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Basta avvicinarsi ai tavoli per essere allontanati con gesti infastiditi dai giocatori, per i quali ogni minima distrazione può essere fatale; o per essere ammoniti dai giudici che sorvegliano sul regolare scorrimento di ogni duello, e che sono pronti a tutelare la sacralità del momento. Così bisogna accontentarsi del colpo d’occhio: la folla del sabato, quando si sono svolte le qualificazioni, e la partecipazione meno affollata ma sicuramente più tesa della domenica, quando ci sono in ballo le finali e, quindi, l’agognata possibilità di un posto ai mondiali di Londra.
Due elementi spiccano subito. Da un lato, la coinvolta partecipazione dei junior, i giocatori più giovani, tra i 6 e i 12 anni; sono qui per divertirsi, accompagnati dai genitori, e rappresentano il futuro della scena competitiva e del marchio Pokémon. Dall’altro, la bassa, bassissima partecipazione femminile di aspiranti campionesse iscritte al campionato.
Una di queste è Benedetta, 17 anni, che si è appena scontrata con Tord Reklev, il 27enne norvegese nella Top 4 dei campioni del mondo. “Ho iniziato a collezionare carte Pokémon perché le aveva mio cugino” racconta Benedetta “poi ho iniziato a giocare anche io, e questo di oggi è il mio secondo torneo dopo il Covid. Non so se o perché il numero di ragazze sia basso, ma posso dire che per me partecipare a questi eventi è un modo per essere parte della community, per conoscere persone che condividono i miei interessi, scoprire individui, culture e modi di giocare nuovi e diversi”.