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Cinque anni. Questo è il tempo che Sheryl Sandberg pensava di trascorrere a Facebook, ora Meta, quando nel 2008 assunse il ruolo di chief operating officer (Coo) e braccio destro di Mark Zuckerberg. Un tempo sufficiente per calibrare la cultura spavalda dell’azienda, rendendola sostenibile, costruire un business pubblicitario di grande successo, ma anche per affermarsi come punto di riferimento internazionale per le donne in posizioni apicali. Dopodiché avrebbe lasciato l’azienda, magari per candidarsi alle elezioni o dirigere un colosso come Disney.
Sandberg ha però annunciato la sue dimissioni il 3 giugno, a quattordici anni di distanza dal suo arrivo. Per un’ambiziosa superstar aziendale come Sandberg, quattordici anni in una posizione – che non sia quella di vertice – sono un’eternità. La maggior parte degli osservatori pensava che avrebbe lasciato Meta molto prima, a causa del crollo della reputazione dell’azienda in seguito agli incessanti scandali sulla privacy e sulla gestione dei contenuti, o semplicemente perché stanca di doverla difendere in continuazione. Invece, Sandberg è rimasta così a lungo da fare in tempo a vedere cambiare anche il nome della società.
Con l’elegante prosa e le 1.529 parole del post d’addio con cui ha comunicato la sua decisione – più adatto a un saggio su Medium ma pubblicato fedelmente su Facebook – Sandberg ha ringraziato profusamente i suoi colleghi e ha evidenziato tutte le cose positive che la società ha fatto per gli utenti e i proprietari di piccole imprese, arrivando a citare anche una donna polacca che vende animali di peluche sulla piattaforma. Come ogni altra sua comunicazione pubblica, anche il post di addio è stato curato nei minimi dettagli, al punto che quasi non si direbbe che l’azienda al centro del messaggio è tra le più criticate al mondo. Ma l’aspetto più critico legato alla notizia non è stata la lettera di Sandberg, quanto il successivo post di Zuckerberg.
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L’accordo con Zuckerberg
Il mandato di Sandberg a Facebook/Meta era destinato a essere oscurato dall’accordo stipulato con Zuckerberg al momento del suo ingresso in azienda. Pur riferendo a Zuckerberg, l’allora ventitreenne amministratore delegato della società ha concesso a Sandberg grandissima autonomia in diversi settori dell’azienda, ambiti non legati ai prodotti per i quali nutriva meno interesse. Lasciare che Sandberg si occupasse della vendita degli annunci pubblicitari era una mossa sensata. L’accordo con Zuckerberg prevedeva però che la coo si occupasse anche di comunicazione, attività di lobbying, norme e altre aree non ingegneristiche. A un certo punto, il responsabile della sicurezza di Facebook riferiva al responsabile degli affari legali, che a sua volta riferiva a Sandberg. Quando dopo le elezioni statunitensi del 2016 la situazione è precipitata, ci è voluto diverso tempo prima che i problemi nel mondo di Sandberg raggiungessero Zuckerberg. Le conseguenze sono state disastrose. Zuckerberg mi ha poi raccontato che non considerava l’accordo come un errore, ma come una necessità: “Sarebbe stato impossibile, non avendo esperienza in tutti questi settori, interiorizzare tutte le cose che avrebbe potuto comportare la gestione di un’azienda“, mi ha spiegato.
Nel suo post Zuckerberg ha espresso gratitudine e si è speso in elogi per il suo coo uscente. Ma mentre il messaggio di Sandberg dipingeva il suo mandato nei toni più rosei che si possano immaginare, la dichiarazione di Zuckerberg ha rappresentato una gigantesca correzione di rotta aziendale. L’amministratore delegato ha scritto che la partenza di Sandberg ha segnato la fine di un’epoca, annunciando poi cambiamenti nell’organizzazione di Meta pensati per garantire che un’epoca simile non si ripeta mai più. Il successore di Sandberg, Javier Olivan, assumerà “il ruolo di coo in modo più tradizionale“, ha aggiunto. Olivan, che si è fatto le ossa occupandosi della rapida crescita dell’azienda, non gestirà da solo intere sezioni di Meta come fece inizialmente Sheryl.
Cosa succede a Meta
Alcune di queste trasformazioni erano già state messe in moto. Il primo grande cambiamento è avvenuto l’anno scorso, quando Zuckerberg ha affidato la responsabilità delle politiche e delle comunicazioni al vicepresidente Nick Clegg, che in precedenza riferiva a Sandberg. Anche il responsabile legale, Jennifer Newstead, ha iniziato a riportare direttamente a Zuckerberg. Con le dimissioni di Sandberg – e nonostante gli elogi – Zuckerberg ha però smantellato l’organizzazione che l’ex coo aveva creato, assumendone più direttamente il controllo. Anche il responsabile delle risorse umane, Lori Goler, farà capo a lui, così come Maxine Williams, responsabile della diversità.