sabato, Settembre 14, 2024

Un circolo virtuoso – Come le startup europee possono colmare il distacco da Usa e Cina

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Nella premessa ho accennato alla “burocrazia che non ostacola” come un fattore favorevole allo sviluppo delle startup. Non ho intenzionalmente citato gli “incentivi pubblici” come fattore di successo della Silicon Valley. Anzi, uno dei pochissimi programmi semi-pubblici iniziato negli anni ’70 (SBIC, Small Business Investment Company) non ha sortito alcun effetto sull’evoluzione del sistema della Valley, appunto perché basato su metodi di valutazione del rischio tipici del settore bancario classico. 

Per quanto sia noto l’ostacolo della burocrazia e della difficoltà di fare imprenditoria in Italia, le agevolazioni per chi trasferisce la residenza in Italia in realtà esistono e stanno sortendo effetti visibili. E la cultura delle nuove aziende italiane innovative, pur restando legata a tutti gli aspetti della vita del nostro Paese, sta diventando sempre più globale grazie al fatto che è finalmente diventato più facile per un talento straniero venire da noi e lavorare, producendo innovazione e reddito. In diverse startup italiane l’inglese è diventata la lingua normalmente utilizzata. Questo porta a cambiamenti culturali interessanti: dalle cose più semplici come i meeting interni o la documentazione e le email in inglese, fino a dinamiche più complesse. La cultura delle nuove aziende italiane innovative, pur restando legata a tutti gli aspetti della vita del nostro Paese, sta diventando sempre più globale grazie al fatto che è finalmente diventato più facile per un talento straniero venire da noi e lavorare, producendo innovazione e reddito.

Il potere dell’effetto network del venture capital e della concentrazione dei poli accademici e di ricerca genera la creazione di nuove imprese all’interno di un cosiddetto distretto, un concetto antico e da sempre radicato nel tessuto imprenditoriale italiano. Le nuove idee in cerca di finanziamenti e talenti tendono a concentrarsi. Quando si tratta di cluster tecnologici, parliamo di distretti ampiamente specializzati in cui si muovono in egual misura non solo capitali, ma anche talenti e competenze, che quasi sempre sono legati al sistema universitario: attorno a poli di eccellenza in materie scientifiche ruotano cluster di innovazione che influiscono su tutto l’ecosistema. I più noti sono quelli che si sviluppano attorno alle università di Oxford e Cambridge in Gran Bretagna; negli Stati Uniti sono l’area nord est di Boston o quella attorno alla città di Austin, in Texas, oltre ovviamente alla Silicon Valley e a Seattle; in Italia siamo appena alla nascita di un cluster con caratteristiche internazionali intorno alla città di Milano. Questo non vuol dire che il mondo delle startup gravita esclusivamente attorno a un cluster specifico, ma lì si crea una massa critica.

 E poi c’è l’accelerazione del venture capital. Nonostante questo tipo di attività finanziaria segua scelte di investimenti che puntano al lungo periodo, basati su giudizi e su scelte autonome e fondate sulla ricerca e la comprensione – oppure sulla semplice intuizione – dei nuovi trend tecnologici e delle capacità dell’imprenditore (e finalmente, anche se ancora non abbastanza, dell’imprenditrice), nella stragrande maggioranza dei casi il venture capital ha un comportamento gregario: i fondi più grandi agiscono come punto di riferimento per i più piccoli, che seguono il flusso. 

Benjamin Graham, il maestro di Warren Buffett, e che nulla aveva a che fare con il venture capital, spiegava che i mercati azionari nel breve sono una “voting machine” (macchina che vota) e che nel lungo sono una “weighing machine” (macchina che pesa, che pondera). Forse la mia è un’analogia un po’ forzata, ma il mondo delle migliaia di fondi di VC si sta un po’ comportando in questo modo. Il che genera quelle valutazioni elevate, apparentemente irrazionali, ma che a loro volta attraggono nuovi investitori e influenzano la decisione di investimento, diventando una “voting machine”. Dico apparentemente irrazionali, ma di fatto sono molto razionali quando finanziano l’azienda giusta!

Anche se non è l’unico approccio e certamente ci sono diversi altri elementi in gioco, questo processo di emulazione inizia a intravedersi anche in Italia, che sta diventando più attrattiva per i fondi americani e non italiani in generale, e sta sollecitando il settore VC nazionale a seguire questa direzione di maggiore propensione al rischio. 

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