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Trentasei anni di attesa per un sequel non si erano mai visti prima. Top Gun: Maverick resterà nella storia del cinema per questo motivo e, molto probabilmente, per (almeno) un paio di altri.
Intanto perché Top Gun, il film del 1986, ha “messo i paletti” per tutti i film d’azione che sono venuti dopo. Non c’è action movie dei decenni successivi che non abbia dovuto fare i conti con quel tipo di “archetipo”. Anche perché fu uno dei maggiori successi commerciali di sempre.
Un’altra ragione è che Tom Cruise di per sé è un caso unico. Una carriera la sua cominciata nei primissimi anni Ottanta e una filmografia che, per oltre un paio di decenni, lo ha visto alternare titoli d’azione con altri di genere difficilmente inquadrabili come Intervista col Vampiro, Collateral, Magnolia, e film di fantascienza.
E, nel mentre, il primo Mission Impossible, nel 1996, (tra l’altro il capitolo numero 7 arriverà diviso in due parti tra il 2023 e il 2024), con il quale è riuscito a trovare la formula magica per sfornare filmoni di inseguimenti, spionaggio e robe del genere in grado di funzionare regolarmente ogni volta, mentre la maggior parte di saghe simili arriva a un punto in cui si rimpiange il fatto che i creatori non si siano fermati prima.
Lo stesso vale per Top Gun: Maverick, in uscita il 27 maggio, e che che qualcuno ha definito il miglior action movie di sempre: un film che usa tutti i cliché dello storytelling del genere senza scadere nel deja-vu. Ti rendi conto che l’eterno ribelle non è una novità, che l’esaltazione dello spirito di squadra manco, che il ritorno riottoso e osteggiato dell’eroe l’abbiamo già visto e rivisto. Eppure funziona.
Il film si apre come ci si aspetta sulle piste di decollo di una portaerei. Maverick è stato richiamato per addestrare i migliori Top Gun per una missione super speciale e super pericolosa, tanto che si dà per scontato che qualcuno almeno non tornerà indietro. “Dovresti essere un ammiraglio e invece sei solo un capitano, come mai?” gli chiede l’ammiraglio Real (ovviamente è una domanda retorica). E Jon Hamm nel ruolo di Cyclone gli fa capire senza mezzi giri che se fosse stato per lui non gli avrebbe mai affidato quel compito.
La missione è quasi suicida: si tratta di volare dentro una valle strettissima per distruggere una base dove viene prodotto uranio arricchito (In quale Paese non viene mai specificato) a una quota così bassa che neppure una farfalla, quindi sganciare le bombe sull’obiettivo e, se possibile, uscirne vivi.