giovedì, Settembre 19, 2024

Il film con cui Jasmine Trinca debutta alla regia ha qualcosa di davvero particolare

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C’è un premio speciale al Festival di Cannes, di cui si parla sempre troppo poco. Si chiama Palm Dog Award, è la Palma destinata al cane che più si è distinto nelle opere presentate al Festival.

Ecco, se chi scrive facesse parte della giuria del suddetto premio non avrebbe dubbi: la Palm Dog andrebbe di diritto a Marcel, protagonista indiscusso di Marcel!, esordio alla regia dell’attrice Jasmine Trinca presentato al 75° Festival di Cannes e dal 1 giugno al cinema. È la storia di un’artista di strada perdutamente innamorata del suo cane e partner di scena, con cui condivide giornate visionarie e performance artistiche. Ma è anche, e soprattutto, la storia di una figlia che fa di tutto per essere “vista” da sua madre, una madre artista tra una Pina Bausch e un Marcel Marceau, che indovina il futuro lanciando monete e vive in un mondo tutto suo fatto di arte, dove tra l’ego e l’amore per il cane, lo spazio di cura per sua figlia sembra essere sempre più stretto. La scomparsa – non casuale – di Marcel sovvertirà le carte, portando madre e figlia a confrontarsi, in scena come nella vita.

A vent’anni dal suo battesimo cinematografico come attrice ne La stanza del figlio di Nanni Moretti, Jasmine Trinca firma un film profondamente suo, nello stile e nella narrazione, avendo fatto tesoro di quelli che descrive come «incontri, esempi e modelli preziosi». Di essi dice: «Sono stata diretta da registe per me importanti che sono anche attrici, così mi sono detta che mi sarebbe piaciuto provare anche io, guardare le cose da un’altra prospettiva e raccontarle agli altri». 

Il film è dedicato ai suoi genitori, la madre protagonista ricorda la sua. La racconta così Alba Rohrwacher: «È una madre fuori dagli schemi, capace di crudeltà e accoglienza. Un’artista sposata con l’arte, all’interno della quale ho trovato una libertà per scoprire territori sconosciuti e inconsueti». Non è facile vestire i panni della madre di chi dirige il film (oltre ad averlo scritto, con Francesca Manieri): «Quando mi ha chiesto di interpretarla ero emozionata, ma sentivo anche la grande responsabilità di avere tra le mani qualcosa di prezioso, da custodire nella maniera più dolce e giusta. Come fa un attore a sposare una cosa del genere? Dando tutto il suo cuore, e così ho fatto. Questo nostro “viaggio” rimarrà per sempre con me».

Con gli spettatori rimarranno invece alcune battute memorabili del film – una su tutte: «All’arte si deve la vita» -, l’esilarante cameo di Paola Cortellesi in versione televenditrice di anelli, l’ironia graffiante su Al Bano e Romina, Giovanna Ralli che balla El Tipitipitero al Museo di Anatomia Patologica, ma soprattutto il senso del magico che tinge di divino il tono tragicomico del film. Una storia di forti legami non convenzionali e di amori diversi, diversamente ricambiati.

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