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Le serie e i film italiani di Netflix erano i protagonisti, il valore aggiunto con cui conquistare il mercato italiano (perché se al cinema i film italiani sono disertati, in televisione continuano ad essere popolarissimi). Non è un caso che l’asse attorno a cui si snoda tutto questo grande palazzo, la grande scala centrale che consente di muoversi tra i 4 piani, modificata per richiamare tramite un corrimano rosso la N simbolo della società, abbia alla sua base un plastico dell’Isola delle Rose del film di Sydney Sibilia, produzione Netflix onerosissima. La prima ma non l’ultima delle citazioni italiane nel corso della visita. Il fiore all’occhiello È stata la mano di Dio è infatti più che presente, fresco di vittoria dei David e con sulle spalle premi Veneziani e la nomination all’Oscar come miglior film internazionale.
“Siamo vicini ai 5 milioni di abbonati” ha dichiarato Reed Hastings, megapresidente arrivato a sorpresa a fine presentazione. A Ottobre Netflix Italia contava 4 milioni di abbonati ora, “siamo vicini a raggiungere i 5” come ha ratificato Tinny Andreatta, vicepresidente per le serie italiane, strappata a Rai Fiction dopo 15 anni di onorata presidenza. Lei è il nome più grosso della serialità italiana, chiamata con il compito di allargare la base e portare dentro Netflix porzioni sempre più ampie del paese reale. La concentrazione sui dati, il loro calcolo e il loro utilizzo per migliorare il business è una delle caratteristiche che Netflix ha portato dal nord della California (la Silicon Valley per l’appunto) al centro dello stato (Hollywood) ma sugli abbonati sono vaghi. Hastings dice “quasi 5”, Tinny Andreatta “siamo vicini a raggiungere i 5”. Quanti sono non si sa (4,7? 4,8? 4,6???). La crescita però, dice sempre la Andreatta, “dall’autunno ad oggi è stata in doppia cifra”, di nuovo niente preciso e molto di vago, ma fosse anche del 10% in 7 mesi c’è effettivamente da essere contenti.