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Olivetti e i Compassi d’oro: atto primo. Adriano Olivetti ha un abito con la giacca a tre bottoni – e pazienza se sono allacciati tutti e tre – e sorride, il braccio alzato che mostra il Compasso d’oro: questo gli è stato assegnato alla carriera, nel 1955, ed è felicemente meritato. Ma Olivetti, l’azienda, di Compassi d’oro ne ha collezionati parecchi: 16, ottenuti con invenzioni e prodotti tra il 1954 ed il 2001, dalla celebre macchina da scrivere Lettera 22 alla stampante Artjet 10. Podium 16. I Compassi d’Oro di Olivetti / Olivetti’s Compasso d’Oro Awards è la mostra allestita all’Adi Museum di Milano (fino all’11 settembre, catalogo Electa) che ne celebra la memoria: lo fa esponendo pezzi storici e facendoli parlare. Con un espediente teatrale, la messinscena di Sara Chiappori e Renato Gabrielli e le voci degli alunni della Scuola Paolo Grassi, macchine e oggetti da ufficio – fax e stampanti, ma anche scrivanie e cassettiere – sono protagoniste della narrazione del proprio passato.
«Mio padre mi portò a lavorare in fabbrica quando avevo 13 anni, nell’estate del 1914. Ho faticato molto, perché il lavoro di queste macchine non mi attraeva: non fissava la mia attenzione e la mente poteva vagare», raccontava Olivetti mentre guidava gli operatori della Rai in visita in azienda. «Ero in difficoltà: non capivo come si potesse stare delle ore alla stessa macchina, senza imprigionare lo spirito». Imprenditore, politico, editore, ingegnere: Adriano Olivetti ha disegnato il lavoro a misura d’uomo e fatto di Ivrea un polo d’attrazione per pensatori.
Per capire la relazione tra Olivetti e i Compassi d’oro bisogna fare un passo indietro. Tra la fine degli Anni Quaranta e gli anni Cinquanta Olivetti lancia dei prodotti che diventeranno oggetti di culto, per funzione, tecnologia e design: dopo la Lexicon 80 (1948) arriva la portatile Lettera 22 (1950), che viene regalata agli italiani più importanti, Papa compreso. Poi ci sono la calcolatrice Divisumma 24 (1956) ed Elea, il calcolatore elettronico disegnato da Ettore Sotssass jr (1959). Negli Anni Sessanta, il passaggio dagli strumenti per l’ufficio all’arredamento di quegli stessi uffici: Banfi, Belgiojoso, Peressuti e Rogers ideano Spazio, i mobili che iniziano a rivoluzionare gli ambienti dei colletti bianchi.