domenica, Marzo 26, 2023

Cosa c'è da sapere sul referendum sulla giustizia del 12 giugno

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Il quesito chiede di eliminare la custodia preventiva per i delitti puniti con un massimo di 5 anni di carcerazione o 4 in caso di arresti domiciliari. Tuttavia, come sottolineato dall’ex magistrato Domenico Gallo su Micro Mega, se approvato, il referendum andrebbe a eliminare “non solo la custodia in carcere e gli arresti domiciliari, ma anche l’allontanamento dalla casa familiare (nel caso del coniuge violento), il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (nel caso di atti persecutori), così come non sarebbero più possibili le misure interdittive, come il divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprenditoriali (nel caso delle società finanziarie che truffano gli investitori)”. Una situazione che potrebbe aggravare la violenza di genere e i reati d’odio, per i quali l’Italia non ha ancora una legislazione sufficientemente adatta.

Il quesito per la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri

Il terzo interviene sulla separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri. Il ruolo dei primi è appunto esprimere un giudizio sui casi, mentre il ruolo dei secondi è di promuovere l’azione penale contro gli imputati. Attualmente, il passaggio tra i due ruoli è limitato a un massimo di quattro volte con alcune regole, tra cui l’impossibilità di svolgere entrambe le funzioni all’interno dello stesso distretto giudiziario. Tuttavia, se la riforma presentata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia dovesse venire approvata, il numero di passaggi possibili scenderebbe a uno.

Il quesito, invece, chiede che venga eliminata completamente la possibilità per i magistrati di cambiare carriera da giudice a pubblico ministero e viceversa, imponendo quindi di dover scegliere in maniera definitiva a inizio carriera se diventare giudice oppure pubblico ministero.

Il quesito sulla valutazione dei magistrati

Il quarto vuole intervenire sulla valutazione dei magistrati effettuata dalla Corte di cassazione e dai Consigli giudiziari. Ogni quattro anni i magistrati sono valutati da un consiglio disciplinare, composto da altri magistrati, cioè giudici e pubblici ministeri, da avvocati e professori universitari di materie giuridiche. Mentre tutti i membri del consiglio collaborano alla formulazione del giudizio, il voto sulla valutazione finale spetta solo ai magistrati. 

Il quesito vuole quindi estendere il potere di voto sulla valutazione dei magistrati anche agli avvocati e ai professori universitari. Su L’Espresso Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, osserva che questo potrebbe “sollecitare sentimenti di competizione tra avvocati e magistrati, che rischierebbero di condizionare le votazioni. Senza contare che, se avesse diritto di voto, la presenza di un avvocato membro del consiglio disciplinare durante un processo potrebbe condizionare fortemente la funzione del giudice che si trova di fronte.

Il quesito sulle firme per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura

Il quinto vuole abolire l’obbligo di raccolta firme per i magistrati intenzionati a candidarsi al Consiglio superiore della magistratura. Il Csm è composto da 27 membri, di cui 3 di diritto – cioè non eletti, che sono il presidente della Repubblica più il presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione – e gli altri eletti. Il suo ruolo è governare la magistratura, valutando e gestendo in maniera autonoma le azioni di giudici e pubblici ministeri. Tra i suoi compiti c’è anche la gestione dei concorsi, gli avanzamenti di carriera, gli spostamenti e le sanzioni disciplinari.

Esclusi i tre membri di diritto, gli altri 25 vengono eletti per due terzi dai magistrati e per un terzo dal Parlamento. Per diventare membro del Csm, un candidato o una candidata deve ottenere le firme di almeno 25 magistrati che svolgono un ruolo di supporto alla candidatura. Il quesito propone quindi di eliminare la raccolta firme, per permettere al candidato o alla candidata di presentare liberamente una candidatura, senza la necessità di un appoggio. Secondo i promotori questo eviterebbe voti politicizzati all’interno del Csm.

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