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Un vecchio ma sempre attuale slogan femminista ricorda che se fossero gli uomini a partorire l’aborto sarebbe un sacramento. Stessa cosa, a ben pensare, si potrebbe dire riguardo al ciclo mestruale. Per secoli le donne hanno dovuto affrontare il tabù delle mestruazioni, un pericoloso mix di ignoranza, superstizione e paura dell’ignoto che le ha condannate a vivere il ciclo mestruale come qualcosa di cui provare vergogna. Senza scomodare le filosofe e teoriche del femminismo – che hanno dato all’argomento ampio spazio – basta pensare a tutte le volte che abbiamo nascosto l’assorbente quando dovevamo andare in bagno a cambiarci, un pudore che ci è stato tramandato più o meno inconsciamente dalle nostre mamme e dalle nostre nonne.
Negli ultimi anni le cose sono cambiate anche grazie al lavoro di divulgatori, divulgatrici e attivistə che hanno fatto pressione affinché cadessero tutti i tabù legati al ciclo mestruale trovando una sponda nei brand che vendono prodotti igienico-sanitari. In Italia il dibattito intorno ai tabù legati al ciclo si è riacceso dopo che l’allora deputato del Partito democratico Giuseppe Civati propose un disegno di legge per l’abolizione della tampon tax. Proprio la grande indignazione scatenata da quella presa di posizione si da parte dei movimenti femministi – un uomo che si intestava una battaglia del genere fece alzare più di qualche sopracciglio – sia da parte delle opposizioni, ebbe però l’effetto di alzare l’attenzione sul tema dell’ingiusta tassazione sugli assorbenti che allora era al 22%, come quella dei beni considerati di lusso, e che oggi è scesa al 10% grazie al lavoro di attivistə e comitati.
Il Festival del ciclo mestruale
Grazie anche al dibattito nato attorno all’abolizione della tampon tax, l’Italia sarà il primo paese al mondo a ospitare un festival interamente dedicato alle mestruazioni. La prima edizione del Festival del ciclo mestruale si terrà a Milano il dal 17 al 19 giugno e sarà una tre giorni di incontri, workshop ed eventi dedicati al ciclo e al contrasto al tabù delle mestruazioni. Il programma è molto ricco: dalla tampon tax all’endometriosi, patologia che affligge migliaia di donne e che è ancora molto difficile da diagnosticare a causa proprio di uno dei tabù più duri a morire legati al ciclo, quello secondo cui è normale normale provare dolore. Su questo si è da poco espresso il governo spagnolo: Irene Montero, 34 anni, ministra per le Pari opportunità è artefice della prima legge sul congedo mestruale, che prevede un congedo retribuito di tre giorni per chiunque abbia un ciclo invalidante. Sembra che altri paesi, incluso il nostro, vogliano prendere esempio dall’iniziativa del governo di Madrid e in questo quadro di nuove consapevolezze, eventi come il Festival del ciclo mestruale rappresentano uno strumento importante per facilitare la vita delle donne, che ancora oggi si trovano spesso a districarsi nel mare magnum delle informazioni, spesso contradditorie, che si leggono online.
Il Festival nasce dalla sinergia delle autrici di Eva in rosso, primo podcast italiano interamente dedicato al ciclo mestruale, le associazioni Errante e Promise in collaborazione con lo studio di grafica e digital design Studio but maybe. “Lo abbiamo organizzato per inaugurare una nuova narrazione del ciclo mestruale – si legge su una delle pagine dell’evento – perché ancora oggi il ciclo è visto come un tabù invece di essere riconosciuto come tema fondamentale per la salute e la parità di genere”. L’evento è stato finanziato con una campagna di raccolta fondi da Produzioni dal Basso che sarà attivo fino al 15 giugno dando la possibilità, a chi vorrà contribuire, di devolvere parte del ricavato per l’acquisto di assorbenti da inviare in Ucraina.
Emergenza di guerra
Nonostante tutto però, non sono mancate le voci critiche: il sito del giornalista e conduttore Nicola Porro ospita un intervento firmato da Bianca Leonardi proprio sul Festival del ciclo in cui l’editorialista si scaglia contro la manifestazione definendola “di un trash imbarazzante”. Leonardi condanna in particolare “l’utilità di sbandierare le vite private, le faccende intime e le proprie personali esperienze”, una pratica che ha le sue radici nei collettivi femministi della seconda ondata, che sulla condivisione delle esperienze personali basava parte del proprio pensiero politico secondo il principio per cui “il personale è politico”.