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[Spoiler: per chi non ha visto il primo episodio. Che aspettate?]
Rifiuto, rabbia, negoziazione, depressione, accettazione: il lettore particolarmente affezionato a un romanzo spesso affronta l’adattamento come farebbe con una tragica perdita. In molti hanno attraversato le famose fasi dell’elaborazione del lutto quando si sono imbattuti in trasposizione infedeli televisive o letterarie di best seller di culto; dopo adattamenti più fortunati come quello del fantasy Il trono di spade o del distopico Hunger Games è la volta di American Gods, disorientante viaggio onirico tratto dall’omonimo romanzo di Neil Gaiman, dal 1° maggio su Amazon Prime.
Secondo noi, questa volta c’è poco da lamentarsi: la serie vanta il beneplacito e la supervisione dello stesso scrittore britannico, che ha contribuito alla ricerca dell’interprete perfetto per ogni personaggio. Bryan Fuller, showrunner di American Gods, ha seguito attentamente le indicazioni di Gaiman, resistendo alla tentazione di rielaborare radicalmente l’opera letteraria come aveva già fatto con i libri di Thomas Harris in Hannibal (tra l’altro l’omonimo serial killer cannibale e la sua nemesi Will Graham vantano una sola – tra le tante – rappresentazione fedele grazie al film Manhunter- Frammenti di un omicidio).
Shadow Moon
A proposito di Ricky Whittle, incarnazione del protagonista Shadow Moon, Gaiman ha dichiarato: “Il processo di estrarre un mondo dalle pagine di un libro è iniziato con la scelta di Ricky nei panni di Shadow.
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Trovo appropriato che un attore emigrato in America faccia parte di una storia che parla, fondamentalmente, di immigrazione.” Whittle, infatti, è britannico, e dopo la serie di fantascienza distopica The 100, American Gods è al suo primo ruolo da protagonista oltreoceano. L’importanza di azzeccare l’interprete giusto per Shadow era capitale per determinare il mood della serie, e un compito nient’affatto facile: sulla carta, l’ex galeotto è evidentemente di etnia mista. Sua madre potrebbe essere sia nativa americana sia di colore, mentre le origini del padre non sono determinanti (la spiegazione per questa definizione criptica implicherebbe un pesante spoiler, per cui lo omettiamo).
Nel romanzo Moon è un giovane uomo mulatto dal fisico possente; ha da poco superato i trent’anni (ma sembra più giovane) ed è alto, piazzato, con tratti che vengono presi di volta in volta per ispanici, africani, indiani e slavi). Silenzioso e ingenuo, ha la tendenza a lasciar credere agli altri di essere un po’ stupido, mentre è sveglio e ricettivo. Nei quattro episodi concessi in visione alla stampa, Whittle – che è per metà bianco e per metà caraibico e per il ruolo è arrivato a sfiorare il quintale – dimostra di racchiudere in sé perfettamente tutte queste caratteristiche, tanto da aver spinto Bryan Fuller a dichiarare: “Abbiamo cercato il nostro Moon per ogni continente e per ogni Paese, e fortunatamente ci siamo imbattuti in Whittle; i fan troveranno che possiede ogni frammento del cuore del personaggio di cui si sono innamorati”.
Mr. Wednesday
Figura affascinante di scaltro manipolatore, il motore della storia è la divinità norrena Odino, decisa a non cedere il passo ai nuovi, vacui Dei moderni. Mr. Wednesday è un burattinaio seducente e dalla parlantina suadente, dai capelli rossicci e dai pallidi occhi grigi; elegante gentiluomo, osservatore e paziente, carismatico e pacato, è un truffatore abile (ha più assi nella manica di quante stelle ci sono in cielo) e senza scrupoli, che ingaggia Shadow Moon per girare l’America in cerca della altre divinità antiche allo scopo di arruolarle contro i nuovi Dei. Ian McShane, attore britannico naturalizzato americano, icona del piccolo schermo per il ruolo del crudele proprietario di saloon Al Swearengen del cult Deadwood, con il suo aspetto che intimorisce e affascina alla stesso tempo, la presenza autoritaria e l’atteggiamento imperscrutabile, è un ottimo Mr. Wednesday. Inoltre, sul set ha instaurato un rapporto da mentore-allievo con Whittle (“He’s a good lad, Ricky” – “Ricky è un bravo ragazzo” sono i termini con cui ha descritto il collega, mentre Whittle ha ammesso di aver ricevuto da McShane tantissimi consigli professionali ed aver trascorso parecchio tempo nella sua roulotte a guardare partite di calcio) che si riflette sull’alchimia dei personaggi.
