domenica, Ottobre 6, 2024

Ecco come saremo cittadini digitali grazie al Piano triennale della Pubblica amministrazione

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cittadinanza digitale

Sarà più comodo, più gratificante essere cittadini italiani: lo smartphone sarà porta sempre aperta su tutto il nostro rapporto con la pubblica amministrazione. Una porta che si apre nei due versi: per vedere informazioni che ci riguardano, pagare tasse e iscrizioni, ma anche per contribuire a risolvere problemi della città. C’è una visione innovativa, che potremo toccare già a fine anno, all’interno del primo Piano triennale per la spesa pubblica informatica. Scritto dall’Agenzia per l’Italia digitale con la collaborazione del Team Digital di Diego Piacentini – commissario all’Agenda digitale presso la presidenza del Consiglio – il piano è stato firmato ieri dal premier Paolo Gentiloni.

Non solo la visione: il piano è anche il primo manuale contenente le istruzioni d’uso per realizzarla. In un certo senso è anche il primo piano operativo e pratico con cui l’Italia pensa di trasformare sé stessa in chiave digitale. Infatti il piano di trasformazione digitale dell’Italia (la cosiddetta Agenda digitale 2020), ha la pubblica amministrazione digitale come fulcro.

L’idea alla base, che risale al governo Monti (2012), con il contributo di esperti come Stefano Quintarelli (presidente del comitato di indirizzo dell’Agenzia), Alfonso Fuggetta (docente del Politecnico di Milano) e di esperti come Luca De Biase (durante il Governo Letta), è che per cambiare l’Italia ci si poteva concentrare partendo dalla trasformazione digitale della Pa.

Una pubblica amministrazione innovativa con il digitale poteva fare l’effetto leva per spingere le aziende sullo stesso cammino.

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In due sensi: perché le costringeva a una interazione digitale (spegnendo le modalità tradizionali, com’è avvenuto con la fattura elettronica dei fornitori della Pa) e perché li abilitava a sviluppare servizi innovativi basati sui propri dati (è il modello open data). Disegno molto complesso, ambizioso, tanto che sono passati quasi cinque anni di tentativi poco riusciti (con l’unica eccezione, forse, della fattura elettronica). Mancava un piano organico, una struttura di governance, per riuscirci. Adesso abbiamo tutto questo, con il nuovo piano? Più o meno: diciamo che abbiamo l’impalcatura necessaria e ora bisogna mettere a posto alcuni dettagli.

Che cosa è Wired nel piano triennale
– Una visione innovativa aggiornata allo stato dell’arte di che cosa è un Paese digitale;
– Un primo manuale operativo per realizzare la visione.

Che cosa non è Wired nel piano triennale
– È arrivato con circa un anno di ritardo e ora dobbiamo correre. Davvero;
– Mancano i dettagli operativi per consentire alle Pa di adeguarsi alle istruzioni del piano. Soprattutto piccoli comuni e Asl hanno bisogno di supporto.

Ne abbiamo parlato con Stefano Piunno, responsabile del piano presso il Team Digital Piacentini, in una intervista a Wired.

Piunno, può dirci quali sono le cose più innovative che vedremo, come cittadini, grazie al piano? 

“Per cominciare, tanta comodità. Secondo la visione della cittadinannza digitale, i servizi della Pa saranno accessibili dallo smartphone entro fine anno. Svilupperemo un’ app mobile che dovrebbe fare due cose. Permette al cittadino di impostare preferenze, tra cui dove vuole ricevere informazioni, la lingua, il modo di pagamento dei servizi pubblici. Queste informazioni saranno messe a disposizione delle PA, per consentire loro di sviluppare servizi al cittadino”.

E la seconda cosa innovativa, nell’app?

“Raccoglierà informazioni dalle amministrazioni e manderà notifica sul cellulare del cittadino, su scadenza, multe, tasse da pagare. Diventa una forma di domicilio digitale, come previsto dal nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale. Infine, l’app offrirà una vista integrata dei certificati, pratiche, dal prossimo anno. Lo fa già il Fascicolo del Cittadino del Comune di Milano”.

Va bene, la comodità è apprezzabile, ma per quanto riguarda le innovazioni che portano valore in più a cittadini, aziende, che cosa ci aspetta?

“Questo è il tema su come cambierà la vita dei dati pubblici. Nel piano guidiamo le amministrazioni a rivoluzionare, con i valori dell’apertura e dell’interoperabilità, il proprio approccio ai dati che possiedono, su cittadini e sul territorio. Gli obiettivi sono molteplici: primo, permettere alle amministrazioni di condividere dati tra loro e quindi generare big data che possono analizzare e così conoscere meglio le esigenze dei cittadini, i problemi del territorio. Secondo, i dati in formato open – cosa che finora è avvenuta piuttosto poco – permettono ai cittadini di monitorare cosa funziona e cosa no nella propria città, nell’amministrazione pubblica. Terzo, i dati possono essere esposti all’esterno tramite Api (application program interface) così che le aziende possano svilupparci sopra servizi”.

Facciamo qualche esempio.

“Per esempio: un utente di Bergamo ha già potuto prendere, in formato open, i dati degli incidenti avvenuti nella sua città e, studiandoli, ha capito quali erano i punti più pericolosi. L’amministrazione l’ha ascoltato e è intervenuta per migliorare la sicurezza di un incrocio. Questo approccio collaborativo è già molto comune nel mondo dell’open source. Altro esempio: vediamo quanto sta per succedere alle banche. Le nuove regole europee stanno per obbligarle ad aprire l’accesso ai dati dei conti correnti, così che aziende possano svilupparci app. Per esempio per la gestione della contabilità per utenti o aziende. Allo stesso modo, possiamo immaginare Api pubbliche con l’accesso a dati anagrafici e di reddito di una persona. Assicurazioni vedere queste cose con un software e quindi fare una polizza più personalizzata. Già adesso chiedono queste informazioni, ma purtroppo gli utenti sono costretti a procurarsi documenti di certificazione, anche richiedendoli al proprio datore di lavoro”.

Secondo il piano, il primo catalogo delle Api sarà pubblico a gennaio 2018. A brevissimo, insomma. Vedremo. Ma come potrebbe cambiare la vita in Sanità, invece?

“Per esempio, un dentista privato potrà accedere via software ai miei dati presenti nel fascicolo sanitario elettronico (purtroppo ora disponibile solo in poche regioni) e così sapere a che cosa sono allergico”.

L’esempio del fascicolo sanitario è emblematico. La sfida è difficile, perché molte Regioni sono meno collaborative e i Comuni, Asl minori hanno tanto bisogno di supporto, come stanno commentando in queste ore. E su tutto riuscirci, il piano è piuttosto astratto.

“Concordo, serve collaborazione di tutti e il senso dell’urgenza. Non abbiamo mai detto che sarà facile. Sì, nel piano  non c’è tutto, mancano dettagli. Con l’Agenzia stiamo interagendo con le amministrazioni, costruendo gruppi di lavoro con le istruzioni presenti nel piano. A questo scopo è utile anche le sue modalità innovative di pubblicazione: per la prima volta è disponibile online aperto ai commenti, che contribuiranno alle sue successive release”.

E quando sarà più chiaro come realizzare il piano?

“Un livello di dettaglio ulteriore arriverà nei prossimi mesi. I tempi sono stretti: siamo d’accordo. Sapevamo che era ieri il momento migliore per piantare un albero, come si dice. Ma il successivo momento migliore è adesso”.

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