domenica, Settembre 8, 2024

Le misteriose morti degli oligarchi russi dall'inizio della guerra in Ucraina

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Il veleno di rospo dato dallo sciamano doveva curargli la dipendenza da alcol facendogli vomitare il male, e invece gli ha causato un infarto. Chiamare i soccorsi? Macché, siamo sciamani, è sufficiente un sedativo a base di erbe. E così Alexander Subbotin ha tirato le cuoia in un seminterrato a Mytishchi, a nord-est di Mosca. Membro del consiglio d’amministrazione di Ooo Trading House, filiale del gigante petrolifero russo Lukoil. Quello che fa notizia però, non è tanto la  bizzarra fine quanto il fatto che Subbotin è solo l’ultimo della lunga scia di sangue che sta investendo oligarchi russi legati a gas e petrolio dall’inizio della guerra in Ucraina.

I primi casi

A dir la verità, il precursore in questa triste parata è morto prima dell’invasione, il 30 gennaio. Top manager del gigante Gazprom, definita anche “il portafoglio di Putin”, il sessantenne Leonid Shulman è stato trovato con le vene dei polsi tagliate nel bagno del suo cottage a Leninsky vicino San Pietroburgo. Accanto a lui un biglietto che, secondo la polizia accorsa sul posto, spiegherebbe i motivi del suicidio. Su Shulman in autunno era stata aperta un’indagine interna a Gazprom per frode. 

Nemmeno un mese più tardi, nella stessa zona, è la volta di Alexander Tyulakov, 61enne ex dirigente di Gazprom anche lui, trovato impiccato nel suo appartamento. Anche stavolta, come riporta Novaya Gazeta, una nota accanto spiegava il motivo del gesto. Tyulakov ha il macabro primato di inaugurare l’ecatombe degli “oligarchi” (a dir la verità non tutti lo erano) durante la guerra in Ucraina, visto che muore il giorno dopo dell’invasione russa. Tre giorni dopo è la volta di Mikhail Watford, miliardario di origine ucraina. Morto impiccato anche lui, ma stavolta siamo nel Surrey, in Inghilterra, dove Watford si era da tempo trasferito. Il 66enne aveva fatto fortuna con petrolio e gas dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Venti giorni dopo l’ecatombe si trasforma in strage con le morti violente nel giro di 48 ore di Vladislav Avayev e Sergey Protosenya, che prima di compiere l’estremo gesto hanno pensato di far fuori anche le rispettive famiglie. Il primo, ex vicepresidente di Gazprombank, la grande banca russa legata al colosso energetico Gazprom, è stato ritrovato morto il 18 aprile nel suo appartamento di Mosca con la pistola ancora in mano. Accanto a lui giacevano i corpi della moglie e della figlia . Una fonte anonima parla di un atto di gelosia perché la moglie aveva un rapporto con l’autista, ma la testimonianza, non verificata, lascia il tempo che trova. La porta era chiusa dall’interno ma, nonostante le conclusioni della polizia, Igor Volobuev – ex vicepresidente di Gazprombank – ha detto alla Cnn di non credere al suicidio di Avayev: “Si occupava di private banking, cioè trattava con clienti vip. Era responsabile di ingenti somme di denaro. E ha deciso di suicidarsi? Non credo. Penso che sapesse qualcosa e che questo potesse rappresentare una sorta di rischio”.

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