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Avete mai l’impressione che al giorno d’oggi ci siano talmente tante serie tv da non riuscire a star dietro a tutte? È una sensazione comune in un momento in cui l’offerta si sta ampliando a dismisura e in cui anche la qualità si sta mediamente rivolgendo verso l’alto. Dunque la lista dei prodotti seriali su cui applicare il nostro binge watching si fa sempre più lunga ed è anche più facile che qualche titolo si perda per strada.
Succede spesso in particolare su Netflix, dove i nuovi arrivi si succedono a ritmo serrato e i titoli consigliati si limitano a suggerire serie tv simili a quelle che abbiamo già visto. Senza contare che, per ovvie ragioni, il marketing e la comunicazione anche sui giornale in generale si concentra su un numero ristretto di titoli forti. E tutte le altre serie?
Ad esempio da venerdì 26 maggio su Netflix arriva la terza e ultima stagione di Bloodline, produzione che ha debuttato nel 2015 addirittura alla Berlinale ma che da noi non ha mai avuto grandissima eco.
Eppure l’oscura storia della famiglia Rayburn, i cui segreti e le cui tragedie sono rivangate dal ritorno a casa della pecora nera della famiglia, il figlio maggior Danny (l’attore Ben Mendelsohn, che ha vinto un Emmy per questa parte) riescono a tenere incollati allo schermo con tensione e colpi di scena continui.
Ma quali altre serie vale la pena recuperare sulla piattaforma di streaming? Ecco qualche esempio.
1. Unbreakable Kimmy Schmidt
Altro arrivo fresco, dato che la terza stagione è partita lo scorso 19 maggio.
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Ritroviamo dunque la giovane e gioiosa Kimmy, ragazza rimasta fuori dal mondo essendo stata rapita da un santone e reclusa per 15 anni in un bunker sotterraneo. Alla soglia dei trent’anni deve reinventarsi una vita (ora andrà al college) ma soprattutto tornare al passo con un mondo sempre più incomprensibile ma anche spassoso.
La serie è creata da quel genio comico di Tina Fey (Mean Girls, 30 Rock) e a volte può risultare molto “americana” per il pubblico che non segue la cultura pop degli States. Ma personaggi comprimari come Titus Andromedon, l’irriverente coinquilino gay e di colore decisamente sopra le righe, e Jacqueline White, una ex trophy wife dai valori decisamente sballati, riescono a creare una commedia sempre esilarante e spesso anche profonda.
2. 3%
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Prima produzione brasiliana di Netflix, 3% è un thriller distopico in cui la maggior parte della popolazione mondiale vive in estrema povertà. Ma ogni anno a tutti i vent’anni è data la possibilità di superare una selezione e finire nell’Offshore, una specie di isola virtuale in cui godere di ogni agio e lusso. Ovviamente solo il 3% di loro riuscirà a ottenere il passaggio da una situazione all’altra.
La serie, prodotta con un stile vivido e a tratti insolito, è una potente riflessione sulle divisioni sociali e, come ogni buon prodotto di fantascienza, riesce a far riflettere sulle diseguaglianze che già caratterizzano il nostro mondo. Su Netflix sono disponibili tutti gli otto episodi della prima stagione, ma a dicembre 2016 è stato confermato che presto ne arriverà anche una seconda.
3. Chewing Gum
Questa co-produzione fra l’inglese Channel4 e Netflix, fece il suo prorompente debutto nel 2015 e abbiamo dovuto attendere fino a pochi mesi fa per ottenere la seconda stagione, ora in streaming. Tutto qui si regge sulle spalle sul genio comico ed espressivo della protagonista Michaela Coel (premio Bafta per questa interpretazione e fra le favorite per essere il prossimo Dottor Who); nella serie è Tracey, una giovane donna di colore cresciuta in una famiglia ultrareligiosa e in un quartiere popolare, che deve compensare tutto ciò con la sua verve frizzante e la sua venerazione per Beyoncé.
Nella prima stagione non c’è tema, dalla sessualità al razzismo, che Coel non affronti con franchezza e anche una buona dose di spregiudicatezza. Anche la seconda stagione riesce a far ridere pur mettendoci di fronte alle contraddizioni della nostra percezione culturale, sebbene con qualche assurdità di troppo.
4. Call The Midwife
Altra produzione inglese, questa volta della Bbc e distribuita nel mondo da Netflix, Call the Midwife si basa sull’autobiografia di Jennifer Worth, un’ostetrica realmente vissuta e operante nel secondo dopoguerra. Non una premessa esaltante, vero? Eppure questa serie riesce a coprire un periodo piuttosto lungo di tempo (la prima stagione nel 2012 era ambientata nel 1957, ora la sesta è arrivata alla metà degli anni Sessanta) e ad affrontare tutte le rivoluzioni culturali, sessuali e mediche che hanno interessato quel periodo, in particolare per quanto riguarda il corpo delle donne.
Pochi sono stati i temi che la serie non ha esplorato, passando dalla contraccezione all’incesto, dall’omosessualità (all’epoca illegale in Inghilterra) all’alcolismo, dalla disabilità alla mutilazione genitale e così via. A volte ci sono toni da dramma sentimentale, eppure l’effetto generale è di una convincente ricostruzione storica. Alla fine dello scorso anno la Bbc ha annunciato l’arrivo di altre tre stagioni, arrivando almeno fino al 2020.
5. Dirk Gently’s Holistic Detective Agency
Tratta dall’omonima saga letteraria di Douglas Adams, questa serie è il secondo tentativo (dopo uno meno riuscito del 2010) di portare sullo schermo la assurde vicende di un investigatore olistico (Samuel Barnett) che, essendo convinto che ogni cosa che accada nell’universo sia interconnessa, si lascia guidare nella risoluzione delle indagini semplicemente dal caso, senza uso di logica o deduzione.
Nella prima stagione, diffusa nell’autunno 2016, Dirk Gently coinvolge a suo malgrado il facchino Todd, interpretato da Elijah Wood (il Frodo del Signore degli Anelli) in una spirale di assurdità che coinvolgono lo scambio d’identità fra una ragazza rapita e un corgi, strani tizi rasati e un’assassina anche lei olistica (nel senso che uccide completamente a caso). Se le trame troppo incomprensibili non vi spaventano, questa è una serie da recuperare subito, prima della seconda stagione in arrivo nei prossimi mesi di quest’anno.
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