giocare con loro a pallone, guardare un film con loro e poi ridere insieme. Condividere un hobby, una passione, un discorso, un po’ di tempo.
3. Siate informati: non serve saper utilizzare tutti gli strumenti tecnologici e tutti i social che utilizzano i giovani, ma non si può nemmeno restare all’oscuro delle dinamiche della rete che possono diventare vere e proprie trappole. Anche gli adulti possono cadere nelle trappole della rete, possono farsi ingannare da malintenzionati online, inviare immagini erotiche anche a sconosciuti. Non necessariamente occorre avere la patente di guida per poter imparare e comprendere l’importanza di doversi fermare a un semaforo rosso, non occorre nemmeno avere un’automobile per dover raccomandare ai figli di andare piano in motorino. Lo stesso vale per il mondo di internet. Non limitiamoci però a dare regole senza spiegarle: dobbiamo informarci, aggiornarci, non necessariamente utilizzare lo stesso linguaggio dei più giovani, ma almeno comprenderne i significati, i valori, le aspettative, i sogni.
Cosa cercano i ragazzi online? Il web può essere una cassa di risonanza per problemi esistenti, amplificando e distorcendo problematiche già di per sé gravi. Si pensi ad esempio all’anoressia: esistono centinaia di siti web cosiddetti “pro-ana” all’interno dei quali i pazienti anoressici trovano persone come loro con cui scambiare diete e consigli. In quell’ambiente si sentono capiti e accolti, si sentono parte di un gruppo. Per un genitore è indispensabile comprendere il significato psicologico di certe azioni: perché alcuni ragazzi passano quasi giornate intere davanti alle console? Cosa cercano? Di cosa hanno bisogno? Cosa non hanno nella realtà? Andate a qualche conferenza, leggete un libro, usate Google, informatevi.
4. Non criminalizzate internet: allontanare i giovani dalle tecnologie della comunicazione sarebbe un grande errore. Le potenzialità del web sono infinite, si tratta di favorirne un utilizzo consapevole. Da quando l’umanità ha avuto a disposizione il web sono cresciute esponenzialmente le possibilità di condividere la conoscenza scientifica, di favorire maggiore sviluppo culturale ed economico, per non parlare dei maggiori spazi per la democrazia e per la libera espressione individuale. È evidente che, a tali vantaggi, si sono associati degli svantaggi, come la diffusione di bufale o l’utilizzo del web per diffamare persone o aziende. Questo non è certo legato al mezzo in sé, ma all’utilizzo che se ne fa. Forse dovremmo iniziare a considerare internet non più come un mezzo, ma come un vero e proprio ambiente dove gli esseri umani vivono parte della loro vita.
5. Chiedete aiuto: insegnanti, psicologi, poliziotti e altri esperti sono sempre a disposizione. Non agite d’impulso, qualora vi trovaste in difficoltà prendetevi il tempo di chiedere aiuto: fate rete contro i pericoli della Rete. Immaginate di scoprire che sta girando un selfie erotico di vostra figlia sul gruppo di WhatsApp della classe. Magari proprio perché vostra figlia è oggetto di cyberbullismo e purtroppo si era fidata del suo primo fidanzato, cui ha affidato quello scatto come pegno d’amore. Come pensate di intervenire? L’impulsività di certo non vi aiuterà. Evitate di scrivere direttamente nel gruppo WhatsApp, evitate di sgridare vostra figlia per la sua imprudenza, evitate di litigare con gli altri genitori. In primo luogo, alleatevi tra mamma e papà, parlatene e trovate una linea comune. Fate capire a vostra figlia che avete scoperto la cosa e che ci siete, che ora potete aiutarla e che è possibile intervenire. Se il gruppo corrisponde a quello della classe, avvisate il Dirigente scolastico e andate immediatamente presso la Polizia delle Comunicazioni che vi aiuterà a limitare la diffusione dell’immagine e procederà ai sensi di Legge quando necessario, talvolta può trattarsi infatti di immagini considerate pedo-pornografiche, qualora mostrino nudità di minorenni.
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