venerdì, Marzo 29, 2024

Russian Doll, la playlist eclettica e senza tempo

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In una delle serie più pazzesche di Netflix (Russian Doll), la protagonista della serie, Nadia Vulvokov, vive una sorta di giorno della marmotta e, come Bill Murray è intrappolata in un loop temporale. Nella prima stagione, tutto riparte di continuo dalla data del suo trentaseiesimo compleanno e dal bagno di design della sua amica, che ha organizzato un party per festeggiarla. «Questo è The Game e io sono Michael Douglas», dice Nadia. «Ci sarà soltanto questa festa… non cambierà mai più niente». Inizialmente crede di essere morta e resuscitata, ma finirà per pensare di essere andata completamente fuori di testa. 

Anche la musica, oltre ad accompagnare gli stati d’animo di Nadia, sottolinea perfettamente lo stallo e la ripetizione in cui si trova e lo fa con ritmi incalzanti, oscuri e ossessivi. «Ci siamo serviti della maggior parte delle canzoni per rafforzare attraverso i suoni il concetto dell’essere bloccati in un loop», spiega Brienne Rose, music supervisor. «È davvero divertente pensare alla musica come a qualcosa che abbia la capacità di raccontare e sottolineare in maniera sottile tutto ciò che sta accadendo».

E se Nadia si muove in questa sorta di dimensione fuori dal tempo, anche la colonna sonora non è da meno. Eclettica e transgender, affonda in epoche e stili diversi, gratificando le orecchie, ma senza dar loro modo di orientarsi. «Il tempo non esiste, perché lei continua a morire e ricominciare», continua la Rose, «Volevamo che la musica fosse del tutto complice di questa atemporalità». Nella seconda stagione, il viaggio nel tempo continua, ma più in chiave multiverso, con la protagonista che viaggia non solo dentro la propria storia, ma anche in quella di tutto il ramo femminile della sua famiglia (nonna, madre, bisnonna). Inutile dire, che anche la musica espande i propri confini. Qui di seguito, i brani chiave di entrambe le edizioni dello show, i migliori ma anche un assaggio a una selezione eccezionale, un gioiello nel gioiello che è Russian Doll nell’infinito catalogo di Netflix.

Gotta Get Up di Harry Nilsson

«Ci sono così tante contrapposizioni all’interno di questa canzone, i pianoforti e i fiati la rendono molto divertente», spiega Brienne Rose, la music supervisor. «Sembra un brano apparentemente felice, ma il testo in realtà parla di invecchiamento e di come le cose non siano più le stesse». Nilsson registra Gotta Get Up a Londra nel 1971: «Una città estremamente avanti per le tecnologie e il suono dei dischi», ha spiegato il produttore, Richard Perry, nelle note di copertina, «Da grande studioso dei dischi dei Beatles, il mio obiettivo era far suonare Nilsson il più possibile come loro. Sognavo di farlo diventare il Beatles americano».

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…And The Rain di John Maus 

«Maus ha queste atmosfere pop così cool, oscure e sintetiche perfette per enfatizzare la componente più macabra e notturna della serie», spiega la Rose. …And the Rain, brano dalla forte eco barocca, fa parte del terzo album di Maus, We Must Become the Pitiless Censors of Ourselves (2011), un titolo che cita il filosofo francese Alain Badiou, suo professore all’università.

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