Laura Moon
Gli occhi azzurri, i capelli castani, Laura è la moglie di Shadow Moon, una giovane donna destinata a un fato assurdo. Nel romanzo ha una parte piuttosto piccola che nella serie Tv viene di molto espansa (un intero episodio è dedicato esclusivamente a lei, al suo passato e agli eventi che la portano a diventare uno zombie devotamente fedele al suo partner in vita, Shadow). Egoista, insoddisfatta e piuttosto sgradevole, riesce comunque a essere intrigante con il suo atteggiamento spigoloso ed egoista. Per interpretarla serviva un’attrice minuta e apparentemente fragile in grado di accollarsi un personaggio potenzialmente inviso al pubblico senza averne paura, cosa che all’australiana Emily Browning, notoriamente avversa ai personaggi di “mogliettina per bene”, riesce benissimo.
Mad Sweeney
Rappresentante della mitologia celtica, è un leprecauno (molto alto), con una barbetta rossa, la tendenza a ubriacarsi in continuazione e a cercare qualche incauto avversario con cui fare a botte. Ama il caos, è sboccato, fuori controllo e attaccabrighe. Come Shadow, ama i giochi di prestigio con le monete. Il suo incontro con Moon è fondamentale per gli eventi che lo legano a Laura. Nella serie è interpretato dall’attore canadese Pablo Schreiber, tra i pochissimi interpreti selezionati a non convincere al 100%, forse perché è subentrato al posto di Sean Harris, collega londinese di aspetto più adatto noto per ruoli di personaggi folli (come quelli di Micheletto Corella in I Borgia, Stephen Morton in Southcliffe o di Santino in Liberaci dal male) che sarebbe stato davvero perfetto per la parte.
Czernobog
Divinità slava dell’Oscurità, è rozzo, violento e… appassionato del gioco della dama. Nel romanzo il suo aspetto divino è quello di una creatura dal sorriso sinistro e occhi e capelli neri come la pece; quello umano è costituito da una faccia smunta su un corpo tozzo, capelli grigi, un’orrida dentatura giallastra, così come gialle sono le punta delle dita. Le sue mani ruvide stringono un martello con cui uccide le mucche (e medita di fare lo stesso con Shadow Moon). Sciatto, nostalgico, amareggiato e spietato, nella serie è incarnato dallo svedese Peter Stormare, interprete (che Ian McShane considera tra i migliori in circolazione) specializzato in ruolo controversi e di villain. Fisicamente non sarebbe la scelta ideale, ma il suo talento con i personaggi rozzi, negativi e mefistofelici ne fanno una scelta di casting appropriata.
Ragazzo tecnologico
Uno delle nuove divinità, il Ragazzo tecnologico incarna Internet. Nel romanzo è un teenager brufoloso e grassoccio, gli occhi dello stesso verde dei caratteri nei vecchi computer, e una personalità arrogante e insopportabile. Nella trasposizione è un ragazzetto magro e ipercinetico, strafottente e impasticcato. Il cambiamento è dovuto a una scelta logica dello stesso Gaiman che, avendo scritto American Gods ormai più di quindici anni fa, ha ritenuto opportuno dare una rinfrescata a un personaggio legato a un mezzo in velocissima evoluzione. Nei panni del Ragazzo tecnologico, Bruce Langley, giovanissimo inglese pallido e slanciato che riesce efficacemente a interpretare un personaggio inesperto e sfrontato consapevole del suo potere e della sua influenza crescenti.
Media
Nuova divinità, è la dea della televisione e, pertanto, potentissima, grazie alla capacità di incollare allo schermo milioni di americani e fare loro il lavaggio del cervello; è colei che si prende la briga di entrare in contatto con Shadow Moon nell’intento di arruolarlo tra le fila dei sostenitori delle nuove divinità. Come personificazione della Tv, si manifesta prendendo le sembianze delle figure più iconiche di questo medium: man mano, la vedremo apparire con l’aspetto di David Bowie, Marilyn Monroe, Diane della sitcom Cin Cin. Per la sua prima apparizione la sua inteprete, l’anglo-americana Gillian Anderson (la Scully di X-Files) si presenta come Lucille Ball nella sitcom classica degli Anni Cinquanta Lucy ed io, e lo fa esibendo una capacità di mimesi impressionante. Mutevole e ipnotica, è perfetta per il ruolo, tanto che Byan Fuller ha così commentato il suo trasformismo: “Ciò che ci ha stupiti di Gillian non è solamente il suo talento nell’imitazione, ma anche la sua propensione a trasformarsi per una parte. La sua dedizione nel portare in vita Marilyn Monroe ci ha sconvolto”.
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