domenica, Settembre 8, 2024

Condividere i dati di Twitter con Elon Musk mette a rischio gli utenti?

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I gioielli della corona, tuttavia, sono in vendita: circa una ventina di aziende ha già accesso ai dati che Twitter condividerà con Musk. Ad oggi, però, la gestione dei dati da parte di queste società – di cui Basi non ha voluto fare i nomi – non ha causato alcun problema noto. Quando in passato Twitter ha concesso un accesso più ampio ai propri dati, le cose non sempre sono filate lisce: alcune agenzie di spionaggio, per esempio, avevano ottenuto l’accesso ai dati degli utenti attraverso Dataminr, un’azienda che aveva acquistato l’accesso ai dati della piattaforma. Anche Google e i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology avevano già avuto accesso agli stessi dati condivisi con Musk. “La condivisione di informazioni sensibili è una parte fondamentale delle procedure di acquisizione“.

La variabile impazzita

La grande incognita, tuttavia, è rappresentata dallo stesso Musk. Nel corso del suo tentativo di acquisizione, l’imprenditore ha già dimostrato di essere disposto a ignorare gli accordi legali. In molti, inoltre, vedono la sua apparente preoccupazione per il numero di bot su Twitter come un pretesto per tirarsi indietro dall’accordo, nonostante i termini stipulati con Twitter prevedano pesanti multe in caso di ritiro.

In pratica si tratta più di cercare di psicanalizzare Elon Musk che di analizzare i dati di Twitter“, sostiene Midas Nouwens, assistente alla cattedra di diritti digitali dell’università di Aarhus. Nouwens racconta di essere preoccupato per la mole di informazioni a disposizione dei dipendenti di Twitter. “[Il punto, ndr] diventa molto rapidamente cercare di capire cosa farebbe Elon Musk, il cui comportamento a volte è piuttosto imprevedibile“.

Nouwens è una delle persone che ha avuto accesso ai dati di Twitter grazie a un’Api (application programming interface) messa a disposizione dei ricercatori che gli permette di analizzare dieci milioni di tweet al mese. Ottenere l’accesso al flusso di dati, dice, è stato più facile del previsto: ha dovuto scrivere una descrizione del progetto per il quale intendeva utilizzare i dati, e fornire la prova di essere un accademico attivo. “Che si tratti di Elon Musk o di un altro, avrei comunque avuto delle preoccupazioni – spiega  Nouwens –. Nel suo caso, l’elemento in più da considerare è il suo comportamento passato, certo, ma anche i suoi interessi commerciali“. Il timore è che, anche se Musk dovesse ritirarsi dall’accordo sull’acquisizione di Twitter, le informazioni a cui ha avuto accesso potrebbero essere utilizzate da lui o dalle sue aziende in futuro. Bruns sostiene che l’insieme di dati potrebbe garantire nuove informazioni su chi usa Twitter e perché, su come cambiano i modelli di utilizzo nel lungo periodo e su quali comportamenti problematici mettono in atto gli utenti, oltre a profili dettagliati degli interessi e delle reti degli utenti. “A meno che non ci sia qualcosa che mi è sfuggito riguardo alla durata dell’accesso di Musk ai dati, presumo che Twitter scommetta sul fatto che lui e il suo team ci rinuncino abbastanza rapidamente – aggiunge Bruns –. Soprattutto nel caso in cui avesse accesso ai dati per mesi o un più tempo ancora, diventerebbe davvero un problema di etica e di privacy degli utenti“.

Indipendentemente dal fatto che Musk lo ottenga o meno, è improbabile che l’accesso ai dati lo aiuti a superare il principale ostacolo che lui stesso pone all’acquisizione di Twitter: “Non so se c’è una risposta alla domanda che sta rivolgendo a Twitter – spiega Nouwens –. È possibile che Twitter ne sappia più dei ricercatori. Ma è una domanda davvero complicata“.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired UK.

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