sabato, Settembre 14, 2024

Borghi e Marinelli, l'amicizia che sfida le montagne

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È stato appena presentato al 75° Festival di Cannes Le otto montagne, film tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Cognetti che vede la (premiata, in tutti i sensi) coppia Luca Marinelli e Alessandro Borghi protagonista. Erano sette anni che i due attori non lavoravano insieme, dai tempi di quel Non essere cattivo che per loro è stato insieme scuola, culla di amicizia e trampolino di lancio. Vederli recitare è sempre un piacere, specie in una storia così incentrata sull’amore fraterno, su un’amicizia che supera le differenze culturali e caratteriali e diventa un legame indistruttibile, capace di resistere alle più elevate altitudini e alle più basse temperature.

Così i registi Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch: «Abbiamo scritto la trasposizione cinematografica del romanzo di Paolo direttamente dal nostro salotto, mentre fuori infuriava la pandemia e la nostra relazione conosceva una crisi profonda. Il cinema è stato il nostro modo per uscirne, specie quando abbiamo girato e imparato l’essere accolti dalla montagna e dal suo silenzio che facilita la meditazione».

È stato contattato prima Luca Marinelli, racconta Borghi scherzando («Non c’è niente da fare, Luca arriva sempre prima»), mentre lui ha dovuto sostenere un provino. E ne va fiero: «Sognavo da tanto di poter tornare a recitare con Luca. Molti miei colleghi non fanno più provini, perché non so’ boni e si mettono paura, io invece ho trovato il provino addirittura emozionante. Con Luca abbiamo pianto, riso, speravo non finisse mai. Quand’è finito mi sono detto: Anche non dovessero prendermi sono felice». L’hanno preso eccome, invece, e dopo una piccola indecisione su chi avrebbe interpretato chi, gli hanno affidato il ruolo di Bruno. Un montanaro fiero di esserlo, con tanto di perfetto accento valdostano, e deciso a non lasciare mai la “sua” montagna. «Lontano da tutto quello che conoscevo, la mia casa, la mia Roma, ho vissuto sporcandomi le mani felice di farlo, tra terra, latte di vacca, puzza di cacca delle mucche, mattoni e calce», commenta Borghi. Ha imparato la bellezza del fare anche Marinelli: «Ogni giorno dovevamo raggiungere la casa che vedete nel film, che si trova a 2300 metri. A volte nevicava, altre c’era brutto tempo, eravamo pronti a tutto». Sul rapporto con Borghi, dentro e fuori dal set, non può non citare con un tocco di evidente commozione la banda Caligari: «Ci lega un legame familiare dai tempi di Non essere cattivo, non abbiamo mai perso quell’amicizia e sette anni dopo ci siamo ritrovati insieme sul set. Questa storia è raccontata tutta attraverso il filtro della nostra vera amicizia».

Non è una trovata pubblicitaria: guardando il film si ha davvero impressione di condividere con loro le peripezie emotive di chi, come tanti, come tutti, deve capire quale sia il suo posto nel mondo. Se su una montagna isolato da tutti come Bruno, o in giro per il mondo fino in Nepal come Pietro. Per dirla con il film, il libro e un saggio nepalese, c’è chi sceglie di vivere su Sumeru, un monte altissimo, e chi sulle otto montagne che lo circondano, insieme ad altrettanti mari.

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