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Che il pesto vada realizzato esclusivamente con basilico ligure, dalle foglie piccole e privo di sentori di menta, è una verità indiscutibile. Il suo aroma unico è frutto della brezza marina, del clima, della dolcezza con cui il sole si arrampica sulle alture nel periodo ideale della raccolta, fra la primavera e l’estate. Ma ora che tutti questi parametri sono stati riprodotti nel sistema di coltivazione verticale firmato Planetfarm (Premio Innovazione Smau 2020), si guarda con interesse perfino a un pesto made in Brianza, località Cavenago.
Qui sorge appunto la vertical farm dell’azienda, dove dall’incontro fra il meglio della tecnologia mondiale e della tradizione agronomica italiana nascono prodotti sani, di qualità, ricchi di prinicipi nutritivi, a bassissimo impatto ambientale, disponibili in ogni periodo dell’anno. Il tutto in un ambiente chiuso, incontaminato, dove luce, acqua e sali minerali garantiscono alle piante la crescita ottimale, senza gli stress dovuti a intemperie, parassiti, microorganismi patogeni e tantomeno additivi chimici. Risultato: vegetali croccanti, che non è neppure necessario lavare (con un ulteriore risparmio d’acqua), pronti per il consumo. Alle insalate in busta si aggiunge adesso il pesto in versione con e senza aglio (purtroppo, qualcuno gli è ostile) – che naturalmente prevede anche Parmigiano Reggiano, Pecorino, poco sale, olio evo e pinoli italiani – in confezioni pensate per il riciclo della carta. Ed è subito sgomento, specie per chi ha i natali in Liguria, disdice i sughi pronti ed è un talebano del mortaio di marmo. Però poi si scopre che il tristellato Da Vittorio di Brusaporto, nel bergamasco, guidato dai celebri fratelli Cerea, sta per inaugurare una propria coltivazione verticale in partnership con Planetfarm. E che anche il giudizio degli chef sul pesto in questione dev’essere lusinghiero, se decidono addirittura di dedicargli una show cooking.