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Non chiamatelo «figlio d’arte», perché Leo Gassman (giustamente), ne è un po’ stufo, e lo chiarisce subito: «È una connotazione semplicemente ridondante. Sono fiero della mia famiglia, onorato degli obbiettivi che ha raggiunto, ho un amore estremo nei confronti di mio padre (l’attore Alessandro, ndr) e mio nonno (Vittorio, ndr), ma faccio un percorso diverso, seppur parallelo». Sì, perché Leo Gassman alla recitazione ha preferito la musica: ha abbracciato la chitarra a sette anni, a nove ha superato le selezioni per il Conservatorio di Santa Cecilia e soprattutto il tempo ha dato merito al suo talento. 24 anni, cantautore con in tasca una vittoria a Festival di Sanremo 2020 nella categoria “Nuove Proposte” con il brano Vai bene così, poco dopo essere arrivato in semifinale a X Factor, ha già pronto il nuovo album. «È stata una scelta che la vita ha fatto per me. La musica – dice – sarà sempre la mia principale valvola di sfogo. Chissà che in futuro non capiti qualcosa con la recitazione. Per ora, comunque, fare ancora più cose non sarebbe stato possibile: nell’ultimo periodo ho lavorato al mio nuovo album, mi sono laureato (in Arte e Comunicazione, ndr) avendo la grande fortuna, che non tutti hanno, di studiare, e mi sono molto impegnato con l’associazione».
L’associazione è il Centro Nazionale contro il Bullismo – BulliStop, l’altro grande impegno di Leo Gassman che va di pari passo con la sua musica: ci è entrato, con suo padre, ai tempi del liceo, e continua a partecipare alle loro iniziative di sensibilizzazione e testimoniare con la sua arte (e non solo) che l’odio si può combattere con l’amore. Lo farà anche il 28 maggio, nell’ottava edizione della Giornata Nazionale Giovani contro il Bullismo all’Auditorium della Conciliazione a Roma, quando andrà in scena il musical BULLO MAN: uno spettacolo per tutte le età che racconta dello scontro tra due famiglie apparentemente opposte – gli Addams e i Buonisky – con tante sorprese, tra supereroi e follia, per divertirsi in modo intelligente parlando di un problema molto serio e per una causa molto seria. Con lo spettacolo il Centro Nazionale contro il Bullismo raccoglie fondi per sostenere le vittime: per stare al loro fianco supportandole psicologicamente e legalmente, e fare sensibilizzazione (i biglietti si comprano qui).
Leo Gassman qui ci racconta il motivo del suo impegno, l’importanza di supportare chi ha bisogno, ma anche chi – apparentemente – sembra volersela cavare da solo. Perché la vita – come ci ha detto – non è sempre una questione di scelte.
Qual è stato il motivo per cui hai scelto di impegnarti nella lotta al bullismo?
«All’ultimo anno di liceo ho conosciuto Giovanna Pini, presidente del Centro Nazionale contro il Bullismo, e mi ha voluto coinvolgere in questo bellissimo progetto. Da lì è partito il primo spettacolo all’Olimpico, e tanti incontri nelle scuole, e non ho più smesso perché bisogna fare la propria parte. Il bullismo è una piaga sociale che diventa sempre più grave. Con la pandemia si è acuito in particolare il fenomeno del cyberbullismo: alla fine dei nostri seminari mandiamo sempre un video con un elenco dei nomi delle vittime, e si sta allungando spaventosamente»
Tu lo hai vissuto direttamente?
«No, fortunatamente i bulli non mi hanno mai toccato in modo diretto. Io ho sempre fatto arti marziali, forse anche per questo nessuno mi ha infastidito, ma è capitato spesso di dover difendere persone in difficoltà. Perciò sì, anche se indirettamente io il bullismo l’ho vissuto e capisco molto bene cosa vuol dire».
Quanto è importante per una vittima avere qualcuno accanto?
«È fondamentale, e aiutare una persona che sta in difficoltà e darle amore è un dovere. Se manca amore nei nostri confronti rischiamo di diventare ciò che abbiamo subito: è lo stesso destino dei bulli, che sono persone che non hanno amore. Un bullo con il suo comportamento non fa altro che cercare di colmare una lacuna».
Cosa intendi?
«Il bullo ha conosciuto solo il male, non ha idea di cosa sia il bene, non ha avuto occasioni per emergere altrimenti. Le mancanze ci fanno diventare la peggiore immagine di noi stessi. Io lo compendo il bullo, mi metto nei suoi panni, anche se ovviamente non lo giustifico: intendo che capisco che se non hai avuto dei sani insegnamenti è difficile trovare una luce. Nessuno sceglie di diventare cattivo».
Recentemente hai soccorso una ragazza vittima di violenza e poi hai scritto su Instagram «non sono un eroe». Perché consideriamo eroi ed eroine le persone che aiutano le altre persone?
«Il mio gesto ha destato clamore perché sono un personaggio conosciuto, ma ho voluto specificare su Instagram – e senza interviste perché è una questione troppo personale per la ragazza che ha subito – perché non c’è stato proprio niente di eroico. Ho solo fatto quello che andava fatto e sono certo che molti altri avrebbero fatto lo stesso».
Perché le vittime fanno fatica a denunciare o comunque a reagire?
«La vittima subisce un trauma, talvolta prova un senso di colpa che si mette in moto come fosse un meccanismo di difesa, e non reagisce spesso anche perché non trova un supporto adatto. Nel caso della scuola si tratta dei professori, che sono la prima porta a cui un ragazzo dovrebbe poter bussare, ma capita che non siano all’altezza. Forse anche perché, nonostante svolgano uno dei ruoli più importanti nella crescita di una società e siano responsabili della formazione delle menti del futuro, in Italia non vengono valorizzati abbastanza».
Il supporto istituzionale, anzitutto psicologico, basta?
«No, e probabilmente continuerà ad essere così: il diritto alle cure è una delle cose su cui il governo dovrebbe investire di più. Così come quello all’istruzione: avere una mente critica rispetto a ciò che vediamo e ci viene detto è una grande forza. Un popolo istruito è un popolo libero: sarebbe meglio investire sulla scuola che sulle bombe».
Di cosa parlate in BULLO MAN?
«Lo spettacolo è una storia scritta dai ragazzi, vittime di bullismo ed ex bulli, ed è un’unione di varie storie conosciute o meno. Le protagoniste sono la famiglia Addams, di cui io interpreto il padre (Gomez, ndr), e la famiglia Buonisky: due storie con tanti stravolgimenti inattesi e una morale. Sarà molto divertente».