venerdì, Settembre 20, 2024

Si è aperta la discussione sui vaccini contro il vaiolo delle scimmie

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Vaccinare o non vaccinare, e se sì, chi e quando? Questi grossomodo i termini del dibattito fra gli Stati su come affrontare la diffusione del  vaiolo delle scimmie. La malattia, causata dal Monkeypox virus e storicamente rimasta quasi sempre confinata all’Africa occidentale e centrale, vede ora un crescendo di casi anche nel resto del mondo. La preoccupazione è quella che questa malattia possa causare una nuova pandemia, anche se l’Oms si è già pronunciata a riguardo, dicendo che il rischio che questo avvenga è molto basso, dato che il virus non si diffonde così facilmente come il Sars-Cov-2. 

Vaccini e terapie già esistenti

I vaccini attualmente disponibili in commercio e somministrabili per il vaiolo delle scimmie sono due, l’Imvanex dell’azienda farmaceutica danese Bavarian Nordic (o Mva-Bn) e l’Acam200 della multinazionale francese Sanofi Pasteru Biologics Co ed Emergent BioSolutions. Il primo è stato approvato nel 2019 dalla Food and Drug Administration come unico specifico per il vaiolo delle scimmie, deve essere somministrato entro quattro giorni dall’esposizione al virus per una copertura ideale ma è raccomandato fino a 14 giorni, e ha uno spettro di effetti collaterali minimo. Si tratta infatti di un vaccino vivo ma non replicante con un’efficacia sull’essere umano pari all’85 per cento. L’Acam200, invece, è il tradizionale vaccino contro il vaiolo, quello che – per intenderci – lascia la classica cicatrice ad anello. La sua somministrazione è stata abolita nel 1981, quando il vaiolo è stato dichiarato una malattia ufficialmente eradicata. La prima nella storia. In questo caso, data la somiglianza del virus del vaiolo classico a quello delle scimmie, questo vaccino è stato dichiarato adeguato anche per quest’ultimo. Oltre ai vaccini, comunque, esiste un farmaco antivirale specifico approvato nel 2022 che nei test clinici ha dimostrato una buona efficacia.

Le diverse strategie 

Considerando la bassa contagiosità del virus rispetto, ad esempio, a Sars-Cov-2, e la sua mortalità (che si assesta intorno all’1%, mentre la maggior parte dei malati guarisce entro due-quattro settimane) gli esperti si aspettavano di poter contenere i contagi tramite il tracciamento accurato dei contatti. Sebbene il primo caso in Europa, registrato in UK a inizio maggio, provenisse da un contatto diretto dall’Africa, alcuni focolai nati in seguito hanno un’origine dubbia, e hanno innescato un dibattito sulla necessità di adottare misure più stringenti. Attualmente i casi in Europa sono quasi settecento, e in Italia siamo intorno ai 20, 19 dei quali con una storia di viaggi in aree dove sono state individuate catene di contagio. 

Per quel che riguarda i vaccini, la buona notizia è che nonostante il vaiolo fosse dichiarato eradicato, molte case farmaceutiche di tutto il mondo hanno continuato a mantenere la produzione attiva per mettersi al riparo da eventuali minacce biologiche o per proteggere coloro che viaggiavano nelle zone in cui la malattia è ancora endemica. Le dosi, comunque, avverte l’Oms, attualmente non basterebbero per tutta la popolazione con età inferiore ai 50 anni.

Gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Canada e molti altri Paesi hanno già iniziato a somministrare il vaccino tradizionale (l’Acam200), offrendolo ai contatti dei casi di vaiolo identificati, compresi gli operatori sanitari e i partner sessuali. L’incisività di questo approccio, comunque, dipende da un lato dalla reale efficacia del vaccino, e dall’altro dall’abilità nel tracciare tempestivamente i contagi. Finora, dichiara l’Oms, la maggior parte dei casi segnalati è emersa da servizi di salute sessuale o altri servizi in strutture sanitarie e ha coinvolto principalmente, ma non esclusivamente, uomini che hanno rapporti sessuali con uomini. Gli esperti avvertono che aver rilevato aver rilevato i casi in questo gruppo sociale potrebbe essere stato accidentale e chiunque potrebbe essere a rischio al di là del proprio orientamento sessuale

Per quel che riguarda il vaccino Mva-Nb – considerato la strategia migliore dato il suo profilo di sicurezza maggiore – Canada e Stati Uniti ne hanno già autorizzato l’uso contro il vaiolo delle scimmie e Bavarian Nordic è attualmente in trattativa con l’Agenzia europea per i medicinali (Ema). La speranza è quella di avere l’approvazione entro uno o due mesi. Nel frattempo, l’Oms ha esortato i Paesi che utilizzano il vaccino contro il vaiolo delle scimmie a studiarne il funzionamento e il modo migliore di utilizzarlo

Se vogliamo contenere queste epidemie e imparare qualcosa sull’efficacia di questi vaccini, dovremo fare uno sforzo concertato con protocolli e un’organizzazione adeguata”, afferma Ira Longini, biostatistico all’Università della Florida e consulente dell’Oms. “La prima domanda è se una singola dose di vaccino, che normalmente viene somministrata in due dosi a distanza di quattro settimane, possa essere sufficiente. Questo potrebbe incoraggiare una maggiore adesione e allungare le scorte”.

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