venerdì, Luglio 18, 2025

La crisi dei lavoratori stagionali in Italia

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Con l’arrivo dell’estate in Italia si discute mancanza di lavoratori e lavoratrici stagionali, persone impiegate in lavori legati alla bella stagione, dalla ristorazione ai servizi alberghieri e turistici, fino all’agricoltura. Nel settore turistico-ricettivo, la principale organizzazione del settore, Federalberghi, ha stimato che quest’anno manchino all’appello 300mila lavoratori. Di questi, circa un terzo sono camerieri, mentre i restanti sono cuochi, baristi, receptionist, animatori turistici e agenti di viaggio. Ha fatto notizia anche Gardaland, che ha comunicato la chiusura anticipata di 13 attrazioni nella fascia serale (19-23), a causa di mancanza di persone da impiegare all’assistenza, come riporta l’agenzia stampa Ansa.

La cosiddetta “emergenza stagionale”, come viene solitamente definita nei media, non è certo una novità. È da diversi anni che, all’avvicinarsi della stagione estiva, la questione diventa centrale nel dibattito pubblico. La tesi sostenuta da alcuni imprenditori e condivisa dal ministro del Turismo Massimo Garavaglia, in quota Lega, è che il reddito di cittadinanza abbia disincentivato i potenziali candidati ad accettare un impiego estivo. Tuttavia, i dati dell’Inps indicano il contrario.

Secondo le informazioni in mano all’ente previdenziale, le assunzioni di lavoratori stagionali sono aumentate negli ultimi due anni, ovvero da quando è stato introdotto il reddito di cittadinanza. Inoltre, la mancanza di lavoratori stagionali non riguarda solamente l’Italia. In diversi paesi in Europa, alcuni dei quali non prevedono il reddito di cittadinanza o misure equivalenti, gli imprenditori non riescono a trovare personale per l’estate. Nelle ultime settimane, per esempio, la questione è stata dibattuta in Spagna, dove nonostante la disoccupazione sia al 13,4% ci sono 100mila posti di lavoro stagionale da riempire, e in Francia.

Le motivazioni dietro questa crisi sembrano dunque essere più legate alle condizioni di lavoro offerte: turni che possono superare le dieci ore al giorno, senza straordinari o notturni pagati, ferie e permessi. Vi è poi una questione di precarietà, strutturale nel settore, dato che il contratto termina con la stagione. E poi l’eterna piaga del nero, con assunzioni che restano in parte o del tutto sommerse, evadendo fisco e contributi. C’è infine un elemento contingente legato alla mobilità dei lavoratori stranieri per restrizioni legate alla pandemia.

Gli stagionali sono lavoratori a consumo, da spremere bene durante i mesi in cui servono dichiara Giselda Campolo, segretaria generale della Cgil Filcams di Messina – e non è certo una novità”. Secondo i dati diffusi dall’Ispettorato di lavoro relativi al 2020, gli ultimi disponibili, il reddito medio di un lavoratore stagionale è di 581 euro al mese, ovvero circa la metà dello stipendio medio base nel solo settore della ristorazione

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