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Allora ci racconti come è nato Bob Basset.
“Nel 1989, io e mio fratello Oleg, figli di una famiglia di artigiani, decidemmo di fare qualche soldo insieme, ne avevamo proprio bisogno. Da allora sono riuscito a mettere in piedi il mio laboratorio e a creare il mio brand. Negli anni ho realizzato oggettistica per sexy shop e oggi siamo specializzati nella creazione di maschere di vario genere. Sono di tipo ‘organico’, direi, pezzi unici che, gradualmente, hanno aumentato la loro popolarità grazie all’interesse di alcuni nomi famosi”.
Nel suo lavoro emerge una giustapposizione fra natura e tecnologia: in quale rapporto convivono?
“La verità? Non sono così razionale quando lavoro. Cerco solo di fare ciò che faccio nel miglior modo possibile. Tento di mettere insieme le mie conoscenze, le mie abilità, tutte le mie esperienze per dare origine a qualcosa di unico, nuovo, mai visto prima. Con questo approccio, natura e tecnologia possono di certo coesistere, ma la mia priorità è, in assoluto, lavorare nel migliore dei modi”.
Si dice per voi sia fondamentale la provenienza del pellame, che deve essere di allevamento: può spiegare questa scelta?
“Se so che una pelle è di provenienza dubbia, non la voglio. Per esempio, non lavoro né lavorerò mai la pelliccia. Ritengo assurdo uccidere un animale per la sua pelliccia. Il pellame che utilizzo proviene da allevamenti in cui gli animali sono stati e sarebbero comunque abbattuti per uso alimentare. Tengo molto a questo aspetto”.
La definizione di artista steampunk le piace?
“Non particolarmente. Credo che definire steampunk quello che faccio sia riduttivo. In passato le nostre maschere sono state descritte così, ma, nel tempo, la mia arte si è evoluta. Oggi, la definirei ‘tecnoromaticismo’: è un’arte basata sulla capacità di prendere qualcosa dalla natura e dare vita a un’opera. Trovo questo processo davvero meraviglioso. Se il processo è meraviglioso, l’arte ne ha bisogno e se l’arte ne ha bisogno, il processo diventa meraviglioso. Beninteso, non parlo solo dei miei lavori, ma dell’arte in generale. In quest’ottica, steampunk è solo una parte del tecnoromanticismo”.
Crede che il suo essere ucraino abbia influenzato e influenzi quello che fa?
“Prima del 2014 non davo alcuna importanza alle mie origini: niente, nella mia arte, parlava di Ucraina. All’epoca volevo solo essere un artista del mondo. Dopo quell’anno, l’essere ucraino ha assunto un peso completamente diverso. La mia identità nazionale ha iniziato a farsi sentire sempre di più, anche se quello che faccio continua ad avere un carattere globale”.