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La Corea del Nord non è più “impermeabile” alla pandemia, come l’aveva definita il suo leader Kim Jong-un, che adesso è costretto a riconoscere di trovarsi in un “grande sconvolgimento”. L’epidemia di “febbre maligna” (che per gli esperti internazionali non è che Covid-19 provocato dalla variante omicron del coronavirus, ma non ci sono i test per confermarlo) ha già fatto 56 morti e i contagiati sintomatici ammonterebbero a 1,5 milioni. Sono i numeri ufficiali, ma osservatori internazionali ritengono che possano essere molto, molto più alti, considerando anche il fatto che la popolazione (circa 26 milioni persone) non è vaccinata. Kim Jong-un sarebbe di fronte a un bivio: perseverare nel mito dell’autosufficienza rischiando migliaia di perdite umane oppure accettare gli aiuti internazionali che finora ha sempre rifiutato.
Corea del Nord isolata e impreparata
Negli ultimi due anni la Corea del Nord si era isolata ulteriormente dal resto del mondo per evitare il diffondersi di Sars-Cov-2 entro i suoi confini. Bisogna dire che – almeno per quanto si sappia – la strategia aveva finora funzionato abbastanza bene, anche se ha minato ulteriormente la sua economia, facendo scarseggiare il cibo, e ha anche compromesso l’approvvigionamento di medicinali e reagenti per i test diagnostici.
Da fine aprile, però, l’arrivo di omicron, di questa “febbre maligna dall’andamento esplosivo”, ha cambiato tutto. L’epidemia ha raggiunto dimensioni tali da non poter essere nascosta, con i numeri dei contagi che raddoppiano ogni due giorni e una curva epidemica che secondo Kee Park, esperto di salute globale e direttore del Korea Health Policy Project della Harvard Medical School, è ancora lontana dal picco. Cifre, comunque, che difficilmente rispecchiano la vera entità del fenomeno secondo gli esperti internazionali.
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No agli aiuti internazionali
Fino a questo momento la Corea del Nord ha rifiutato qualsiasi aiuto o supporto al contenimento della pandemia che provenissero dall’estero. Il leader nordcoreano in passato non ha accettato l’offerta di milioni di dosi di vaccini del programma Covax delle Nazioni Unite, forse per evitare il monitoraggio della distribuzione. Adesso ha predisposto un lockdown duro e esortato i suoi funzionari a studiare il modello cinese. Probabilmente queste azioni non basteranno, anche perché la Corea del Nord ha un sistema sanitario malconcio, al 193° posto nel mondo, e ha già faticato a combattere altre malattie infettive come la tubercolosi.
Con il montare di omicron nelle ultime settimane, oltre alle Nazioni Unite, anche la Cina e la Corea del Sud si sono dette disponibili a aiutare il vicino, ma a oggi non ci sono segnali di apertura: Kim Jong-un non avrebbe molta fiducia nei vaccini cinesi, mentre accettare la mano della Corea del Sud sarebbe come ricevere aiuto dal nemico Occidente e la sua leadership ne uscirebbe molto indebolita. D’altra parte accettare l’aiuto della Cina, magari senza pubblicizzarlo troppo, rafforzerebbe le relazioni tra i due paesi, mentre gli approvvigionamenti dalla Corea sarebbero molto più rapidi.
Quali aiuti?
Data la gravità della situazione, però, le organizzazioni umanitarie internazionali ritengono che Kim Jong-un presto opterà per ricevere supporto e si stanno organizzando per rispondere. C’è però discussione su quale tipo di supporto sarebbe più opportuno a questo punto. C’è chi sostiene l’invio di 60-70 milioni di dosi di vaccini e chi ritiene che ormai sia troppo tardi per un intervento di immunizzazione su ampia scala.
Secondo Jung Jae-hun, esperto di medicina preventiva alla Gachon University in Corea del Sud, i bisogni in questo momento sarebbero altri: farmaci (antipiretici e antivirali come paxlovid, che però deve essere assunto entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi), kit diagnostici rapidi, mascherine, più una fornitura limitata di vaccini per cercare di proteggere le categorie a rischio. “Combattere Covid-19 richiede un’abilità completa a livello nazionale, che comprende la capacità di testare, curare e vaccinare le persone con i vaccini”, ha dichiarato Jung all’Associated Press. “Il problema non può essere risolto se il mondo esterno aiuta solo con uno o due di questi elementi”.